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Non valgo un fico secco, valgo un fico fresco

Con Caterina Gromis di Trana andiamo alla scoperta del fico, frutto dalle mille virtù, dalla lunga storia e protagonista di miti e leggende vecchie quanto l'uomo. L'autrice sarà presente all'evento "La natura attraverso i parchi".

  • Testo e foto di Caterina Gromis di Trana
  • Settembre 2023
  • Mercoledì, 13 Settembre 2023
Il frutto del fico Il frutto del fico

Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
(Genesi, Antico Testamento)

Ha fornito uno dei primi alimenti ai popoli dell'antichità. Il fico (Ficusa carica), originario del bacino del Mediterraneo, in Grecia vegetava sulle più alte cime dell'Olimpo e i suoi frutti erano cibo riservato agli dei e ai filosofi. Platone lo raccomandava ai colleghi, perché "rinvigorisce l'intelligenza". Aristotele lo consigliava per cancellare le macchie della pelle e per curare la raucedine.

Era venerato anche dai Romani, che lo consacrarono a Marte. Un paniere di fichi freschissimi appena arrivati da Cartagine, portati in senato da Catone, convinse Roma a dare inizio alla prima guerra punica: la rapidità di deperibilità dei frutti e la velocità delle navi diede agli strateghi la consapevolezza di quanto il nemico fosse vicino. I frutti, cibo quotidiano del popolo ma consumati anche dalla classe agiata in elaborate preparazioni, erano considerati potenti medicine. Plinio testimonia che il fico "aumenta la forza dei giovani, migliora la salute dei vecchi e riduce le rughe".

Era usato per curare le infiammazioni cutanee presso gli Ebrei e nella medioevale Scuola Salernitana. Fino all'Ottocento, uno sciroppo emolliente a base di quattro frutti zuccherini (oltre al fico secco, il dattero, il giuggiolo e l'uva passa) era considerato un toccasana per le infiammazioni della gola: nelle campagne non mancava mai una pianta vicino a casa, simbolo di fecondità, e chi si spostava da un podere all'altro portava sempre con sé un pollone radicale o una talea delle piante più produttive.

Il frutto proibito dell'Eden potrebbe essere un fico anziché una mela; e non sarà stata una foglia di questa pianta a coprire le nudità di Adamo ed Eva? Anche se le foglie, fotosensibilizzanti, producono un lattice irritante.

 

Lega un albero di fico nel modo in cui dovrebbe crescere, e quando sarai vecchio potrai sederti alla sua ombra.

(Charles Dickens)

 

Il fico coltivato (Ficus carica var. domestica) può raggiungere anche grandi dimensioni, fino a 7 o 8 metri di altezza e 10 di diametro, al contrario del fico selvatico, detto caprifico (Ficus carica var. caprificus), che è un cespuglio disordinato.

Appartiene alla famiglia delle Moracee, come le specie ornamentali e da appartamento diffuse in tutto il mondo, come il Ficus benjamina, il Ficus elastica, il Ficus retusa.

Il caprifico, i cui frutti stopposi non sono commestibili e cadono precocemente a terra, si può utilizzare come portainnesto e per l'impollinazione, per la quale è utile un imenottero, la blastofaga, che contribuisce alla quantità e alla qualità della produzione. La "caprificazione" è valida per le varietà di fico coltivato, che non hanno bisogno di fecondazione, di solito quelle settentrionali, mentre quelle meridionali in genere ne hanno necessità.

Il tronco è grigiastro e i rami giovani marroncini, con la corteccia lucida e liscia. La pianta si spacca facilmente, soprattutto a livello delle biforcazioni, per cui è sempre consigliabile usare una scala per qualunque operazione da compiere tra i suoi rami, evitando di arrampicarsi.

Le piogge di settembre già propizie
gonfian sul ramo fichi bianchi e neri,
susine claudie...
(Guido Gozzano)

I fichi si dividono in due gruppi per il colore della buccia, che può essere scura tendente al violaceo oppure chiara verdognola tendente al giallo. Possono essere classificati anche in base al numero di fruttificazioni. Le varietà "bifere" hanno una doppia produzione: fruttificano una prima volta con i "fioroni", sui rami dell'annata precedente, e una seconda sui rami dell'annata in corso (fichi "forniti"). Le cultivar "unifere" non producono fioroni, e hanno una fruttificazione di minor durata. In alcune zone meridionali a clima autunnale mite, alcune varietà riescono a fruttificare tre volte in un anno: le varietà "trifere" continuano a produrre fino all'arrivo dell'inverno.

La pianta non sopporta inverni troppo rigidi, quando può perdere anche i rami più giovani, pure se addossata contro un muro al riparo dai venti. Teme anche le gelate improvvise e le brinate di primavera: il suo habitat di elezione è quello dell'olivo e degli agrumi, e sta bene al sole, esposta a sud. Fino a non molto tempo fa non si piantavano fichi oltre i 600 metri di quota, ma in futuro, con il clima che cambia, chissà... Il fico si adatta a qualsiasi terreno, purché non sia impregnato d'acqua, e cresce senza difficoltà su scarpate terrapieni. Vederne uno spuntare dagli anfratti di un muro a secco, soprattutto al Sud, oltre che dare una connotazione al paesaggio, è prova delle poche esigenze di questa pianta in termini di sostanze nutritive.

Nell'ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume, all'ombra del fico crebbe Siddharta.

(Hermann Hesse)

Un fico piantato in un terreno ricco e fertile crescerà bene e diventerà molto grande, ma non darà frutti prima di mezzo secolo, perché le radici si saranno sviluppate sproporzionatamente rispetto alla chioma dell'albero, creando un grave squilibrio alla pianta: il nutrimento si sarà disperso e dalle radici così diffuse non riuscirà ad arrivare alle foglie, i rami si apriranno e cresceranno deboli.

La soluzione per avere una buona produzione, in questo caso, è quella di limitare lo sviluppo delle radici: con una tecnica che ricorda quella dei bonsai, si può piantare l'albero in un cubo di cemento interrato nel suolo, a cui praticare sul fondo qualche buco di scolo, per consentire il drenaggio dell'acqua, e disporre cocci sui buchi, per impedire la fuoriuscita delle radici. In questo modo si convoglierà energia verso la parte aerea e la pianta fruttificherà in abbondanza.

Lo sposalizio si fa coi confetti, non coi fichi secchi.
(Proverbio)

I fichi vanni raccolti a mano, tagliando con delicatezza il picciolo. Si conservano al massino uno o due giorni fuori frigo. Per essere consumati freschi.

Possono essere usati per fare squisite marmellate, a cui è buon accorgimento aggiungere un po' di scorza di limone perché non risultino troppo dolci. Esiste il modo di conservarli interi, disponendoli in uno solo strato in una pentola di diametro sufficiente e facendoli cuocere con zucchero e aceto, finche non si vede che iniziano a caramellarsi. Mezzo chilo di zucchero e un bicchiere di aceto sono sufficienti a esaltare il sapore dei frutti, mantenendone l'armoniosa morbidezza.

 

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