L'incontro con un animale in generale, un cervo in particolare, può portare un uomo o una donna a cambiare radicalmente la sua vita, sino a diventare santo o santa.
Molto nota è la leggenda che coinvolge sant'Uberto, il patrono dei cacciatori. Un giorno, durante una battuta di caccia, Uberto si fa vincere dall'ardore che mette nell'inseguire la selvaggina e quasi senza accorgersene si inoltra nella parte più chiusa della foresta, lasciando tutti gli altri cacciatori molto indietro. Qui, all'improvviso, incontra un cervo di una taglia maggiore rispetto all'ordinario. L'animale non fugge, ma avanza verso il cacciatore. Uberto, stupito dal prodigio a cui sta assistendo, si ferma, si accorge che il cervo porta fra le corna un crocifisso luminoso. Vinto dall'apparizione, si prostra in ginocchio in adorazione dell'immagine miracolosa. A quel punto il cervo gli dice: «O Uberto, Uberto, fino a quando seguirai gli animali della foresta? Se non ti converti prontamente a Dio, prendendo la scelta di abbracciare una via migliore, sarai senza altra possibilità gettato nell'inferno». Udendo queste parole, Uberto si converte seguendo una fede che lo porterà alla santità.
Simile è la conversione di Eustachio, arricchita però da un ulteriore e quanto mai particolare. Come Uberto, Eustachio si trova solitario a seguire un cervo nel tentativo di cacciarlo. Nel fitto della foresta, l'animale si ferma e si rivolge al cacciatore: «O Eustachio, perché mi perseguiti e mi cacci in questo modo? In verità ti dico che sono Cristo Salvatore del mondo». Davanti a quella scena Eustachio cade in terra. Il cervo prosegue: «Non avere timore, poiché io sono il Salvatore del mondo. Mi hai cacciato come cervo affinché io potessi a mia volta cacciarti con lo scopo che le tue elemosine e le tue buone opere non andassero perdute». Con questo incontro la vita di Eustachio prende una direzione del tutto diversa.
La leggenda che abbiamo appena descritto merita un breve approfondimento poiché Carlo Donà con lo scritto Il simbolismo del cervo: origini e trasformazioni ha definito l'incarnazione di Cristo in un cervo un vero e proprio unicum: «A differenza di quanto accade in ambito pagano, infatti, nel cristianesimo il Salvatore si fa uomo, ma, che io sappia, non accade mai che si faccia anche animale: Cristo è al massimo un mistico Agnello, come nel meraviglioso polittico di Van Eyck a Gand, o viene simboleggiato dal pesce così come lo Spirito Santo lo è dalla colomba, ma si tratta sempre e soltanto di pure metafore. Qui, invece, Cristo non si limita a donare al cervo ragione e parola, come, con una certa cautela precisano i testi; ma sembra quasi incarnarsi nella forma animale».
Un'altro racconto lega San Giuliano l'ospitaliere alla presenza di un cervo. Per conoscere la sua storia possiamo affidarci a un vecchio testo francese del 1849 che ci descrive la scena di questo incontro che cambia radicalmente la vita di Giuliano: «Non c'è nulla nelle sacre scritture che faccia credere che la caccia sia gradita a Dio. Ogni piacere che non ha alcun risultato se non la distruzione non può essere benedetto. La caccia indurisce il cuore, rende duro lo spirito; se rafforza il corpo, è a scapito dell'intelligenza. (...) C'era nel XVI secolo un giovane signore del paese di Saintonge che si chiamava Giuliano. Passava volentieri il suo tempo nelle foreste. Nella stagione dell'anno della caccia, quasi non si vedeva che la sera nella casa del padre. Trovava un'immensa felicità nel seguire l'inoffensiva selvaggina. Il suo cuore era diventato duro come la caccia impone. Né le palpitazioni della timida lepre, che fa scendere le lacrime di un bambino sulla mano che lo ha ferito, né le toccanti lacrime della povera cerva quando vede che gli tocca morire, né la desolata agonia degli uccelli canterini, né il pensiero di aver appena tagliato un'esistenza che nessun potere umano poteva rianimare, niente toccava il cuore di Giuliano, divenuto simile a un casco di bronzo; nonostante questo era buono, un tenero figlio, un giusto maestro. Aveva vent'anni. Un giorno che in tutto il suo ardore stava inseguendo un cervo attraverso la foresta di Royan, nel luogo dove l'oceano riceve la Gironde, dato che era irritato di non poter raggiungere l'animale, più vigile del suo migliore cavallo da caccia, fu fortemente sorpreso di vedere all'improvviso il cervo fermarsi ai margini di un folto sottobosco che in quei tempi costeggiava il fiume, l'animale ritornò verso l'uomo e gli disse (il cervo gli parlava con una voce meravigliosa e comprensibilissima): "Fermati, Giuliano; pensa a cacciare altre cose rispetto a me, innocente e docile animale; caccia le passioni che si sono impadronite del tuo cuore, a tal punto che di tua mano, se non starai attento, un giorno toglierai la vita a quelli che a te l'hanno donata". Finito di pronunciare queste parole, il cervo si lancia nel fiume e sparisce dietro una piccola isola coperta da grandi alberi». Giuliano, vinto dall'eccezionalità di quello che aveva visto e sentito, decide di abbandonare quelle terre a lui così familiari. Tempo dopo conosce una nobildonna e ne diventa il marito. Un giorno, quando Giuliano è assente per essersi recato a caccia, arriva al suo castello una coppia di anziani: sono i suoi genitori che da tempo lo stanno cercando con lo scopo di riunirsi al figlio. La moglie accoglie i due coniugi e li fa riposare nel letto abitualmente utilizzato da Giuliano e da lei. A tarda sera Giuliano rientra nei suoi alloggi e trova il suo giaciglio occupato da due corpi. Nell'oscurità scambia la donna coricata per la propria moglie. Reso cieco dalla gelosia, pensando a un tradimento, uccide sia l'uomo sia la donna. Poco dopo la moglie ritorna dalla chiesa dove nel contempo si era recata per pregare. La donna incontra il marito un po' sorpreso di ritrovarla viva, lei gli racconta chi erano i due sconosciuti gettando nella più viva disperazione Giuliano. In quei frangenti gli ritorna in mente la profezia del cervo che aveva per lungo tempo dimenticato. Sconvolto da quanto successo, Giuliano prende la decisione di convertirsi dedicandosi all'assistenza dei diseredati. Rimessosi in cammino, giunge sulle rive di un fiume dove aiuta un uomo malato di lebbra salvandolo dall'annegamento. L'uomo, in realtà, era il Signore apparso sotto mentite spoglie desideroso di verificare il suo cambiamento. Giuliano dedicherà così gran parte della sua vita ad accogliere i bisognosi e i pellegrini.
Non solo santi, anche in molte vite di sante appare un cervo
Sant'Ida di Fischingen o Toggenburg (1156 - 1226?) è una monaca cristiana tedesca ed è anche lei protagonista di una leggenda collegata a un cervo. Ida deve andare in sposa al conte di Toggenburg. Un corvo, tuttavia, gli sottrae la fede nuziale che viene ritrovata da un cacciatore. Il promesso sposo, veduto l'anello in possesso di un altro uomo, giudica infedele la donna e la scaraventa dalla finestra del suo castello. Ida non muore nella caduta, riavutasi, si stabilisce nella foresta e ogni giorno si reca presso il monastero di Fischingen per assistere alla messa dove: «Per fare in modo che i suoi piedi non inciampassero nell'oscurità, un grande cervo le camminava sempre davanti, con dieci candele accese poste sulle ramose corna». La presenza del cervo che illumina la via la ritroviamo nella storia di Hildegarda e Bertha, figlie di Ludovico il Germanico. Costui nell'853 aveva fondato il monastero femminile di Fraumunster di Zurigo e l'aveva dato in gestione alle due figlie.
Un cervo compare pure nella vita di santa Caterina di Svezia (1331 - 1381). Un conte si invaghisce della giovane e trama per rapirla. Così Croiset, in una pubblicazione del Settecento, ci racconta ciò che accade: «Santa Brigitta essendo inferma, acconsentì che la sua figliuola andasse a fare le sue stazioni in una chiesa di S. Sebastiano fuori delle mura in compagnia di molte dame romane. Il giovane conte, essendosene avvisato, dispone le sue genti in agguato dentro una vigna ch'era sulla strada, e vi si nasconde con esse attendendo la santa. Dacché la vide, fece una sortita contro la donna. Ma per disposizione singolare della Provvidenza di Dio, che vegliava di continuo a favore della sua serva, nello stesso tempo essendosi fatto vedere un cervo, trasse a sé tutto l'ardore di quelle persone armate, e le fece cambiar pensiero. Essendo stata scoperta l'insidia, santa Caterina ebbe il tempo di fuggire e di rientrare in Roma. Santa Brigitta essendo allora in orazione, ebbe rivelazione del pericolo nel qual era incorsa la sua figliola, e con qual effetto della divina Provvidenza n'era stata liberata. Dacché la vide entrare nella sua camera; Benedetto sia il cervo, mia figliola, disse ad alta voce, onde Dio si è servito per liberarvi dall'insidia che a voi era stata tesa. Ringraziamo il Signore, e preferite in avvenire ad ogni sorta di devozione il ritiramento. Ella l'osservò, e non uscì più di casa, se non in compagnia di sua madre».