Nel 2014 una violenta alluvione si abbatte sulla Serra d'Ivrea: il Comune di Chiaverano emette un'ordinanza di evacuazione per una settantina di abitazioni dei versanti collinari della Serra di Ivrea. La cittadinanza rimane scossa da tale evento, e si organizza: parte una discussione pubblica sulla gestione del rischio idrogeologico. Come tutelare e mettere in sicurezza le numerose abitazioni storiche, sorte in quelle zone un tempo vocate alla coltura di vite e ortaggi, e che ancora una sessantina di anni fa erano gli elementi base di un'economia agro-pastorale degli abitanti di Chiaverano?
La soluzione nasce dalla collaborazione publico-privata
Vengono incaricati due geologi, Corrado Duregon e Paolo Quagliolo, per la redazione di una mappa di sintesi: la Serra dell'Anfiteatro Morenico d'Ivrea, tutta quindi, non solo il territorio di Chiaverano ma anche quello dei comuni limitrofi, è un'area ad alto rischio idrogeologico perché "costituita da sedimenti lasciati nel corso di millenni dai movimenti del ghiacciaio Balteo". Per consentire le pratiche agricole infatti nel corso degli anni furono realizzati chilometri di terrazzamenti e migliaia di interventi di controllo e regimazione delle acque piovane. La presenza umana e l'accurata gestione del territorio hanno garantito per anni la riduzione del rischio e la produzione delle famose "primizie" di Chiaverano, che arrivavano tutti gli anni sul mercato di Ivrea. Poi, poco alla volta, l'abbandono della terra, il bosco che avanza e nel 2014 gli eventi alluvionali che hanno dato il colpo di grazia a un territorio già da anni fortemente in crisi di stabilità.
A questo punto i cittadini si organizzano e parte una collaborazione tra associazioni: Antincendio boschivo di Chiaverano, Circolo Legambiente Dora Baltea, e naturalmente l'Amministrazione comunale. Prima una mappatura delle potenziali situazioni di rischio presenti sul versante della Serra a ridosso dei nuclei abitati, poi la realizzazione di un database geografico degli eventi storici e degli interventi realizzati aggiornabile nel tempo, infine l'avvio delle Giornate della Manutenzione Territoriale, a cui partecipano volontari, associazioni e l'amministrazione comunale, nel corso delle quali, con cadenza quadrimestrale, vengono realizzati interventi di manutenzione ordinaria. Risultato? Un monitoraggio permanente, più consapevolezza da parte dei residenti, maggior propensione a prestare ore di volontariato per la salvaguardia del territorio.
I riconoscimenti all'attività svolta e gli obiettivi futuri
L'attività pubblico-privata, fatta da cittadini e amministrazione comunale continua nel tempo con ottimi risultati, tanto che nel 2019 Legambiente consegna la Bandiera Verde ai volontari delle Giornate della Manutenzione territoriale di Chiaverano. Si individuano altri obiettivi, come quello del recupero dei numerosi muri a secco dei terrazzamenti: 30 km solo nel Comune di Chiaverano, 400 lungo tutto l'anfiteatro morenico, molti dei quali a rischio crollo. Nel 2021 partono una serie di corsi di recupero dei muri a secco, due all'anno, della durata di un fine settimana, che vedono decine di persone impegnate sui versanti della Serra.
«Abbiamo un patrimonio paesaggistico naturale unico – spiega Nevio Perna, attuale presidente dell'Assfo La Serra - un privilegio che vogliamo mettere in sicurezza per poi valorizzarlo anche con forme di turismo lento». Per fare questo volontari e amministrazione pubblica si sono resi conto che una delle questioni derimenti è l'abbandono dei boschi, boschi frammentati in migliaia di proprietà, che così come sono hanno perso qualsiasi valore. «I proprietari molto spesso sono anziani o emigrati irreperibili – continua Perna - e allora abbiamo cominciato nel luglio del 2022 a consultare le mappe catastali per riunire 23 soci e 123 ettari». È nata così l'Associazione fondiaria La Serra, con l'obiettivo di ricomporre la proprietà fondiaria. Il territorio di Chiaverano è coperto da bosco per il 72%, anche da bosco di invasione. L'Assfo negli ultimi anni sta cercando di recuperare e mantenere il territorio di sua competenza, e poco alla volta ha assorbito altri 43 ettari di bosco in 2 anni e mezzo di impegno, segno che la strada è quella giusta e che sempre più proprietari vedono nel lavoro dell'associazione e nel recupero del territorio della Serra un valore.
«Abbiamo colto da un lato l'esigenza dei proprietari e degli abitanti – continua Perna – dall'altra la riscoperta di un patrimonio boscato inutilizzato e in stato di abbandono che oggi non è più solo una somma di alberi ma un sistema apprezzato e che fornisce anche importanti servizi ecosistemici». L'Associazione fondiaria oggi continua nella sua opera di ricomposizione del territorio, lo gestisce in modo da ridurre i rischi dal punto di vista idrogeologico e per quanto riguarda gli incendi, e attraverso la sottrazione del materiale morto e il taglio del ceduo cerca di ripristinare alcune delle filiere locali, come quella della produzione di energia o quella della palificazione. E in prospettiva vorrebbe anche far rinascere la filiera dell'utilizzo del legno nobile da opera, grazie all'abbondanza di castagno dei boschi gestiti.
«Oggi continuiamo a investire risorse in pulizia e ripristino del territorio – conclude Perna - e gli introiti sono ancora pochi. Ma siamo sicuri che nel tempo il nostro lavoro oltre a ricreare piccole filiere economiche aiuterà a rendere il territorio più accogliente, perché tutto il bacino collinare dell'anfiteatro morenico soffre ancora della perdita di residenti, proprio come accade alle aree interne, e prendersi cura del territorio vuole dire anche contrastare lo spopolamento».