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Bentornato, Re Tritone

Da più di 50 anni non si vedeva a Torino l'Ichtyosaurius alpestris apuanus. Lo hanno riscoperto sulla collina torinese due giovani studiosi

  • Cristina Insalaco
  • gennaio 2012
  • Domenica, 1 Gennaio 2012
Bentornato, Re Tritone

A volte ritornano. Come il tritone. Dell'Ichtyosaurius alpestris apuanus, o tritone appenninico, a Torino si erano perse le tracce da oltre mezzo secolo. A trovarlo è stato un ragazzo torinese di 23 anni, Davide Marino, laureato in economia ed appassionato da sempre di anfibi. Insieme a Daniele Seglie, assegnista di ricerca al dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Università di Torino, ha scovato numerosi esemplari della specie sulla Collina torinese. Certo, è un po' diverso dal "Re Tritone" di Walt Disney. Si tratta di un piccolo anfibio acquatico con una vivace gola arancione coperta da macchie scure. L'anno scorso Marino e Seglie hanno scoperto alcuni tritoni adulti in uno stagno abbandonato nel Parco dell'Eremo, a Pecetto Torinese: l'ultimo avvistamento risaliva al 1953. Da allora nessuno aveva più fatto studi sistematici sul territorio. La ricerca dei due ragazzi non si è fermata qui. Hanno trovato alcune larve dell'anfibio nella vasca di un prato lungo la strada tra l'Eremo e villa Thosolano: «Le ho trovate per caso – racconta Marino –, ero in viaggio per Pecetto, quando incuriosito, mi sono fermato davanti a uno stagno lungo la strada». Uno stagno profondo circa due metri e protetto da una rete metallica. «Per vedere le larve – aggiunge Seglie – ci siamo ingegnati a usare un retino dal manico molto lungo». A Pecetto hanno registrato la presenza di altri adulti e larve (che convivono con il tritone crestato) in uno stagno vicino alla torre dell'Eremo. La zona è stata recentemente presa in gestione dal Sermig di Torino. A Tetti Rosero, invece, di tritoni alpestri apuani non ne aveva mai parlato nessuno. Qui Davide Marino ha scoperto il sito più prolifico della Collina torinese. È uno stagno minuscolo pieno di tritoni neotenici (esemplari adulti che mantengono caratteristiche giovanili, come la conservazione delle branchie esterne). Li ha inaspettatamente trovati dopo un passaparola sul forum www.naturamediterranea.it: «Ho conosciuto on line Riccardo Banchi, un ragazzo toscano appassionato di anfibi – racconta Marino –, ed è stato suo zio, Alfredo Franceschini, esperto della Collina e socio di Pro- Natura, a guidarmi verso il tritone». Ci vuole pazienza. Ci vuole passione per viaggiare alla ricerca di un animale così poco conosciuto. Ma se chiedi a Davide Marino il perché di tanto amore per i tritoni, lui sorride e resta un po' in silenzio: «Non lo so. Mi piacciono gli anfibi, adoro osservare la loro vita, i loro comportamenti in natura». La riproduzione, ad esempio, è piuttosto curiosa e affascinante. In primavera il maschio si colora di azzurro per attirare l'attenzione della femmina, c'è una lunga fase di corteggiamento: si annusano, si toccano la punta del muso. Si riproducono senza toccarsi. Il maschio depone una capsula contenente lo sperma (spermatofora) davanti alla femmina. Lei la raccoglie, feconda le uova, le appiccica alle foglie di piante acquatiche. Prima dell'autunno le uova si schiudono. In Italia il tritone alpestre apuano popola gli Appennini, le Langhe, i rilievi tra Liguria e Piemonte, fino a toccare le Alpi Marittime. Restano isolate, invece, le popolazioni della Collina torinese. «Per questo gli ultimi ritrovamenti a Pecetto – spiega Daniele Seglie –, sono un dato davvero interessante». Le segnalazioni piemontesi del tritone appenninico anche in passato sono state rarissime. I primi avvistamenti risalgono al 1889, quando l'erpetologo Mario Giacinto Peracca li introduce a Chivasso. Un buco di sessant'anni, poi nel 1953 Enrico Tortonese li trova sulla Collina di Torino. Gli stessi tritoni che da Chivasso sono migrati in Collina? Difficile pensarlo. «È molto più plausibile che le popolazioni della Collina siano state introdotte dall'uomo», spiega Seglie. Per l'erpetologo Franco Andreone, conservatore del Museo di Scienze Naturali di Torino: «È improbabile che i tritoni abbiano percorso trenta chilometri in soli sessant'anni. Mentre le popolazioni passate e attuali della Collina forse potrebbero essere messe in relazione con quelle del Piemonte meridionale». Nel 1995 una popolazione di tritoni è stata trovata a Caselette. Dove un tempo c'era un poligono militare, adesso si sono formati stagni in cui vivono anfibi, salamandre, rane verdi, coloratissime farfalle. Nello stagno e nella vasca del Parco della Rimembranza i tritoni nuotano dal 2008. A Revigliasco, invece, sono scomparsi. Erano stati segnalati nel 1987. Tutta colpa dei pesci che hanno mangiato le uova e fatto sparire le nuove generazioni. Perché i terreni su cui vivono i tritoni sono per la maggior parte privati, ed è sufficiente che il proprietario ricopra lo stagno di terra o introduca dei pesci per far estinguere la popolazione. Il tritone alpestre apuano è oggi in declino, non in via d'estinzione: «La specie a livello regionale è molto rara – dice Daniele Seglie – ma sono i dati internazionali che contano, e l'anfibio è presente in tante altre zone europee». Allora come tutelarlo in Piemonte? «La mia speranza – conclude Seglie – è che gli enti pubblici collaborino con i privati. Ad oggi non abbiamo altri strumenti per proteggerlo.

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