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Monti pelati: una "miniera" di sorprese

Tra Baldissero e Vistrorio, una delle più piccole aree protette piemontesi è meta per appassionati di geologia ma anche luogo ideale per attività all'aria aperta fuori stagione.

  • Mariano Salvatore
  • gennaio-febbraio 2012
Sabato, 7 Gennaio 2012


Damanhur: spiritualità e impegno per l'ambiente Il canavese è una terra discreta, a volte semplicemente un paesaggio che scorre veloce per chi percorre l'autostrada Torino – Aosta verso ben più note località sciistiche. Eppure nasconde anche sorprese inattese. Una di queste è la Federazione di Damanhur, una discussa comunità autonoma che, negli intenti dei suoi promotori, intende perseguire una maggior integrazione tra uomo e ambiente. Fondata alla metà degli anni settanta dall'impegno di Oberto Airaudi insieme a una decina di ricercatori spirituali provenienti dall'area torinese. La federazione di Damanhur è un centro di ricerca spirituale, artistica e sociale. Basa la sua filosofia sull'ottimismo e sull'idea che ogni essere umano vive per lasciare qualcosa agli altri e contribuire alla crescita e all'evoluzione dell'intera umanità. La sede è a Vidracco in Valchiusella, ai piedi delle Alpi dove in un villaggio ecologicamente sostenibile costituito da una ventina di edifici vivono circa 400 persone che hanno deciso di condividere gli ideali di questa singolare comunità. Il nome della federazione deriva dall'egiziano antico Timinhor: Città di Horus. In coerenza con i suoi obiettivi la federazione di Damanhur si occupa attivamente di ecologia (i damanhuriani definiscono la propria comunità una "eco – società") ed ha sviluppato particolari percorsi formativi e progetti. Damanhur infatti, è membro del network denominato Gen ( Global Ecovillages network) e di Rive (rete Italiana Villaggi Ecologici). Nel 2005 il Communicatios Coordination Committe for Unitend Nations, un'organizzazione non governativa accreditata all'Onu ha conferito un premio all'ecovilaggio Damanhur per l'integrazione della comunità nel tessuto sociale locale. Limpegno della Federazione nella salvaguardia dell'ambiente prosegue in altre iniziative, quali il progetto "Banca Semi Damanhur", per la tutela della biodiversità vegetale o con la ristrutturazione di abitazioni seguendo i canoni e le tecniche costruttive della più moderna bioedilizia. Lo spirito ecologista della comunità affiora in molti aspetti della vita quotidiana dei membri, dallo stile di vita volto al risparmio energetico fino all'attribuzione ad ogni membro di Damanhur di un doppio nome composto da un nome di animale e uno di vegetale, per rimarcare la necessità insita in ogni individuo di non smarrire il legame con la "Madre Terra". Oberto Airaudi, leader e fondatore, è noto anche come Falco Palma. Tra i riconoscimenti attribuiti negli anni a Damanhur il più sensazionale è rappresentato dalla conquista nel 2001 del Guinness World Record per aver edificato il tempio sotterraneo più grande del mondo, riconosciuto anche dalla Soprintendenza alle belle arti. Un'opera d'arte singolare che si sviluppa su cinque livelli sotterranei, fino a una profondità di 72 metri, l'altezza di un palazzo di oltre 20 piani. Le pareti del tempio sono affrescate, i pavimenti decorati a mosaici e i soffitti sono a vetrate. Un'opera monumentale, visitabile anche da chi non è membro della federazione, che ha richiesto quasi vent'anni di lavoro. Un'altra caratteristica di una realtà che, seppur discussa, suscita ormai forte interesse anche all'estero.

Da quando nel 1922 i Savoia donarono allo stato per farne il primo Parco Nazionale la riserva di caccia del Gran Paradiso sono state individuate e istituite un centinaio di aree, atte a conservare le peculiarità naturalistiche e le memorie storiche e umane del Piemonte. Porzioni di territorio sparse qua e là, dalle alte vette alpine fino giù alla pianura, alcune molto note altre decisamente meno, ma tutte ugualmente importanti per la salvaguardia della biodiversità ambientale e culturale. La Riserva Naturale dei Monti Pelati e di Torre Cives (di interesse provinciale) è tra le meno conosciute, vuoi perché di istituzione relativamente recente o perché a un primo approccio l'area può apparire poco significativa: niente montagne, niente laghi o fiumi, solo collinette spelacchiate dall'aria poco invitante. Mancano infatti una folta copertura forestale dove imbattersi in animali selvatici e panorami di singolare bellezza; anche se nelle giornate di cielo terso il colpo d'occhio sulla serra morenica di Ivrea non può lasciare indifferenti. Situata nella sub-regione canavesana a un cinquantina di chilometri da Torino, la Riserva Naturale Speciale dei Monti Pelati e di Torre Cives rappresenta una meta importante per escursioni d'interesse geologico, mineralogico e naturalistico. Rocce peridotitiche di colorazione grigio-verde, con vasti affioramenti di magnesite bianca, insetti termofili, flora lichenica, volatili migratori e stanziali. Questi solo alcuni dei motivi di interesse per visitare l'area. Ma procediamo con ordine, partendo dall'origine del nome singolare. I Monti Pelati si notano da lontano, modesti rilievi quasi spogli di vegetazione, incastonati all'estremità occidentale delle verdi colline dell'anfiteatro morenico di Ivrea. La loro particolarità principale, da cui discendono molte altre, è la natura del sottosuolo. Sono costituiti in gran parte da peridotite, una roccia compatta dal colore verde scuro sulla frattura fresca e sovente ricoperta da una patina superficiale di ossidi di ferro. Le peridotiti sono rocce magmatiche intrusive, formatesi per solidificazione a grandi profondità. Sono poco comuni in superficie: qui e in pochi altri punti della fascia meridionale delle Alpi piemontesi sono state portate alla luce dai grandi ripiegamenti che hanno dato origine ai rilievi. Questo tipo di roccia, molto dura e a carattere nettamente basico, dà luogo a terreni di per sé poco favorevoli alla copertura vegetale. Inoltre la presenza di altri minerali quali la magnesite (ossido di magnesio, dall'aspetto di calce rappresa) unita a una piovosità piuttosto elevata, ha reso il suolo dei Monti Pelati facile preda dell'erosione. Ecco la ragione del loro aspetto e del loro nome. Questi monti, un vero e proprio libro aperto sulla formazione delle Alpi, sono "pelati" solo in apparenza. In realtà sono distinti da singolarità vegetali quali licheni, flora rupicola, un'estesa copertura di ginepro a cui si alternano betulle, frassini e salici che hanno determinato l'inserimento dell'area nella lista dei SIC (Siti di interesse comunitario) del Piemonte. Ma i Monti Pelati sono un luogo suggestivo anche per le vicende storiche che li hanno attraversati. Nella prima metà del secolo scorso l'area è stata interessata da una fervente attività estrattiva, rivolta principalmente alla produzione di magnesite. La magnesite è un minerale importante per molte lavorazioni industriali anche se conosciuto soprattutto per l'utilizzo come antitraspirante tra i praticanti di ginnastica artistica, getto del peso, lancio del martello, del giavellotto, salto con l'asta, sollevamento pesi, arrampicata. Successivamente l'estrazione fu abbandonata in quanto non economica, restarono i fronti di cava e le discariche lentamente ricolonizzate dalla vegetazione. Negli anni '60 vi fu un tentativo di ripresa in grande stile dell'estrazione. Anche in conseguenza di questa minaccia, che avrebbe portato in prospettiva alla distruzione del sito, crebbe l'interesse per la conservazione dei Monti Pelati. Oggi la Legge istitutiva confina l'attività estrattiva a un'area nella zona nord-est, anche se l'impatto sul paesaggio non è indifferente. Andando ancora più indietro nel tempo ci si imbatte in altri fatti poco noti o in parte dimenticati. La Guerra dei Tuchini ne è un esempio eclatante. Una rivolta popolare che iniziò in Francia e coinvolse le terre del Canavese e della Valle d'Aosta dalla fine del XIV secolo alla metà del XVI. Con il termine Tuchini ci si riferisce ai ribelli che lottarono contro i soprusi dei nobili, per conquistare migliori condizioni di vita e il riconoscimento dei diritti fondamentali alle popolazioni delle valli alpine. Al termine Tuchini sono stati attribuiti molteplici significati. Per alcuni deriverebbe dal francese "Tue chien" (ammazza cani), dal nome dei primi rivoltosi francesi che iniziarono la ribellione uccidendo i cani dei padroni. Per altri, invece, il nome deriverebbe dall'esortazione "tucc-un" (tutti per uno). Sta di fatto che di questo moto di rivolta che insanguinò le Alpi occidentali per quasi tre secoli rimangono

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