La Fiera di Sant'Orso, giunta quest'anno alla sua 1025^ edizione, sarà allestita, come ogni anno, nei due giorni che precedono la commemorazione di Sant'Orso, il monaco irlandese dedito alla preghiera e alla carità. Proprio ad Aosta, costruiva i sabot, le tipiche calzature in legno e li regalava ai poveri per proteggerli dal freddo e dalla neve.
Non si conosce molto della vita di questo monaco buono e caritatevole, vissuto intorno al VI secolo: la tradizione vuole che fosse molto amato dai bisognosi e dagli animali. Pare che buona parte dei frutti del suo lavoro nei campi lo destinasse ai poveri, e addirittura fosse avvezzo a lasciare nell'orto alcuni ortaggi a beneficio degli uccellini.
Questo amore per tutte le creature è evidente nella sua iconografia: Sant'Orso è riconoscibile grazie alla presenza costante di un uccellino sulla spalla.
Sant'Orso è noto per alcuni miracoli, grazie ai quali è riconosciuto come protettore dagli eventi calamitosi quali alluvioni, intemperie, ma anche siccità, malattie del bestiame e soprusi dei potenti; viene invocato inoltre in caso di parti difficili, reumatismi e mal di schiena.
La Fiera nei Giorni della Merla
Recenti studi sulle variazioni climatiche della Valle d'Aosta hanno dimostrato che, tra il 900 e il 1200, la regione ha conosciuto una fase mite: lo attestano documenti e cronache dell'epoca relativi, ad esempio, al più agevole passaggio attraverso alcuni valichi alpini rispetto ad oggi e alla diffusione di coltivazioni mediterranee quali vite e olivo. È la teoria dell'Optimum termico medievale.
Queste osservazioni non ci devono tuttavia portare fuori strada rispetto alle considerazioni in materia di cambiamento climatico: il riscaldamento del pianeta registrato a partire dalla seconda metà del XX secolo, per estensione spaziale e intensità di diffusione, continua a rimanere la più importante variazione climatica registrata negli ultimi 1200 anni.
Il 31 gennaio poteva considerarsi la fine della stagione fredda e il momento ideale per procurarsi gli attrezzi per la ripresa del lavoro nei campi.
È così che prende vita la Fiera di Sant'Orso, che inizialmente, oltre a durare un solo giorno, era anche più piccola: gli espositori si concentravano dall'Arco di Augusto alla Porta Pretoria.
Era l'occasione per vendere i prodotti di artigianato realizzati durante l'inverno. Il bisogno di costruire da soli gli utensili necessari per la vita di tutti i giorni utilizzando i materiali a disposizione (legno, pietra, lana e ferro) e il loro baratto in cambio di cibo, abiti o altri oggetti di uso comune è all'origine della fiera.
La prima menzione esplicita della Fiera risale a un documento datato 1243, nel quale il conte Amedeo IV di Savoia stabiliva che doveva svolgersi il 31 gennaio, dalle 8 del mattino fino al tramonto, dalla Porta Pretoria fino all'incrocio con la via Sant'Orso.
La Fiera di Sant'Orso in epoca moderna
A partire dagli anni '20 del secolo scorso, Jules Brocherel, conoscitore di storia valdostana e di cultura alpina, contribuisce alla popolarità e al prestigio della Fiera attraverso l'approfondimento di studi etnografici sull'artigianato valdostano.
Oggi, la Fiera anima tutto il centro storico di Aosta: non è più la Fiera del legno ma un'esposizione di artigianato e arte di grande richiamo.
Passeggiare tra le vie del centro, spesso seguendo un senso di marcia regolamentato, dato l'enorme flusso di persone che vi accedono, conserva comunque tutto il fascino delle antiche edizioni.
Gli oltre mille espositori sono ben equipaggiati: moderni abiti tecnici consentono di sorvegliare la loro bancherella nel clima di fine gennaio. Molti di loro sono dotati anche di stufe a legna, dove, se lo spazio lo consente, si crogiolano pentole in cui cuociono le specialità gastronomiche della Vallé: polenta, zuppe, stufato di cervo...
È la buvette, lo spazio vicino al banco, che ospita taglieri imbanditi e vin brulé in cui gli artigiani si ritrovano per rifocillarsi e chiacchierare. Nata dalla passata esigenza di chi, un tempo, arrivava nel capoluogo per esporre e doveva attrezzarsi per trascorrere in città due giorni e una notte, oggi è parte dello spirito di convivialità che contraddistingue la Millenaria.
Passeggiando tra le bancherelle...
Lo sguardo si posa rapito dalla bellezza dei tradizionali galletti, delle sculture in ferro, dei manufatti tessili e dei tanti complementi d'arredo, fino ad incontrare gli occhi degli artigiani. Sono occhi vivaci, sempre gentili anche quando, soprattutto davanti ai pezzi più importanti, la folla si ferma solo per scattare una foto.
La Fiera è l'occasione per farsi conoscere, mettere in mostra il risultato di un'idea creativa e delle tante ore di lavoro per metterla in pratica.
La vera essenza della Fiera è il tempo, a partire da quello che gli espositori dedicano alla realizzazione dei loro oggetti. Le opere esposte ci parlano di ore di lavoro: sogni e idee che si fanno materia. La pietra, il legno e il cuoio prendono forma seguendo il ritmo delle mani esperte che li lavorano.
E poi... tempo si traduce anche in 1025 edizioni di Sant'Orso, dove ricercare le radici più autentiche del popolo valdostano e in cui è sempre emozionante tornare ogni anno.