Stampa questa pagina

Antropocene, la nostra Terra è in pericolo

Con Antropocene si definisce l'era geologica attuale, in cui l'uomo e la sua attività sono causa delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche del Pianeta e soprattutto della scomparsa di un fetta importante della biodiversità mondiale. Lo sottolinea il recente rapporto del WWF. 

  • Raffaella Amelotti
  • Settembre 2020
  • Giovedì, 24 Settembre 2020
Foto p.g.c. WWF Foto p.g.c. WWF

Negli ultimi 50 anni sono andati perduti i due terzi della fauna selvatica mondiale. A sottolineralo è il WWF che ha appena pubblicato il Living planet report, lo studio che misura la riduzione delle popolazioni globali di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci e che il WWF ha recentemente diffuso a livello internazionale. 

La biodiversià del pianeta è a rischio

A partire dal 1970, il mondo è stato stravolto dalla crescita dei consumi, dall'aumento demografico, dall'incremento dell'urbanizzazione e del commercio globale, subendo una rapida trasformazione che ha portato alla distruzione del patrimonio ambientale e allo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. E' ormai accertata la stretta connessione tra lo sfruttamento delle risorse naturali, che porta al degrado degli habitat, e l'insorgenza di malattie infettive, sempre più spesso di origine zoonotica. Giunti a questo punto, è necessaria e improrogabile un'inversione di rotta a livello mondiale: il sistema politico ed economico devono ripartire dalla valorizzazione della natura. In occasione dell'emergenza sanitaria abbiamo assistito ad azioni rapide da parte dei governi, sia in materia di decisioni politiche che economiche, cui ha fatto seguito la collaborazione della cittadinanza. E questa partecipazione è stata resa possibile dalla condivisione dell'obiettivo: la salute pubblica. Allo stesso modo è necessario che l'umanità abbia piena consapevolezza anche dello stato di salute in cui versa la Terra e se ne prenda cura, cambiando i modelli di consumo delle risorse per ridurre la propria impronta ecologica.

Quest'anno l'Overshoot day, il giorno in cui l'umanità esaurisce le risorse che la Terra è in grado di produrre in un anno, è caduto il 22 agosto. Complice la pandemia siamo tornati ai livelli del 2008 (nel 2019 l'Overshoot day era stato il 29 luglio, dunque avevamo esaurito le risorse del pianeta un mese prima) e la Terra ha tirato un piccolo sospiro di sollievo, proprio nei mesi in cui abbiamo cambiato, rallentandoli, i nostri ritmi. Questo slittamento ci aiuta a comprendere che fattori quali il controllo delle emissioni di CO2 dovute all'utilizzo di combustibili fossili e la diminuzione della raccolta di legname sono determinanti per la riduzione dell'impronta ecologica dell'umanità. Dopo l'Overshoot day, infatti, per far fronte alle sue esigenze la popolazione mondiale attinge alle riserve non rinnovabili e la Terra ne paga le conseguenze in termini di erosione del suolo, deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento atmosferico...

Il Living planet report arriva quindi a pochi giorni dall'Overshoot day. Il rapporto del WWF è un monito alla popolazione mondiale perchè si riporti in riequilibrio nel suo rapporto con la Terra, per la salute del pianeta e... nostra. L'analisi del WWF rileva "un decremento medio del 68% delle popolazioni monitorate di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci tra il 1970 e i 2016" (cit. WWF, Living Planet Report 2020): la perdita di biodiversità ha conseguenze che non riguardano solo l'ambiente, ma coinvolgono tutti gli aspetti della vita dell'uomo. Il cibo, l'acqua, l'energia, il clima sono connessi alla biodiversità e allo stato di salute della natura. L'analisi del WWF si basa sull'Indice del Pianeta vivente (Living Planet Index, LPI), un indicatore che raccoglie e confronta i dati di quasi 21.000 popolazioni di vertebrati in tutto il mondo. Il calo della biodiversità varia a seconda delle aree geografiche, dal 94% del Sud America al 24% dell'Europa. Attenendoci ai dati numerici, l'Europa parrebbe mantenere un comportamento virtuoso rispetto al resto del mondo, ma purtroppo, la sua impronta globale è decisamente maggiore a causa delle importazioni dagli altri continenti (di soia e carne bovina, ad esempio). 

 

La protezione della salute umana passa per quella degli organismi vegetali e animali

Il WWF pone l'attenzione soprattutto sugli ambienti di acqua dolce, da sempre i più vulnerabili: i dati a disposizione evidenziano, a livello mondiale, la perdita di quasi il 90% delle zone umide dal 1700 a oggi. La conversione agricola e lo sviluppo industriale hanno contribuito ad alterare milioni di chilometri di fiumi, generando un profondo impatto sulla biodiversità di questi ambienti: le popolazioni di anfibi, rettili e pesci di acqua dolce hanno subito un calo equivalente al 4% annuo dal 1970. E i dati più preoccupanti arrivano ancora una volta dai paesi dell'America Latina, proprio quelli che stanno pagando il conto più salato alla pandemia. Le più esposte sono le specie di maggiori dimensioni: sono a rischio gli storioni, le lontre, i castori e gli ippopotami. I pesci di grandi dimensioni subiscono gli effetti della pesca intensiva oltre ad essere disturbati dalle grandi opere idrauliche che ne bloccano le rotte migratorie verso i siti di alimentazione e deposizione. Anche le piante non se la passano troppo bene: sono a rischio estinzione quanto i mammiferi, con innegabili conseguenze anche per i servizi che forniscono all'umanità. Un esempio è fornito da Coffea arabica, la pianta che ci regala i chicchi di caffè più apprezzati al mondo: la popolazione naturale risulta minacciata dagli effetti del cambiamento climatico. Il legame uomo-natura è reale e indissolubile e può essere rappresentato dalle 18 categorie di Contributi della Natura alle Persone, che comprendono gli elementi, i beni e i servizi che la natura offre all'umanità. La creazione degli habitat, la regolazione del clima e della qualità dell'aria, l'energia, il cibo, le risorse medicinali, ma anche le esperienze fisiche e psicologiche che ci offrono i paesaggi naturali sono solo alcuni dei doni che la natura ci concede ogni giorno.

La salute umana dipende dalla salute del pianeta, e dalla sua biodiversità: dobbiamo riconoscere e proteggere questa connessione per proteggere noi stessi, in quanto parte della natura. Il rapporto del WWF arriva  proprio a pochi giorni dalla 75a Assemblea Generale delle Nazioni Unite: il leader mondiali non possono ignorare la richiesta di aiuto della natura. Non può essere ancora una volta tutto ridotto al laconico "Business as usual". Il WWF ha ipotizzato modelli e scenari per proporre alcune strategie di intervento volte alla riduzione della perdita di biodiversità, documentati nell'iniziativa Piegare la curva della biodiversità terrestre (Bending the Curve). Occorre moltiplicare le azioni di conservazione, incrementando l'estensione e la gestione delle aree protette. Un intervento tempestivo e partecipato ha riscontri positivi: è il caso delle popolazioni di alcune specie aumentate nel loro numero globale o dell'estensione della protezione marina globale. Le azioni di tutela devono essere integrate da sistemi produttivi e di consumo più sostenibili, anche se il termine è ormai abusato e, purtroppo, consumato dalle campagne elettorali.

E noi cosa possiamo fare? Dobbiamo prestare maggior attenzione nel momento in cui facciamo la spesa: la scelta di prodotti freschi, locali, la riduzione degli sprechi e una dieta orientata a una minor assunzione di calorie di origine animale sono il primo importante passo di questa rivoluzione. Da subito però, ora che la coscienza ambientale della popolazione è stata scossa dalla pandemia.

 

Potrebbe interessarti anche...

Le specie animali migratorie nel Mondo sono in declino e il rischio di estinzione globale è in a ...
Quando si parla di biodiversità e tutela di ecosistemi nella nostra regione difficilmente si pen ...
È il 7 novembre 2023 quando un comunicato stampa del Parco nazionale del Gran Paradiso conferma ...
E' arrivato in Piemonte nascosto in una pedana, prima nel Comune di Vaie, poi è stato accertato ...