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Marmo Rosa per il Duomo

La cattedrale di Milano come si sa è stata costruita in gran parte con marmi piemontesi, non solo di Candoglia, ma anche di Ornavasso in Val d'Ossola.

  • Claudia Chiappino
  • novembre 2011
  • Mercoledì, 30 Novembre 2011

Le grotte di Monte Massone La particolarità dell'Antica Cava di Ornavasso è che durante gli scavi delle gallerie, è stato intercettato un sistema carsico anch'esso sviluppato nei marmi della Formazione Kinzigitica. Le esplorazioni sistematiche del Complesso di Monte Massone però vennero fatte solo agli inizi degli anni novanta ad opera di speleologi del Gruppo Grotte CAI Novara, accedendo dall'interno dalla galleria bassa di estrazione, rilevando 2150 metri di ambienti vari (compresi 670 m di gallerie artificiali) e con una profondità di 212 metri. Il complesso, suddiviso in quattro livelli si apre a monte con una grande voragine a cielo aperto profonda 55 metri che porta alla zona alta del sistema. Gli ambienti presentano morfologie diverse, come gallerie a pressione, gallerie con forme varie, meandri e sale di discrete dimensioni. Alcuni di questi presentano anche concrezioni. Particolari la presenza di stalattiti e stalagmiti di argilla e di vaschette di ossidi di ferro. Al primo livello convergono alcuni ruscellamenti formando dei sifoni, i quali fuori escono da due sorgenti. Info Le grotte delle provincie di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola G.D. Cella, M. Ricci (Associazione Gruppi Speleologici Piemontesi, 2004).
Per ogni tipo di informazione si può scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure telefonare al: 0324 346102 Info: Le notizie sono tratte dal libro Il percorso dei marmi. Dalle cave di Candoglia e Ornavasso al Duomo di Milano di Clara Moschini, 2005 Skira editore, Milano. Un particolare ringraziamento va a Stefano Zucchi, ultimo rappresentante di una stirpe di cavatori e attuale gestore della cava nuova, con augurio che la sua attività possa essere spinta dal suo entusiasmo... in misura proporzionale!
Da sempre, nell'immaginario collettivo, Candoglia è la cava principale del Duomo di Milano; pochi sanno che, per cinque secoli, le cave di Ornavasso hanno contribuito alla sua costruzione, seppur con modalità di sfruttamento diverse. È opportuno far luce su questa vicenda, "dare a Cesare quel che è di Cesare", restituendo la giusta fama al giacimento "gemello" della Cava Madre, perché la storia umana e mineraria di questo sito possa essere conosciuta. La Storia Ornavasso di trova all'inizio della Val d'Ossola sul versante opposto a Candoglia, sulla sponda destra del fiume Toce; dalla fine del XIV secolo, secondo Cesa Bianchi, architetto della Veneranda Fabbrica, "la locale colonia tedesca, a differenza delle altre colonie vicine, ebbe uno speciale reggimento; tant'è vero che le riuscì di salvaguardare l'indipendenza del proprio possesso (fra cui figuravano le cave di marmo) e di ogni esercizio nello stesso, più che ogni altra comunità". Questa comunità, caratterizzata da un forte spirito di autonomia, "vista la grande e straordinaria attività della Fabbrica", ha esercitato in proprio l'escavazione del marmo per portarlo alla Fabbrica del Duomo di Milano. Interessante sarebbe indagare l'effettivo inizio dell'attività estrattiva a Ornavasso; difficile credere che i gestori privati delle cave abbiano potuto offrire, nei primi anni della costruzione della cattedrale milanese, marmi lavorati senza avere alle spalle una solida tradizione. Si è potuto ricostruire l'importante contributo che i marmi di Ornavasso hanno dato all'edificazione del Duomo e anche alla costruzione di altri importanti monumenti milanesi "che a vederli in oggi ne fa esclamare: Oh! Il bel marmo del Duomo!..." ma la notizia esatta è la certezza che in alcuni notevoli monumenti abbia avuto parte il marmo di Ornavasso. Per il tiburio di Santa Maria delle Grazie vengono richieste sei grandi navi di marmo quod appellatur bastardum, il cosiddetto marmo grigio del Boden fornito da una cava, sempre in Ornavasso, ma ubicata più in alto rispetto a quelle di marmo rosa. La definizione di "marmo bastardo" era stata data dal Filarete nel suo trattato di architettura, in quanto non era un vero e proprio marmo, ma un calcescisto che differiva per colore e consistenza. Purtroppo, questa sua definizione sarà una condanna per tutto il marmo di Ornavasso che erroneamente sarà confuso con il marmo bastardo. Le informazioni disponibili sull'attività delle cave, sulle maestranze e sulle tecniche di coltivazione sono scarse e non sufficientemente indagate; per analogia, si è ritenuto di far riferimento all'invece ricca documentazione esistente sulle cave di Candoglia. Secondo Cesa Bianchi, la cava di Ornavasso menzionata in bibliografia diverse volte fin dal 1387 era quella della Torre, dalla torre cosiddetta Lombarda nei pressi della Chiesa della Guardia, dirimpetto al monte di Candoglia, circa alla stessa quota della cava delle Piane. "Era una cava grandiosa, facilmente raggiungibile, affondata in un rilevato incassamento aperto, nella scoscesa del monte, larga due volte e più la larghezza dell'incassamento della cava della Fabbrica". Sul monte esistevano anche altre cave, come quella chiamata del Sarazino (citata per la prima volta nella Convenzione del 1476 tra la Fabbrica del Duomo e il proprietario Gianni Ronco, per la fornitura di 3000 centenara annue di marmi: 1 centenaro equivaleva a 76 kilogrammi), o quella della Calmatta, o ancora la Ghirvo. Alla fine del XIX secolo tutte le cave di Ornavasso erano inattive e soltanto nel primo decennio del 1900 si riprenderà l'escavazione. L'opinione largamente consolidata già dall'antichità, espressa da Filarete nel suo trattato, era che i marmi "i principali e quelli che sono i più belli e più gentili (...) si nascono in genovese, cioè a Carrara". Tuttavia il viaggio lungo e difficoltoso che dovevano percorrere li rendeva costosi e poco impiegati nell'architettura milanese, dove erano utilizzati solo per la statuaria. Il Bianchi, dopo aver sposato a lungo la convinzione che la qualità del marmo rosa di Ornavasso fosse inferiore a quella del giacimento di Candoglia, giunse infine alla conclusione che "...il marmo di Ornavasso convenientemente purgato dalla gran quantità di scarto che si forma per derivarlo non è secondo allo stesso suo identico di Candoglia". Ebbe quindi inizio l'attività intensiva degli imprenditori di Ornavasso, anche se le quantità di materiale da taglio provenienti da queste cave saranno sempre trascurabili rispetto a quanto derivato dalla cava di Candoglia. La prima annotazione che troviamo negli Annali, relativa all'acquisto di marmi dalle cave di Ornavasso, è del 19 febbraio 1391: "deliberarono comperarsi le lastre del marmo di Ornavasso ai prezzi, patti e forme altre volte deliberati", a conferma di una consuetudine già consolidata in precedenza. La regolarità delle forniture del marmo e di tutti i materiali che servivano per la costruzione del Duomo dipendeva, in gran parte, dal buono stato delle vie d'acqua di cui il Consiglio della Fabbrica si era fatto garante. Dagli Annali ricaveremo l'informazione che i marmi acquistati dai teutonici di Ornavasso erano di buona qualità, paragonabili a quelli della Fabbrica, con il vantaggio di costare un terzo di meno. La Fabbrica trovava più conveniente "acquistarsi il marmo da quelli di Ornavasso piuttosto che cavarlo dalle sue cave". I deputati della Fabbrica rivolsero frequenti richiami alla correttezza di gestione degli impresari, responsabili delle cave, attratti dalle richieste dei privati e sempre meno attenti alle necessità del cantiere milanese; la delibera del 1444 prescriveva agli ufficiali che "dalle parti del Lago Maggiore non avessero a vendere né marmo né serizzo, sotto la penalità di dieci fiorini d'oro cadauno in caso di contravvenzione". Era una somma molto alta, pari a circa il salario mensile dell'ingegnere capo della Fabbrica; questo testimonia come la situazione fosse sfuggita di mano e quanto prevalessero gli interessi degli impresari rispetto a quelli della Fabbrica. Contemporaneamente, le forniture dalla cave di Ornavasso continuarono; verso la fine del XV secolo la gestione del cantiere estrattivo di Candoglia creò grossi problemi alla Fabbrica, che si vide costretta ad appaltare le cave. Le ragioni furono svariate: abbandono, mancanza di buongoverno, o semplicemente la tendenza locale a far man bassa di marmi. Verso la fine del Quattrocento ci furono anche altri problemi; si riaprirono le contestazioni tra il duca Gian Galeazzo Maria Sforza e il conte Vitaliano Borromeo; il secondo rivendicava per gli uomini di Mergozzo il diritto, come in passato, per operai e "convenzionati", di cavare marmo in tutte le "prederie" del Mergozzone. In quel periodo l'attività delle cave continuò malgrado le diverse difficoltà; la Fabbrica forniva marmi anche alla Certosa di Pavia, a diverse dimore private, nonché per la sistemazione di alcune chiese milanesi. Gli appalti durarono diversi secoli e solo nel 1862 l'Amministrazione della Fabbrica tornò alla gestione diretta delle sue cave. La situazione attuale Da qualche anno un settore della cava – un grande camerone caratterizzato da buone condizioni di stabilità e da un interessante spaccato sulla sezione geo-giacimentologica e sulle tecniche di taglio al monte – è diventato un museo minerario, visitabile accompagnati dalle guide locali. Come esempio di recupero e valorizzazione di sito estrattivo dismesso, può dire la sua; è infatti una suggestiva location anche come set, per servizi fotografici, video, cinema.

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