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Le Alpi del Sud, luogo di dialogo tra uomini e grotte

A sud della provincia di Cuneo, nel cuore delle Alpi Marittime, si trovano alcune delle grotte più estese ed importanti della nostra regione. In un convegno nazionale tenutosi nel 2022 si è affrontato il tema di come valorizzarle e del loro rapporto con le aree naturali protette che le ospitano. 

  • Ezio Elia
  • Gennaio 2023
  • Giovedì, 23 Febbraio 2023
Pis del Pesio, la galleria principale  - Foto J. Elia Pis del Pesio, la galleria principale - Foto J. Elia

L'uomo interagisce con le forme naturali del paesaggio attraverso una vasta gamma di approcci e relazioni che vanno dall'opportunismo più pratico all'ispirazione trascendentale. E' facile capirlo pensando al mare o alle montagne, ma anche le grotte e alcune particolari forme del carso di superficie non fanno eccezione ed alimentano un dialogo che nei millenni ha conosciuto importanti stagioni e che anche nell'epoca attuale esprime intensità e varietà inaspettate.

Nell'arco alpino occidentale italiano il carsismo è concentrato sulle Alpi Liguri e nella parte orientale delle Marittime, grazie all'ampia presenza di rocce carsificabili (calcari, gessi, dolomie): ecco perché le Alpi del Sud sono un fecondo luogo di maturazione delle relazioni tra uomini e grotte. Nel 2022 in provincia di Cuneo si contavano 2.081 grotte nella banca dati dell'Associazione dei Gruppi Speleologici Piemontesi (AGSP). Gli speleologi catastano tutte le cavità da una dimensione minima di 8 metri fino agli immensi sistemi carsici delle Alpi Liguri come Piaggia Bella (17 ingressi, 43 km di sviluppo, 925 m. di profondità); abbandonando i confini amministrativi nelle Alpi del Sud, tra Piemonte, Liguria e Francia conosciamo oltre 6.000 grotte.

Le grotte nella storia

Nello spazio vissuto dei montanari le caverne offrono la funzione primaria di rifugio e nascondiglio, talvolta reso durevole con opere edilizie (vedi Balma Boves in val Po, Barma Capitani in val Grana, Balma del Messere in val Tanaro). Ancora oggi le cavità sono luogo di bivacco per pastori o taglialegna, cacciatori o bracconieri e durante l'ultima guerra hanno salvato molte vite dalle persecuzioni nazifasciste. Altri casi di strumentalità edilizia delle caverne riguardano opere civili e militari come il tentativo di traforo del Tenda detto buco di Napoleone, realizzato sfruttando tratti di cavità naturali, o diverse postazioni del Vallo Alpino.

L'esplorazione mineraria ha inoltre portato fin dall'antichità a sfruttare i rari filoni che affiorano nelle grotte: caso evidente l'estrazione del ferro dalle grotte della Maissa presso Valdieri, in valle Gesso. Anche per la grotta di Bossea (Frabosa Soprana) uno dei primi esploratori, D. Mora, fu dapprima motivato dall'ipotesi di sfruttare alcuni depositi naturali per la produzione di tinture ma poi ne intuì il potenziale spettacolare e ne promuovve, tra i primi in Italia, l'adattamento turistico. La scoperta della grotta del Caudano (Frabosa Sottana) avvenne per la captazione idroelettrica della sorgente e poi si sviluppo l'approccio turistico. Più triste lo sfruttamento della grotta dei Dossi (Villanova M.vì) come cava di concrezioni per adornare ville e giardini prima di diventare la prima grotta turistica italiana con impianto elettrico (1893).

Ma, in parallelo con l'approccio economico, l'uomo ha sempre sviluppato con il carsismo relazioni di altro tenore che vanno dalla curiosità alla sfida dell'ignoto, dalla meraviglia alla ricerca scientifica, dalla suggestione alla spiritualità.

Se l'ispirazione degli uomini del passato ha lasciato tracce materiali come il santuario ipogeo di Santa Lucia a Villanova Mondovì, oggi le grotte continuano ad ispirare arti più immateriali come la letteratura o il cinema che dal carso di queste montagne ha tratto soggetti come "l'Ombra del Tempo" o protagonisti come buona parte del cast de "Il Buco" (premio speciale della Giuria a Venezia 2022).

L'approccio geografico e scientifico verso le grotte e il carsismo è maturato nel Rinascimento ed ha preso forma per le Alpi del Sud a fine '700 con le opere di profilo "geostorico" di P. Nallino, per proseguire nel '800 con personaggi che hanno unito l'ardimento esplorativo a importanti abilità di osservazione scientifica. C. Bruno, F.Sacco, F.Mader, V.Strolengo, P. Bensa, F. Costa, C.F. Capello, sono solo alcuni nomi di una lunga lista di appassionati che negli utimi due secoli testimoniano come la curiosità che innerva le relazioni con la natura possa trasformare la speleologia in una vera passione. Nelle Alpi del Sud, come in molte parti del mondo, la speleologia non è svolta da professionisti ma si concretizza nell'attività amatoriale dei gruppi speleologici che alimenta la conoscenza geografica, contribuisce e supporta la ricerca scientifica specialistica (biospeleologia, archeologia, fisica, idrogeologia), dialoga e possibilmente collabora con tutti gli altri portatori di interesse rispetto al mondo sotterraneo, come gli operatori economici che gestiscono le cavità turistiche o le amministrazioni pubbliche tra cui, in particolare, gli enti gestori delle aree protette.

Il Congresso nazionale di Speleologia di Ormea

Non è un caso quindi che nel cuore delle Alpi Liguri (a Ormea, CN) si sia tenuto a giugno 2022 il 23° Congresso Nazionale di Speleologia "la melodia delle grotte" dedicato a G. Badino. Fisico dell'Univerisità di Torino (1953-2017), esploratore, ricercatore scientifico, professore, tecnico del Soccorso Speleologico (CNSAS), divulgatore tanto delle tecniche speleologiche che delle ricerche scientifiche sulla fisica delle grotte, leader in diverse assise associative del mondo speleologico. Badino operò in tutto il mondo ma fu sempre legato da una passione particolare per le grotte del Marguareis come testimonia uno dei suoi libri più belli, "Il fondo di Piaggia Bella" (1999 Erga Ed.). Il Convegno, sotto l'egida della Società Speleologica Italiana, organizzato dall'A.G.S.P. con un ruolo fondamentale dello Speleo Club Tanaro ed il sostegno delle Aree Protette Alpi Marittime, del CAI e di altri soggetti locali, è stata una ricca e bella occasione per fare il punto scientifico sui vari fronti della ricerca ritrovandosi fisicamente dopo i due anni di lockdown, unendo alle sessioni di presentazione ed alle visite sul terreno ottimi momenti conviviali di incontro e divertimento.

Una specifica tavola rotonda è stata dedicata a Parchi, siti protetti e speleologia da cui sono emerse importanti linee di convergenza. Innanzitutto il concetto che la conservazione ha bisogno della conoscenza, ed anche l'impostazione di modelli di fruizione sostenibile del patrimonio naturale si nutre di conoscenza e sperimentazione. Inoltre l'idea che la speleologia esplorativa produce conoscenza e può sperimentare fruizioni sostenibili. Infine, la buona convivenza tra i due approcci al mondo ipogeo si fonda su processi di conoscenza e ascolto reciproco, che possono giovarsi di strumenti leggeri di dialogo strutturato (riconoscimenti normativi, convenzioni, forme di partecipazione, ecc.) che forniscono il quadro per la costruzione e la manutenzione della fiducia su cui costruire percorsi condivisi.

Il compendio proposto da M. Abisso e R. Zerbetto dimostra che in tutte le Regioni italiane, con leggi regionali e/o convenzioni, si è costruita una cornice formale entro cui convogliare il dialogo tra aree protette e speleologia, nutrito dalla notevole maturazione della sensibilità ambientale degli speleologi e dall'evoluzione della missione delle aree protette sempre più attente alla dimensione della fruizione in aggiunta a quella della conservazione.

 

 

 

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