Immaginate di avere in casa un vecchio mobile, roba da rigattieri, e scoprire un giorno, quando ormai la vostra incuria lo ha reso legna da ardere, che era un pezzo unico. È ciò a cui fa pensare la scoperta realizzata dal prof. Pier Giorgio Bianco dell'Università Federico II di Napoli e da Gianni Delmastro del Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola, ittiologi di levatura europea. È noto che molti fiumi e laghi dell'Italia centrale e settentrionale sono abitati dal luccio, splendido predatore dalle carni pregiate. Per decenni e anche più si è ritenuto che appartenesse alla medesima specie del luccio transalpino, presente anche nelle acque dolci del resto d'Europa, e conosciuto nella comunità scientifica con il nome Esox lucius attribuito nel 1758 dal naturalista svedese Linneo. Da tempo però gli esperti hanno osservato, esaminato e rimarcato notevoli differenze tra il luccio diffuso nel resto d'Europa e quello italiano, sia a livello genetico sia d'aspetto. Le livree dei due "cugini" differiscono infatti – all'occhio attento – per colore e disegno, che nel luccio italiano non si limita alle piccole macchie ellittiche chiare allineate lungo i fianchi de E. Lucius, ma si compone di bande trasversali di larghezza variabile che all'adulto conferiscono un tipico aspetto marmorizzato. La genetica – potente arma degli ultimi lustri – ha poi permesso di verificare caratteristiche molecolari uniche dei lucci italiani rispetto ai parenti transalpini, avallando di fatto la loro appartenenza a due specie diverse. Bianco e Delmastro hanno così potuto portare a battesimo nell'anno che si sta concludendo il luccio italiano, con un nome – Esox cisalpinus – che ne testimonia la probabile origine, figlia della separazione dal cugino d'oltralpe avvenuta in tempi pleistocenici grazie alla barriera naturale creata dalla catena alpina. Quello che può sembrare il mero esercizio di tassonomia e nomenclatura di due esperti zoologi, è in realtà un grido d'allarme. L'attuale possibilità di distinguere tra luccio europeo e luccio italiano ha evidenziato per quest'ultimo un areale estremamente limitato e in via di costante riduzione, ovvero un altissimo rischio di estinzione, giacché se scompare dalle acque italiane è estinto per sempre. L'avere inoltre immesso nei nostri laghetti di pesca sportiva esemplari di luccio europeo – convinti che la specie fosse la medesima ma soprattutto che il borsellino valesse più dell'ambiente – ha creato le premesse per una pericolosa ibridazione che contribuirebbe ulteriormente alla scomparsa della neo-identificata specie italiana. Il risultato? Realizzare che il bijou appena svenduto era in realtà un prezioso gioiello, con la differenza, nel caso del luccio italiano, che nessuno ne trarrebbe vantaggio.
Piemonte Parchi
Un nuovo tesoro italiano
- novembre 2011
- Sabato, 5 Novembre 2011