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Lo scazzone, il pesciolino 'zuccone' che misura la qualità delle acque

Inserito dall'Unione europea tra le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione, lo scazzone (Cottus gobio) è un importante indicatore per la biodiversità delle acque

  • Clizia Bonacito*
  • Settembre 2018
  • Lunedì, 3 Settembre 2018
Esemplare di Cottus gobio By Piet Spaans [CC BY-SA 2.5  (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5)], via Wikimedia Commons Esemplare di Cottus gobio By Piet Spaans [CC BY-SA 2.5 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5)], via Wikimedia Commons

 

Inserito dall'Unione europea tra le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione, lo scazzone (Cottus gobio) è un importante indicatore dello stato di qualità delle acque

Non lo diresti mai che un pesciolino, lungo al massimo 15 centimetri, sia un così importante indicatore della qualità delle acque. E invece lo scazzone - "Bullhead" in inglese – con quella testa parecchio grande, larga e arrotondata, occhi grandi e labbra carnose lo è, eccome. Tanto che per garantire la sua conservazione, l'Unione Europea l'ha inserito tra le specie dell'Allegato II della Direttiva Habitat 92/43/CEE ovvero "Specie animali e vegetali di interesse comunitario presenti la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione".

La decisione nasce dal fatto che la specie è particolarmente sensibile alle alterazioni della qualità e dell'integrità ambientale, non tollera gli eccessivi prelievi idrici, l'e artificializzazione degli alvei, l'inquinamento e la torbidità indotta delle acque. Modifiche della struttura e della dinamica fluviale a seguito di sbarramenti, prelievi idrici, opere di stabilizzazione degli argini o del fondo banalizzano l'habitat, uniformando profondità e velocità di corrente tanto che ne può conseguire un eccesso di sedimentazione e riempimento degli interstizi: così, lo scazzone, essendo una specie bentonica con predilezione per i substrati grossolani, perde il suo habitat ideale nonché la microfauna bentonica di cui si nutre principalmente. Inoltre, gli ostacoli fisici artificiali, anche piccole soglie di poche decine di centimetri di altezza, sono invalicabili in salita per questo piccolo pesce e i grandi sbarramenti ne bloccano anche la discesa, generando isolamenti genetici e frammentando l'habitat.

Il mantenimento della continuità fluviale, sia con possibilità di risalire che di scendere nei fiumi, è indispensabile per lo scazzone per due ragioni: intanto per conservare l'integrità genetica delle popolazioni e sotto-popolazioni geografiche e poi per permettere la dispersione naturale attraverso un processo di migrazione sia da monte verso valle, che da valle verso monte.

Oggi lo scazzone è minacciato dalla predazione esercitata sugli stati giovanili da specie alloctone (come nel caso delle trote immesse spesso in modo massiccio per la pesca sportiva). Basti pensare che una trota di taglia media, e pari a circa 20 centimetri, può predare scazzoni lunghi fino a 8 centimetri!

La sua presenza con popolazioni ben strutturate in un corpo idrico è quindi essere un ottimo indicatore biologico delle più piccole alterazioni dei substrati, della stato fisico-chimiche e di biodiversità delle acque.

Il suo stato di conservazione

Purtroppo, però, in base al 3 Rapporto Nazionale sull'attività di monitoraggio dello stato di conservazione delle specie animali, vegetali e habitat realizzato nel 2013, ai sensi della art. 17 della Direttiva Habitat, lo stato di conservazione dello scazzone risulta in Italia in trend negativo sia per la regione alpina che continentale e con uno stato di conservazione inadeguato per la zona alpina e cattivo per quella continentale.

Sarà interessante verificare nel prossimo Rapporto se il trend abbia cambiato direzione. A questo proposito, è fondamentale il ruolo di chi valuta progetti e interventi che interessano i corsi d'acqua in cui lo scazzone vive, avendo l'opportunità di chiedere modifiche progettuali compatibili con le esigenze ecologiche del piccolo pesce, o deciderne la sospensione se c'è il ragionevole dubbio che l'alterazione ambientale non ne assicuri la sopravvivenza.

Lo scazzone (Cottus gobio), conosciamolo meglio

Lo scazzone appartiene a una specie reofila frigofila, cioè che predilige acque correnti limpide, fresche e ben ossigenate, con temperature non superiori a 14 - 16°C, e substrato duro misto a massi, ghiaia, ciottoli e sabbia. La sua distribuzione altimetrica è collegata alla temperatura dell'acqua. Nelle zone settentrionali del suo areale vive anche in torrenti di pianura, mentre più a sud vive in torrenti montani e in laghetti d'alta quota dove s'incontra fino a oltre 2.000 metri. Compie brevi spostamenti, più frequenti durante il periodo di frega per la ricerca di zone adatte alla riproduzione.

Il colore di fondo della livrea è variabile da bruno rossastro o bruno scuro a bruno verdastro, progressivamente più chiaro procedendo dal dorso in direzione del ventre. Su dorso e fianchi sono presenti marezzature chiare e scure nettamente contrastanti, spesso fuse tra loro in un disegno marmoreggiato.

La sua dieta comprende una vasta gamma di invertebrati bentonici, avannotti e uova di altre specie (anche anfibi). Il periodo riproduttivo inizia quando la temperatura dell'acqua sale sopra 12 °C, in genere tra marzo ad aprile – maggio: in entrambi i sessi la maturità sessuale viene raggiunta tra il secondo ed il quarto anno di vita e lo sviluppo è fortemente influenzato dalle caratteristiche trofiche dell'ambiente. Il maschio sorveglia le covate fino alla schiusa di tutte le uova deposte dalla femmina sulla volta del riparo che costituisce il nido e realizzato generalmente sotto pietre piatte o sfruttando cavità del substrato.

 

*Clizia Bonacito, biologa marina, è funzionaria del Settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte

Fonti:

 

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