Siena è visitata ogni anno da oltre un milione di turisti provenienti da tutto il mondo, attratti dal ricchissimo patrimonio artistico, dagli iconici paesaggi che la circondano, dalla rinomata cultura enogastronomica. Meno conosciuti, ma apprezzati da un pubblico di nicchia, sono altri tesori custoditi tra le mura cittadine: valli verdi che ospitano orti urbani e lembi di bosco, un giardino botanico con piante da tutto il mondo e un piccolo ma variegato museo di storia naturale in un ex monastero camaldolese.
Fisiocritici, studiosi della natura
Il Museo, insieme alla Biblioteca scientifica e all'Archivio storico, è parte integrante dell'Accademia delle Scienze di Siena detta dei Fisiocritici, fondata nel 1691 per indagare i fenomeni naturali attraverso la sperimentazione e promuovere la diffusione del sapere scientifico. I suoi fondatori, docenti dell'ateneo senese e loro allievi, coniarono dal greco antico il termine Fisiocritici, traducibile come "studiosi della natura". Loro obiettivo dichiarato era quello di sfatare le false credenze ed affermare il vero, per questo utilizzarono come motto la frase latina "veris quod possit vincere falsa" tratta dal De Rerum Naturae di Lucrezio e scelsero come emblema la pietra di paragone, usata dagli orafi per distinguere i metalli preziosi dalle imitazioni. L'Accademia conobbe fama internazionale nel corso del Settecento, ma nel 1798 la sua sede fu gravemente danneggiata da un terremoto. Nel 1814 il granduca di Toscana donò ai Fisiocritici un intero edificio: il Monastero della Rosa, ormai dismesso. Nella nuova sede i membri del sodalizio riallestirono le "produzioni naturali" che andavano raccogliendo nei dintorni di Siena per documentarne la ricchezza naturalistica. Il Museo, le cui prime tracce documentali risalgono alla metà del Settecento, si accrebbe grazie a donazioni di privati, scambi con altri musei, acquisizione di collezioni universitarie e acquisti. Senza perdere l'interesse per l'ambito locale, le nuove raccolte fornivano anche una panoramica sulla geodiversità e la biodiversità a scala globale, grazie a campioni provenienti da tutto il mondo.
Il fascino degli allestimenti ottocenteschi
A distanza di quasi due secoli il Museo mantiene inalterato il fascino ottocentesco di un assetto espositivo enciclopedico, con vetrine colme di reperti contrassegnati da etichette manoscritte e spesso contenuti in ampolline o in vasetti di vetro di squisita fattura. L'edificio che lo ospita si sviluppa su tre livelli principali attorno ad una corte interna. Al primo piano si trova la sezione zoologica con collezioni storiche di animali. La raccolta ornitologica conta oltre 3.000 campioni provenienti da tutti i continenti, tra cui varie specie estinte o minacciate di estinzione. Oltrepassando uno squalo elefante di 3 metri, lo scheletro di una giraffa e una miriade di altri animali si accede a uno degli ambienti più affascinanti del Museo: la sala dedicata a Paolo Mascagni (1755-1815), dove sono esposti preparati anatomici umani che mettono in evidenza il sistema linfatico e le tavole dell'Anatomia Universa (il primo atlante di anatomia umana a grandezza naturale, un magnifico esempio di connubio tra scienza ed arte). La sezione anatomica ospita anche reperti particolari come reperti umani "pietrificati" e un vitello a due teste, oggetto di un video (Twins undivided: the two-headed calf) che ha vinto un premio internazionale di filmografia scientifica. A piano terra le vetrine lungo i corridoi espongono le collezioni della sezione geologica, mentre la corte ospita uno scheletro di balenottera di 15 metri ormai diventato l'emblema del Museo. I numerosi fossili illustrano la sorprendente biodiversità marina del Pliocene senese (tra cui una balena rinvenuta in pieno centro cittadino) e la varietà di mammiferi terrestri che vissero in questo territorio in seguito alla sua emersione dal mare, come rinoceronti, antilopi, ippopotami, mammuth e molti altri. Le collezioni di rocce e minerali includono importanti raccolte di marmi antichi, un campionario policromo delle famose terre di Siena (pigmenti naturali usati per secoli in pittura) e campioni delle pietre utilizzate per la realizzazione del Duomo di Siena. All'angolo tra due corridoi si trova l'accesso a cinque piccole sale, ognuna dedicata a un personaggio legato alla storia dell'Accademia: tra i pezzi forti, un frammento del meteorite di Siena (prezioso reperto storico che ha ispirato anche un episodio del celebre fumetto Martin Mystère), una collezione di funghi in terracotta realizzata nell'Ottocento per istruire le persone a distinguere le specie velenose da quelle eduli e una raccolta di acque termali della provincia di Siena, allestita in occasione del X Congresso degli Scienziati Italiani ospitato dai Fisiocritici nel 1872. Nella sezione dedicata ai mirabilia si trovano addirittura un paio di guanti in bisso marino commissionato da Federico II di Borbone Re di Napoli e una "tazza" ricavata da una noce di cocco appartenuta a Napoleone. Il percorso si completa nel seminterrato scavato nell'arenaria pliocenica in cui si susseguono collezioni astronomiche, un ipogeo con urne etrusche, una moderna riproduzione della macchina del vuoto realizzata dai Fisiocritici alla fine del Seicento, quattro sale dedicate a mostre temporanee e una sala botanica che ospita collezioni del Museo Botanico dell'Università di Siena.
Uno sguardo alla biodiversità urbana
Il Museo, visitato lo scorso anno da 17mila visitatori, è ancora tanto di più del suo pur ricco patrimonio materiale. Infatti porta con sé anche tutto un capitale immateriale costituito dalla sua storia, dal bagaglio professionale delle persone che lo fanno vivere, dalle iniziative sempre più numerose di divulgazione e ricerca che tutt'oggi realizza fino ai recenti progetti di citizen science dedicati alla fauna urbana. Non è sempre facile portare avanti un così ampio ventaglio di attività: l'appartenenza a un ente privato, che lo distingue dalla maggior parte dei musei scientifici gestiti da università o amministrazioni locali, ne condiziona anche la disponibilità di risorse umane e finanziarie. Se da un lato questo tipo di gestione è più flessibile di quella pubblica, dall'altro può rendere complesso il reperimento di fondi per la sussistenza e per il raggiungimento dei propri obiettivi di didattica, ricerca e divulgazione. Attualmente le risorse provengono dalle quote sociali degli accademici, da contributi pubblici (in particolare regionali e ministeriali), dalle offerte dei visitatori e dagli introiti del bookshop, dall'affitto di locali della propria sede e da attività a pagamento come visite guidate, laboratori, campus e iniziative artistiche. La sfida del futuro sarà quella di spostare l'ago della bilancia dai finanziamenti pubblici a quelli privati che si possono attrarre nel mondo delle imprese. Un altro obiettivo ambizioso sarà quello di reperire spazi all'esterno della sede da adibire a deposito, in quanto quelli interni sono ormai saturi, indispensabili per continuare la musealizzazione di nuovi reperti e l'acquisizione di collezioni naturalistiche dismesse da privati ed enti pubblici che altrimenti andrebbero perdute.
I microfossili dell'abate Soldani, pioniere della micropaleontologia
La collezione di microfossili, per lo più foraminiferi, dell'abate camaldolese Ambrogio Soldani (1736-1808) è una delle più singolari raccolte del Museo. Soldani, a lungo segretario dell'Accademia e docente nell'ateneo senese, dedicò gran della vita al loro studio, illustrandone la grande diversità e intuendone il significato paleoambientale, grazie al confronto con analoghe specie viventi. La collezione è conservata in piccoli vasetti o in vetrini, ciascuno contraddistinto da un numero che rimanda alle descrizioni e alle illustrazioni riportate nella Testaceographia ac Zoophytographia, la sua più importante pubblicazione.
Pioniere della micropaleontologia, ma anche scienziato eclettico, Soldani si occupò tra l'altro di terremoti, idrocarburi e meteoriti, arrivando – tra i primi – a sostenerne l'origine extraterrestre. Insieme ai microfossili è conservato un frammento dello sciame meteoritico caduto nel 1794 nella campagna senese, da cui scaturì il suo interesse per l'argomento.
Gli articoli "I Musei delle Meraviglie" sono curati da Sabrina Lo Brutto, Università degli Studi di Palermo e National Biodiversity Future Center; Vittorio Ferrero, Università degli Studi di Torino; Franco Andreone, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.