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Migrazioni animali e vegetali

  • Carlo Bonzanino
  • novembre 2009
  • Martedì, 10 Novembre 2009

Se si esce un po' dallo spiccato antropocentrismo che ci caratterizza, non è forse così sbagliato considerare la diffusione degli uomini sulla Terra come la "madre" di tutte le invasioni sviluppatasi, fra l'altro, in forma piuttosto grossolana, arrogante e poco pacifica nei confronti della Natura (se vogliamo considerare le trasformazioni e il decadimento delle risorse che ne è derivato e che continuiamo a lamentare).
Tendenzialmente elaboriamo riflessioni e traiamo conclusioni dall'osservazione dell'attualità, da quanto percepiamo nel corso della nostra vita, dall'ambito spaziale in cui operiamo, condizionati anche dal compito e dal ruolo lavorativo che ci troviamo a occupare... Provo allora a mettermi nei panni di chi, naturalista, si trova a tutelare le componenti ambientali di un luogo, di un ambiente naturale o simile, che in un arco di tempo compatibile con le nostre vite, ha conservato caratteristiche "originali" (ma quanto?) e peculiarità botaniche, faunistiche, geomorfologiche, estetiche e paesaggistiche, tali da indurre, secondo prassi più o meno condivise, forme di gestione, conservazione e tutela. È comprensibile la preoccupazione di chi, con tale responsabilità, vede l'originalità o l'equilibrio di un ambiente compromesso da invasioni aliene.

Una delle pressioni modificative alle caratteristiche degli ambienti è proprio rappresentata, se parliamo di specie animali e vegetali, dalle "invasioni" di specie alloctone, attraverso processi naturali, su lunghi archi di tempo o, se torniamo alla modernità, indotte dall'uomo. Ovviamente, le mie considerazioni riguardano aspetti più "umanistici", e mi viene in mente che noi stessi, come individui e società, siamo il frutto di "invasioni" e rimescolamenti, naturali, imposti, subiti, sofferti, contrastati o favoriti. Che dire, per fare qualche esempio, delle ricorrenti e vincenti invasioni che hanno travolto i confini dell'Impero romano o dei Siciliani alti e biondi che magari trasportano geni di Federico II di Svevia? O ancora del Presidente Obama che non mi pare discenda da Toro Seduto?

E poi, non tutte le invasioni aliene si sono dimostrate così negative: sarebbe oltremodo scomodo trasferirsi nelle Americhe, terre d'origine rispettivamente di pomodori, mais e patate, per una pizza Margherita , una polenta concia o un bel piatto di patatine fritte...
Certo che il pesce siluro si faccia gioco dei nostri pescetti locali, che la Robinia pseudoacacia esulti e si esalti nella sua invasività, o che lo scoiattolo rosso sia allontanato dal più aggressivo scoiattolo grigio è difficile da accettare...

Ma adottando necessari interventi tecnici utili a mitigare questi fenomeni, forse può essere opportuno concettualmente rendersi conto che, in un mondo globalizzato e in una Terra sempre più piccola, con forti squilibri ambientali e sociali al proprio interno, quelle che definiamo "invasioni" sono da far rientrare in dinamiche e flussi propri di quel macro fenomeno che chiamiamo "vita", che è illusorio pensare di controllare e condizionare in tutte le sue manifestazioni. Se proprio vogliamo, una cultura, un'educazione e un'interpretazione meno egoistica e più solidale della stessa, possono aiutare a capire e favorire quelle condizioni ambientali e sociali in grado, forse, di prevenire tutte quelle "invasioni" che tanto ci preoccupano.

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