"Chi ha bisogno cammina, dice un detto popolare.
Cammina cammina, come nelle fiabe. Per allenarsi a partire, prepararsi a tornare. Chi entra nel bosco non è la stessa persona che ne uscirà. Accetterà la vertigine del non sapere, la meraviglia degli incontri imprevisti, la fatica che piega le gambe. È quando abbiamo il coraggio di vedere dentro l'ombra che ci mettiamo alla ricerca.
C'è un canto inafferrabile che si ascolta sulla grande soglia. Porta voci erranti. Alcune chiedono di essere raccontate. È allora che comincia il viaggio.
Ascolta, cammina, racconta." (Francesca Camilla D'Amico)
"Ascolto le storie di un vento che sussurra alla vita" (Paolo Barrasso)
Camminare è un'attività antica, indispensabile per gli esseri umani. Sin dai tempi preistorici, l'uomo ha camminato, non solo per spostarsi alla ricerca di riparo e nutrimento, ma anche per esplorare nuovi territori, connettersi ai ritmi della natura, e interagire con altre persone.
Ma camminare non basta, bisogna saper anche raccontare ciò che ci visita. Ed è per la necessità di dare forma all'immaginazione, creare volti ai sogni, che, in passato, sono germogliati i primi racconti orali, quelle antiche narrazioni in grado di connettere le persone ai regni naturali, trasmettendone conoscenze e saperi.
Ma le narrazioni di un tempo, quelle autentiche, anche se marginali, fuori dalle rotte classiche che conosciamo, dove sono finite? Davvero i racconti "Altri", che non hanno avuto la facoltà di Esprimersi, non possono avere oggi una loro voce?
Se lo è chiesto Francesca Camilla d'Amico, attrice e autrice dei suoi intensi spettacoli teatrali, nonché ideatrice di podcast radiofonici, e guida ambientale escursionistica, che ha esordito quest'anno con il suo primo libro, dal titolo accattivante: "Altritutini. Una cantastorie selvatica in cammino". (Ediciclo Editore, collana Biblioteca del Viandante diretta da Luigi Nacci).
Francesca è un'artista poliedrica che da Roma, dove studiava per diventare attrice, seguendo un richiamo antico, si è trasferita un giorno in un paesino selvatico delle Terre Alte della Maiella, in Abruzzo: un luogo sacro, inzuppato di Mare e accarezzato da Ataviche Montagne.
In questo territorio, straordinario, era certa che sarebbe riuscita a incontrare alcune di quelle voci insabbiate dall'oblio del tempo da riportare alla Luce.
Ciò che l'ha aiutata è stato ascoltare il vento, osservare i profili delle montagne, immergersi nei boschi, perlustrare i sentieri, anche quelli più impervi, lasciandosi avvolgere dalla Terra, che chiama e freme. E poi, spingersi ancora Oltre, dagli altipiani abruzzesi a quelli mongoli, dalla terra al ghiaccio, sempre alla ricerca di paesaggi. Ma non solo, anche i racconti della gente incontrata, come quelli degli anziani delle montagne, sono stati importanti per ritrovare i fili del passato e comprendere che tutto è connesso, e che la Montagna non è solo natura, ma è fatta anche di uomini.
Ogni esperienza è stata fondamentale per afferrare dall'oblio quellle storie dimenticate che cercava. E, grazie a un'esplorazione intima e profonda, ne è diventata la loro Cantastorie, ciò che le ha permesso di spianare la strada verso una maggiore consapevolezza di sè e del mondo, e che l'ha legata a personaggi reali, come nel caso di Mimmo Cuticchio, attore e regista teatrale, erede della tradizione dei cuntisti siciliani e dell'Opera dei Pupi, o immaginari, non perché non sia esistito, ma perché non l'ha potuto conoscere personalmente, come per il biologo-poeta abruzzese Paolo Barrasso.
La storia di Paolo, raccontata sia nel libro che nel podcast "Lama Bianca", è toccante: egli arrivò negli anni '70 in Abruzzo per partecipare al primo progetto per la salvaguardia del Lupo Appenninico in Italia: l' "Operazione San Francesco", promossa dal WWF. A tal fine, rimase per un certo periodo isolato in una baracca, allo scopo di poter vedere e studiare da vicino i lupi. Dopo varie notti all'addiaccio, molti risvegli all'alba, attese e batticuori, ululati e sguardi selvatici, capì che tutte le credenze che allora esistevano sui lupi erano solo leggende, false credenze.
I lupi che lui incontrò non erano dei mostri rabbiosi e assettati di sangue, come furono sempre descritti dalla gente, fin al tempo del Medioevo, ma animali perlopiù affamati e magri.
Con i suoi preconcetti (o stupidità), e la sua arroganza, l'uomo nei secoli non ha fatto che togliere alla Natura, e quello che noi oggi ci chiediamo e se un giorno potrà mai ridarle ciò che le ha sottratto?
Noi ci speriamo, ecco perché ci afferriamo con vigore alle vive parole che sprigionano dal bel libro della giovane e brillante autrice, augurandoci che: «Se il popolo della montagna si risvegliasse, se il popolo del margine di tutto il mondo si ridesterà, non sarà più possibile ignorarne il corpo, la geografia, il suo potente immaginario, la sua carne viva, ostinata».
Altritudini. Una cantastorie selvatica in cammino. Ediciclo editore. 192 pag , 15 euro, isbn: 9788865494974