Una delle più ambiziose sfide della società scientifico-culturale italiana attuale è di riportare i suoi prestigiosi musei di storia naturale a essere luoghi centrali di interesse, curiosità e attrazione per i cittadini, nonché a divenire centri di ricerca e osservatori della Natura, così come lo sono state le "camere delle meraviglie", quelle stanze piene di "mirabilia" e "naturalia", vale a dire di stranezze, di reperti di animali esotici, di fossili e di trofei di caccia, che venivano aperte a ospiti selezionati.
Mirabilia et Naturalia
Le Wunderkammern in tedesco, o cabinets de curiosités in francese, hanno rappresentato la prima forma di museo della quale si sono mantenute e sviluppate le cruciali funzioni di raccolta, di collezione e di esposizione, tipiche anche dei musei odierni. Erano questi "luoghi" privilegiati di quella élite europea, tra il XVI e il XVIII secolo, amante del collezionismo e interessata alla comprensione dell'origine di sì tanta stranezza naturale e alla sua esibizione come simbolo di prestigio. Da allora, accompagnando la rivoluzione darwiniana nell'epoca vittoriana delle esplorazioni, passando attraverso la visione ecologica della Natura e la consapevolezza della conservazione della biodiversità e arrivando all'interazione del reale col virtuale, i musei si sono trasformati ed evoluti, con fatica, e non tutti appieno e contemporaneamente.
Oggi, il nostro Paese, ospita un gran numero di musei dove la collocazione dei reperti relativi a specie zoologiche e botaniche talora segue ancora un percorso espositivo di stampo ottocentesco, nel quale "istantanee" di habitat naturali sono spesso rappresentate in diorami preziosi come opere d'arte, nei quali si esalta la bellezza di singole specie carismatiche e minacciate dall'uomo con allestimenti moderni, o, più raramente, dove si ricreano ecosistemi e scenari d'effetto con realtà digitali. In altri casi le esposizioni seguono logiche, talora incentrate sugli esemplari e sul significato che gli stessi hanno per la comprensione delle grandi tematiche della Natura, dall'evoluzionismo alla sua conservazione.
Un pot-pourri, dunque, di musei sparsi in tutto il Belpaese, da Nord a Sud: grandi e piccoli, universitari, gestiti da pubbliche amministrazioni locali o da fondazioni private. Accomunati però dalla stessa ambizione di dialogare con il pubblico e la società, e diventare protagonisti delle strategie della tutela della biodiversità, ma non solo. I musei stessi mirano oggi a trasformarsi in luoghi di aggregazione, con encomiabili obiettivi di divulgazione, ma anche in veri centri di ricerca, al fine di non perdere quelle competenze tassonomiche che hanno contraddistinto l'Italia nel panorama scientifico internazionale dell'Ottocento e Novecento. Le collezioni dei musei, vero cuore pulsante, sono, con i loro reperti uno strumento ineguagliabile per comprendere e studiare la bio e geo diversità e, soprattutto, per giungere a dare un nome a specie spesso destinate all'estinzione ancora prima di essere descritte.
Una rete di musei, purtroppo, anche con evidenti problematiche irrisolte. Tanto per dire, bisognerebbe contemplare una maggiore connessione tra le diverse realtà e un più continuativo reclutamento di personale specializzato, con l'ambizione di supplire in qualche modo all'assenza di un grande museo naturalistico nazionale, che funga da biorepository e da hub di ricerca.
Testimoni della Natura che cambia
Una sfida ambiziosa, dunque, quella di aprire le porte ad un pubblico sempre più vasto e vario, perché la Zoologia, la Botanica e la Paleontologia competono - di fatto - con la Storia dell'Arte e l'Architettura, rappresentate nel nostro Paese da un'esplosione di bellezze e rarità. Evidentemente, i musei di storia naturale non sono soltanto leoni naturalizzati, uccelli in vetrina, vasi con anfibi e rettili in alcool, scatole di farfalle variopinte e fossili in cassetti. Sono invece un vero tesoro di meraviglie e di testimonianze della Natura che cambia. Quanto di inusuale e di bizzarro può essere visto, talvolta toccato con mano, ma soprattutto studiato.
Con reperti incredibili, dall'elefante nano vissuto circa 20mila anni fa, all'ornitorinco, un mammifero monotremo che depone le uova, a milioni di insetti e altri artropodi, o animali ormai estinti, la biodiversità museale non ha confini e rappresenta la biodiversità della cui conservazione siamo tutti responsabili, in particolar modo in questo periodo definito dell'Antropocene e della Sesta Estinzione.
L'emozione e lo stupore di fronte alle infinite forme bellissime della Natura che non fanno parte del nostro comune bagaglio culturale possono rappresentare il primo passo per stimolare la curiosità, la voglia di conoscere e di conservare il nostro patrimonio. Chi oggi entra in un museo di storia naturale diventa, spesso a sua insaputa, un vero esploratore o una esploratrice del nostro Pianeta; quasi automaticamente si trova ad apprezzare la diversità della vita, la complessità delle forme animali e vegetali e le relazioni tra queste e l'ambiente circostante, uomo compreso. E ne può percepire la sua fragilità.
La sfida si traduce in "ingresso", "far entrare" e"studiare"; d'altronde, non c'è museo senza fruizione, a più livelli. Per raggiungere questi obiettivi, il primo passo da compiere è favorire la conoscenza del patrimonio. Un passo che Piemonte Parchi ha deciso di compiere insieme a un gruppo di operatori del settore, dedicando una nuova rubrica ai Musei di Storia Naturale in Italia, intitolata I Musei delle Meraviglie. Ogni mese pubblicheremo presentazioni di singoli musei del nostro Paese con specifici focus su reperti o collezioni di rilevante interesse scientifico o approfondimenti ad hoc. Percorreremo idealmente l'Italia, alternando musei di grandi dimensioni con respiro internazionale a musei di piccola dimensione ma con grande valore locale e culturale. E si fornirà una visione d'insieme di queste istituzioni che, lasciatecelo scrivere, spesso arrancano, faticano nel quotidiano per offrire alla nostra società gli strumenti per una crescita scientifico-culturale carente ma, ormai, ineludibile per affrontare le questioni ambientali a cui non possiamo più sottrarci.
Iniziamo il nostro cammino con il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino (LINK AL SITO) che riapre i suoi spazi al pubblico dopo un lungo periodo di chiusura, con le sue collezioni e i suoi esploratori che hanno fatto la sua storia. Buon viaggio!
* Sabrina Lo Brutto, Università degli Studi di Palermo e National Biodiversity Future Center, Vittorio Ferrero, Università degli Studi di Torino, Franco Andreone, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino