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La nostra storia è il vostro futuro

Il primo parco nazionale istituito in Italia compie 90 anni.

  • Michele Ottino
  • luglio 2012
Lunedì, 6 Ottobre 2014

«Sopra di noi, maestose, si innalzavano le stupende montagne del Gran Paradiso, che limitano la valle di Cogne sul versante opposto, e le loro cime, ammantate superbamente di nevi e ghiacciai, offrivano un magnifico spettacolo di paesaggio alpino». Così nel 1838 l'artista e viaggiatore inglese William Brockedon descriveva il massiccio nella Guida Murray catturando nelle sue incisioni la superba immagine del "più alto 4.000" interamente italiano. In una di queste campeggia, come un essere imperiale, la sagoma di uno stambecco, un esemplare dei pochi (in numero appena superiore al centinaio) ancora presenti sulle Alpi. Al di sotto e attorno alla "grande parete" – questa sembrerebbe la corretta interpretazione dell'etimo "Gran Paradiso" – un anello di pascoli ricchi di specie colorate ed endemiche sovrasta fitti boschi di larice, abete rosso e pino cembro, facendo da cornice a un ambiente insieme severo e affascinante. Anche il giovane Vittorio Emanuele II, nel 1841 non ancora Re d'Italia, affacciatosi al cospetto delle vette e dei ghiacciai, nel corso di una delle sue peregrinazioni alla ricerca di selvaggina «restò stregato per tutta la vita da quelle grandiose montagne e dalla loro fauna selvatica», fondandovi nel 1855 una vasta riserva di caccia che ebbe il merito di contribuire alla salvezza dell'ultimo nucleo di stambecco rimasto sulle Alpi. In sessant'anni la riserva si arricchì del Corpo delle guardie reali di caccia, di sette case di caccia e di una rete di mulattiere reali lunga trecento chilometri. Nel 1919 il nipote Vittorio Emanuele III cedette le sue terre di caccia al Governo, per l'istituzione di un parco che dovette attendere il 3 dicembre 1922 per vedere la luce, primo tra i parchi nazionali storici italiani. Oggi il Gran Paradiso forma, insieme al confinante Parc National de la Vanoise con cui sono saldi i rapporti di scambio e collaborazione, l'area protetta più vasta dell'Europa occidentale. Il parco ha dunque rappresentato l'estremo rifugio per lo stambecco sulle Alpi, salvando questa specie dall'estinzione e contribuendo a reintrodurlo sull'arco alpino. Oggi il Gran Paradiso ospita una ricca fauna e rappresenta un luogo eccezionale per l'osservazione di animali in condizioni di assoluta naturalità e per la conduzione di ricerche scientifiche in condizioni di vera wilderness. Tuttavia l'area protetta non è un luogo disabitato: i caratteristici villaggi e i pascoli alpini che occupano le montagne testimoniano una lunga storia di civiltà pastorale, dall'Ottocento fortemente legata alle visite estive del monarca la cui prodigalità nei confronti delle popolazioni locali riverbera ancora oggi per alcuni un fascino e una larvata nostalgia. Rinascita e conflitti, fino ai nostri giorni Dopo i tempi bui tra la prima e la seconda guerra mondiale (la gestione della Milizia forestale causò il crollo da 4.000 a poco più di 400 esemplari di stambecco), la rinascita del parco si ebbe nel 1947 grazie all'azione dell'infaticabile Renzo Videsott, primo direttore dell'ente di gestione che salvò lo stambecco dal nuovo rischio di estinzione e garantì il risorgere del parco in un clima di non facile gestione. Tale situazione permase immutata sino alla legge quadro sulle aree protette del 1991, nata con una nuova attenzione alla protezione della natura e integrata con lo sviluppo economico sostenibile. Grazie ad alcuni sindaci pionieri, che misero a disposizione strutture comunali, furono istituiti i primi centri visitatori. Oggi non solo la rete si è arricchita di nove centri su temi naturalistici (Homo et ibex, Le forme del Paesaggio, Tradizioni e biodiversità, Il Gipeto, I preziosi predatori, Tutelattiva) ed etnografici (Antichi e nuovi mestieri delle valli, la Fucina da Rame, la Mostra della cultura e delle tradizioni religiose), ma anche di un giardino alpino botanico con collezione petrografica e di un giardino delle farfalle, di due esposizioni permanenti, di un'antica scuola di montagna restaurata e di sei percorsi natura. Sono inoltre nate le guide del parco e l'ente che gestisce diverse attività ricreative, culturali, scientifiche e sportive. La nuova struttura dell'Officina di attività ambientali "La stambeccaia", recentemente inaugurata a Cogne, è specificatamente destinata all'educazione ambientale e alla divulgazione scientifica e culturale pur mantenendo dei locali annessi per la gestione sanitaria della fauna selvatica. Uno degli scopi prioritari del parco è infatti l'educazione del pubblico verso un modo nuovo di fruire l'ambiente: per raggiungerlo sono stati creati programmi didattici per le scuole, attività estive, un centro di educazione ambientale, libri, pubblicazioni e altri strumenti educativi per far comprendere le complesse interazioni esistenti in un mondo ed una natura impareggiabili. Una natura più ricca, ma da studiare e controllare Negli ultimi venti anni la fauna del parco si è arricchita di nuove presenze: sono tornati spontaneamente il capriolo, il gipeto, la lince e più recentemente, seppure con molte più polemiche al seguito, il lupo. Sul fronte della ricerca è stato introdotto un intenso programma di monitoraggi per analizzare gli effetti delle modificazioni climatiche e ambientali sulla biodiversità animale in ambiente alpino. In particolare l'analisi di sei gruppi tassonomici, individuati come indicatori di modificazioni nell'ecosistema, ha permesso da un lato di integrare le conoscenze faunistiche sul parco con il riconoscimento di specie mai descritte a livello italiano e dall'altro ha permesso di fare un vero e proprio check-up dello stato di salute della biodiversità nel parco. La ripetizione nel tempo di queste operazioni consentirà di verificare gli effetti dei cambiamenti in atto e, qualora possibile, di adottare contromisure. Che qualcosa sia cambiato a livello climatico è evidenziato dal progressivo ritiro glaciale: negli ultimi dieci anni i 29 ghiacciai tenuti sotto controllo dai guardiaparco nel territorio protetto hanno continuato a sciogliersi, anche dopo stagioni invernali con nevicate copiose, come quella recentissima del 2008-2009. Le aree lasciate libere dall'arretramento dei ghiacciai sono state presto occupate da vegetazione pioniera: il monitoraggio in questo caso vuole verificare se a colonizzare queste aree siano state le specie tipiche, oppure se anche altre piante siano in grado di vivere in questi habitat. Nello stesso periodo in cui i ghiacci arretravano, la popolazione della specie simbolo del parco – lo stambecco – si è quasi dimezzata all'interno dell'area protetta. I capretti non riescono a sopravvivere al loro primo inverno e la mortalità inizia già nel periodo estivo. Seppure la popolazione sia ora in lieve ripresa, questo fenomeno viene attentamente studiato non solo nel parco ma anche in vari paesi dell'arco alpino. Alcune ricerche hanno invece constatato come talvolta le attività produttive umane si siano rivelate significative per la conservazione di talune specie: uno studio svolto sugli effetti delle pratiche pastorali sull'avifauna del parco ha da un lato evidenziato come l'avanzamento della vegetazione conseguente all'abbandono delle praterie alpine determini un significativo aumento della ricchezza di specie ornitiche, ma dall'altro ha sottolineato come l'attività di pascolo sia importante per alcune specie, come l'allodola, che è in forte regresso in tutta Europa. Conservazione, ricerca e sviluppo di attività economiche compatibili sono i capisaldi del lavoro di integrazione tra area protetta e comunità locale: nel 2006 al parco è stato attribuito il Diploma Europeo delle Aree Protette per l'elevato grado di biodiversità, il buon stato di conservazione dei suoi ecosistemi, il suo ruolo nella salvezza e nello studio dello stambecco, la buona integrazione del turismo e delle attività agricole e la sua localizzazione chiave all'interno di un'ampia area transfrontaliera. Si tratta di un impegno non certo leggero, che deve essere mantenuto in futuro per la conservazione alle generazioni presenti e future di questi ambienti, mantenendo inalterata la biodiversità del territorio e la bellezza dei paesaggi, senza scordare l'importanza della ricerca scientifica e dell'educazione ambientale. Un connubio, quello tra Uomo e Natura, che nel parco ha tanti esempi: dall'impegno quotidiano del servizio di sorveglianza, all'iniziativa di mobilità sostenibile "A piedi tra le nuvole" che coinvolge da dieci anni molti operatori locali, al Marchio di Qualità Gran Paradiso. Queste attività e iniziative simboleggiano il lavoro di dipendenti, amministratori e collaboratori che giorno per giorno contribuiscono a proteggere, preservare e fare conoscere un'area protetta che è un valore per tutti. Nel 2012 il Parco festeggia 90 anni di impegno per la Natura: un legame profondo con la storia, la cultura e il territorio dell'area protetta più antica d'Italia. Un patrimonio unico di ambienti ed ecosistemi, rimasti intatti grazie ad una tutela attenta e costante, che meritano di essere conosciuti e rispettati. Perchè la storia del Parco nazionale Gran Paradiso è il futuro di tutti noi.

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