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E' di nuovo tempo di Baìo

Si stanno ultimando i preparativi per una delle più straordinarie feste popolari delle Alpi che si svolgerà a Sampeyre, in Val Varaita all'ombra del Viso, nei giorni 12, 19 e 23 febbraio 2017. L'ultima edizione è avvenuta cinque anni fa.

Per noi è l'occasione di riproporre - dal nostro archivio - l'articolo di Aldo Molino, pubblicato su Piemonte Parchi n. 212

  • Redazione
  • gennaio-febbraio 2012
  • Martedì, 10 Gennaio 2012
E' di nuovo tempo di Baìo

Torna dopo cinque anni la Baìo: 'antica festa alpina che affonda le sue radici in tempi remoti, in cerimonie primaverili di propiziazione dei nuovi raccolti con le quali si salutava il ritorno della "luce" dopo i bui mesi invernali.

La festa, attraverso i diversi periodi storici, si è andata caricando di nuovi simboli che si sono sovrapposti ai precedenti fino ad assumere la struttura attuale. Una tradizione, consolidatasi in tempi relativamente recenti, ma che si è radicata profondamente nell'opinione popolare, indica la Baìo come un ricordo, una rievocazione storica delle incursioni di predoni saraceni che verso l'anno mille, provenienti dalle coste della Provenza, avrebbero terrorizzato la valle Varaita: la popolazione locale, insorta in armi, avrebbe liberato la propria terra da questo pericolo.

La Baìo è considerata dalla gente del luogo come una festa di libertà, di unione e di pace, caratteristiche senza le quali non avrebbe ragione di esistere.

"Sampeyre, di nuovo è Baìo" di Aldo Molino - dal nostro archivio Piemonte Parchi n. 212/gennaio 2012 

Epifania. È ancora buio quando i gruppi di giovani percorrono le strade e i viottoli di Villaro (lou Vilar), Calchesio (Ciuceis), Rore e Piazza (Piasso) facendo riecheggiare l'acuto-richiamo "baìo. baìo" accompagnandosi con il suono degli strumenti tradizionali.
Al richiamo rispondono gli Abà, i capi della festa che si consultano e se accettano di far baìo, espongono al balcone il drappo, la bandiera. È questo il segnale che la festa può cominciare.

Dopo cinque anni è ancora "baio" e il rito-festa millenario può nuovamente tornare in scena. Le donne rispolverano dai bauli i costumi, i nastri vengono rinfrescati, la complessa macchina organizzativa si mette in movimento. Siamo a Sampeyre, in media Val Varaita, dove la comunità locale periodicamente ripropone a se stessa e a un pubblico sempre più numeroso quella che è una delle più straordinarie feste folcloriche delle Alpi e del mondo occitano.

Narra la leggenda che in un imprecisato e oscuro Medioevo le valli fossero invase e taglieggiate (forse con la complicità di signorotti locali) dai feroci predoni saraceni (nel 906 erano alla Novalesa, nel 937 bruciarono l'abbazia di San Gallo). I valligiani però seppero organizzarsi e le milizie popolari scacciarono gli oppressori (altri predoni nord-africani anche nei secoli successivi comunque taglieggiarono il Piemonte, uno di questi avvenimenti ad esempio è ricordato dal "Reggimento degli spiantati" di Castelletto Stura) Per celebrare la ritrovata libertà, grandi cortei percorsero la valle.

La "baìo", secondo la tradizione comunemente accettata, vuole ricordare quegli avvenimenti, anche se in realtà molto probabilmente si tratta di una spiegazione a posteriori di un rituale che affonda le sue origini nel più lontano folclore alpino che nel tempo si è arricchito via via di nuovi elementi mentre altri sono caduti nell'oblio. Il periodo nel quale si svolge è quello di carnevale dall'Epifania al Giovedì grasso, ma pur contenendo molti elementi carnevaleschi è qualcosa di diverso e di più antico.

A Sampeyre è semplicemente " baìo" e pur di partecipare ci si mette in ferie e gli immigrati tornano anche da molto lontano (naturalmente ci sono anche i "bastian contrari"). Niente Pro Loco, niente comitato promotore, niente associazioni: la festa spontaneamente nasce nella vita delle borgate e si auto-organizza la propria struttura. A ogni edizione i partecipanti (la regola vale soprattutto per lo stato maggiore) hanno un passaggio di livello per poi ricominciare da capo, se è il caso dopo 20 anni. Difficile quindi essere abà per più di due volte. Anche perché l'ambita e riverita carica costa parecchio dovendo sobbarcarsi parte delle spese della festa. Si dice che un tempo l'abà vendesse una vacca della stalla. Alle donne che per ora continuano a non partecipare alle sfilate (i figuranti sono tutti maschi) spetta il compito di organizzare i costumi e soprattutto di prendersi cura dei nastri, centinaia di metri di nastri di seta di che adornano i costumi.

Nella seconda metà del secolo scorso la baìo ha rischiato di andare in crisi per la mancanza di nastri. I costumi necessitano infatti di centinaia di metri di nastri di seta, quei nastri che facevano parte dei costumi tradizionali e che erano dalle donne acquistate dai merciai ambulanti che spesso li portavano dalla Francia. La chiusura di molti setifici e l'abbandono delle produzioni nel secondo dopoguerra hanno di fatto azzerato la possibilità di avere "bindei" nuovi che sostituissero quelli deteriorati. I nastri di cotone non erano la stessa cosa. Grazie all'interessamento di alcuni valligiani dopo affannose ricerche è stato possibile rinvenire a Saint Étienne un'azienda disposta a riprodurre fedelmente gli antichi nastri.

I veri testimoni della tradizione sono però i musicisti. Il ballo occitano è oggi fenomeno di moda e i corsi dove vengono proposti sono sempre più affollati e richiesti. Se questi balli si sono conservati e sono oggi una realtà vitale, molto è dovuto al fatto di essere stati indispensabile supporto alle feste. In questo senso la baío di Sampeyre ha avuto un ruolo decisivo nel conservare le melodie della tradizione. Nei tre giorni e nelle notti di festa, nelle piazze, nelle case private nei luoghi pubblici è un continuo rincorrersi di gigo, courento e countradanso. Un organetto (la fisarmonica diatonica) un violino e la danza rinasce spontanea: giovani e vecchi ritrovano nei passi antichi una ragione di essere e un'identità, quella occitana, mai venuta meno. Suonare alla baìo è un onore, a cui aspirano tutti i musicisti della valle e non solo. Prima però bisogna essere ammessi e dimostrare di possedere il "gheddo", lo spirito interpretativo adatto.

Come molte manifestazioni folcloriche anche la "baìo" presenta due aspetti ben distinti: il primo quello delle sfilate e dei balli in piazza per il pubblico e dei turisti, l'altro, più specifico, quello vissuto dai partecipanti e dalla comunità. Si dice baìo ma in realtà le baìo sono quattro ciascuna con i suoi abà ciascuna con i suoi figuranti... In tutto sono oltre trecento i partecipanti. Un tempo un corteo autonomo era attivo anche a Becetto ma dopo gravi disordini quella baìo venne bandita all'inizio del secolo scorso e la bandiera bruciata. Oggi gli abitanti di Becetto partecipano alla baìo di Rore.

Lo svolgimento apparentemente è semplice: la terz'ultima e la penultima domenica di carnevale, le baío sfilano con modalità diverse da borgata a borgata incontrandosi poi , ma non tutte, sulla piazza del capoluogo. Il giovedì grasso tutti e quattro i cortei si incontrano nella mattinata nel capoluogo a Sampeyre, mentre al pomeriggio in ciascuna delle borgate va in scena il processo del tesoriere. È questo uno dei momenti più partecipati, perché in quella che è una tipica farsa carnevalesca le malefatte e gli intrighi delle piccole comunità vengono resi pubblici. Il Tesoriere è accusato di tutto questo, il capro espiatorio per liberarsi del Vecchio e iniziare una nuova annata. Il poveretto fugge, viene infarinato e condannato. Ma l'invocazione di due Ragazze del paese che ne chiedono la grazia lo salverà dal tragico destino. Soltanto a Villaro viene preso in consegna dai Granatieri e fucilato, ma il malcapitato prontamente resuscita. È questa tra le borgate quella che ha conservato i caratteri più antichi anche per il fatto che la baìo è stata ripresa dopo un lungo periodo di assenza nel 1982.
La sfilata è aperta dalle Sarazine, i bambini più piccoli che con i loro fazzoletti segnalano che la via è libera e il corteo può procedere. Seguono le Signurine, vezzosi bambini più grandicelli, i Sapeur con le robuste scuri con le quali abbattono le barriere (grossi tronchi metaforicamente messi di traverso dai saraceni in fuga, ma che sono l'occasione per l'offerta ai partecipanti al corteo di un rinfresco da parte di chi ha messo la barriera). Seguono i Grec, dai costumi esotici, prigionieri liberati, gli Escarlinier, la fanteria dell'esercito valligiano, dotati di una mazza adorna di campanelli a rappresentare lo spirito della vegetazione. Gli Sposi sono il presente, le nuove coppie che riformandosi garantiscono la continuità della collettività. Quindi vengono i Segnouri, la borghesia locale, e i suonatori, l'anima del corteo. La musica precede gli Alum, lo stato maggiore della festa formato dai due tenenti, i due portabandiera (saranno loro tra cinque anni i nuovi abà) gli abà in carica, il Tesoriere e il Segretario. Sono scortati dagli Usuart, la guardia del corpo armati di fucile e con alti, addobbati copricapi.
Le baìo di Piazza e Calchesio sono dotati anche di propria Cavalleria, solamente nel capoluogo troviamo invece i mori dai volti dipinti di nero con al seguito un asino e i Turc che viaggiano due a due uniti da una catena. Troviamo poi alcune coppie di personaggi molto particolari senza fissa dimora. I Cantinieri, il cui compito è quello di spegnere l'arsura dei convenuti, il Vecchio e la Vecchia a simboleggiare il passato che se ne va ma anche in omaggio ai riti di fertilità, un buon auspicio per la nuova stagione. Infine gli Arlecchini, autentici istrioni dal cappello adorno di gusci di lumaca con funzione di servizio d'ordine, che dialogano con il pubblico spaventandolo con code di topo o di scoiattolo. Con l'uscita di scena di Segretario e Tesoriere e con l'investitura di chi tra cinque anni inizierà la propria carriera tra gli Alum i festeggiamenti terminano.

Ma ci sarà ancora spazio per i ragazzini che il Martedì grasso in ossequio al carnevale si aggireranno per le borgate con la faccia tinta di nero: i "Magnin". In via Roma 27, "la main street" del capoluogo, tra un ballo e una sfilata, il museo etnografico (ingresso libero, info in Comune tel. 0175 977 148) è l'occasione per conoscere meglio la realtà locale. Il museo ospita in una decina di sale attrezzi da lavoro agricolo, per la panificazione, la lavorazione della lana; la ricostruzione di una vecchia classe con banchi e lavagna; dei laboratori di un maniscalco e di un fabbro, nonchè dei costumi tradizioanali, una collezione di modelli con i personaggi delle "baìe" e gli autentici drappi delle quattro baìe di Sampeyre.

Sfoglia qui l'articolo di Piemonte Parchi in formato pdf (pag. 14-17)

 

Per saperne di più:

 

Scarica il manifesto della Baìo - edizione 2017

Leggi la recensione del volume 'Un certo sguardo. elementi di ricerca sul campo: il caso della Baìo di Sampeyre'

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