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Clandestini

Clandestini. Animali e piante senza permesso di soggiorno di Marco di Domenico, ed. Bollati Boringhieri, € 16,00

  • Caterina Gromis di Trana
  • novembre 2009
  • Martedì, 10 Novembre 2009

Ne ha scelti 45 e li ha descritti in brevi capitoli, ognuno dei quali è spunto di riflessione: i clandestini su cui ha ragionato Marco Di Domenico sono quelle specie animali e vegetali che per intervento dell'uomo si sono diffuse al di fuori del loro areale di presenza naturale.

L'autore è dottore di ricerca in biologia animale all'Università Tor Vergata di Roma. Dopo aver curato le voci di zoologia per il supplemento di un'enciclopedia ed essere entrato così nel vortice autoctoni/alloctoni, ha scritto alcuni articoli sugli organismi alieni per il quotidiano Liberazione. Quegli articoli sono stati per il libro quel che il bruco è per la farfalla.

La chiave di lettura è un interrogativo: "La nostra specie è solo uno dei tanti sistemi di dispersione che la natura mette a disposizione degli organismi? Siamo quindi noi stessi "natura"? O siamo solo artificio, mostri generatori di cataclismi ecologici?"
È vero che, per colpa dell'uomo, specie alloctone occupano territori che non sarebbero di loro competenza; è lui che, volontariamente o meno, le trasporta. Però se anche Homo sapiens è una specie animale, la sua non è una colpa, perché la "dispersione" fa parte delle leggi di natura. L'autore usa l'esempio della lappola (Arctium lappa), quell'erba malefica che si appiccica dappertutto, da cui un "inventore" ha copiato l'idea del velcro. I suoi frutti sono capsule rivestite da uncini che aderiscono tenacemente al pelo dei mammiferi, assicurandosi una efficacissima dispersione dei semi. La lappola si attacca indifferentemente al vello di pecore e cinghiali e ai vestiti di chi va a spasso in campagna, e dunque l'uomo per lei è vettore inconsapevole, bestia tra le bestie. Il dilemma è capire dove finisce l'uomo naturale e dove comincia quello artificiale. È lì che entra in gioco la sua responsabilità, ed è lì lo spartiacque tra ciò che è naturale e ciò che non lo è. Se in un luogo arrivano casualmente di tanto in tanto individui appartenenti a specie esotiche, e se qualcuno riuscirà a sopravvivere e a riprodursi insediandosi in quel luogo stabilmente, si rientra negli eventi naturali. Ma se ogni angolo della terra è sconvolto da immissioni e sostituzioni di specie, non si tratta più di dispersione ma di bombardamento, quasi una guerra chimica in cui la natura non ha il tempo di metabolizzare le novità. Le 45 specie descritte dall'autore sono altrettante munizioni, sparate in ordine alfabetico tranne una, l'ultima, la rosa.

Perché la rosa? La sua storia è come le altre, quella di una specie vivente, della sua diffusione nel mondo, della mano dell'uomo... per la rosa però l'invasione e la devastazione non sono quelle di un territorio, ma di un sistema economico e politico, che mostra attraverso un fiore i due capi di un mercato senza regole, che trascende la biologia ed entra nel campo minato della morale. E lì, altri interrogativi incalzano...

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