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La sorveglianza si colora di rosa

In questo articolo, comparso sul numero 115 del 2002 di Piemonte Parchi, Nicoletta Fedrighini affrontava il tema del lavoro femminile nelle aree protette della nostra regione.

  • Nicoletta Fedrighini
  • Aprile 2023
Mercoledì, 12 Aprile 2023
Guardiaparco delle Cozie ad una manifestazione di divulgazione naturalistica - Foto arch. AAPP Alpi Cozie Guardiaparco delle Cozie ad una manifestazione di divulgazione naturalistica - Foto arch. AAPP Alpi Cozie

Chi si aspetta di vedere donne esaltate e muscolose come "rambo" in divisa, rimarrebbe sicuramente deluso. La prima impressione che si ha incontrando Raffaella Miravalle, guardiaparco al Parco Nazionale Gran Paradiso da quasi due anni, è di una persona semplice e un po' timida, una giovane donna dallo sguardo sereno e il sorriso dolce, che senza ostentazione mantiene intatta la sua femminilità. Ma anche la sua determinazione. Volendo conoscere le motivazioni che l'hanno spinta a scegliere questo mestiere, Raffaella risponde con la naturalezza di chi pensa sia la cosa più normale di questo mondo: "Fin da piccola ho sempre avuto questa passione. Già mio papà doveva fare il guardaparco proprio qui, al Gran Paradiso. Poi, per motivi di lavoro, non ha potuto farlo. Avrebbe dovuto stare nell'alloggio di Ceresole Reale dove adesso ci sono io. Mi portava sempre in giro in montagna in Valle Orco, e io tenevo un diario dove annotavo tutto ciò che osservavo e che mi colpiva. Insomma, diventare guardaparco è sempre stato un mio sogno. E adesso finalmente l'ho realizzato". Sorride soddisfatta, anche se racconta la fatica dei primi mesi di lavoro.

In attesa di un alloggio a Ceresole, tre mesi invernali in un campeggio deserto, senza bagno né acqua. Ma ricorda con piacere anche questo periodo: "Guardavo per ore e ore con il binocolo dalla finestra tutti gli animali che mi passavano vicino. Era uno spettacolo stupendo". Raffaella presta servizio in alta Valle Orco, da Ceresole Reale in su, assieme con altri tre colleghi, uomini. E sì, perché su 62 dipendenti del servizio di sorveglianza, solo cinque sono donne, di cui tre assunte di recente. "Spero che con il tempo diventino di più. Non si vuole rivoluzionare il parco: ma ci siamo anche noi". In effetti il guardiaparco è sempre stato un mestiere tipicamente maschile. "Persino gli zaini che portiamo durante il servizio sono stati studiati sugli uomini. Per noi donne, gli schienali risultano scomodi. Ma per fortuna presto ce li cambieranno".

Certo, i ritmi di lavoro sono piuttosto pesanti: dall'alba al tramonto spesso in quota, vivendo nei casotti in solitudine e senza tornare a casa per periodi da due a sei giorni, si affrontano, a volte, pericoli e situazioni difficili. Non lo si può definire uno stile di vita "ordinario". Sarà per questo che ancora oggi alcuni guardiaparco ostentano un certo "machismo" e una malcelata competizione... Ci sono anche alcune guardie che sostengono che questo non è un lavoro per le donne. "Ma molti colleghi anche con anzianità di servizio, racconta Raffaella, pensano invece che la presenza femminile sia un arricchimento, soprattutto in termini di maggiore sensibilità". Si sfata così il mito che per diventare guardiaparco occorra essere superdotati. Certo, una buona condizione fisica è fondamentale. In generale, aggiunge, "i rapporti con i colleghi sono buoni, non c'è alcuna rivalità fra noi". Sembra ormai superata la fase in cui le donne sentivano il bisogno di dimostrare agli uomini che valevano quanto loro. "Sono cosciente della mia minore forza fisica: una volta ho voluto provare a caricarmi sulle spalle un camoscio adulto, ma non ce l'ho fatta. Ma non per questo mi sento inferiore ai miei colleghi uomini. Piuttosto sfrutto altre mie capacità ingegnandomi nel lavoro in altri modi".

La solitudine non sembra essere un problema: "Possono passare giorni al casotto in quota, senza vedere nessuno. Si impara a stare soli, e la cosa non mi dispiace. Piuttosto il rischio è abituarsi troppo a questa situazione. Mi è capitato di trovarmi in birreria con degli amici dopo giorni passati nel silenzio della montagna e mi sono sentita un po' spaesata in mezzo a tanta gente". Ma tutto viene superato dall'entusiasmo per il lavoro. "Stare in continuo contatto con la natura per me è il massimo. Molte volte si lavora assieme con i colleghi in pattuglia, e gli eventuali rischi diminuiscono. Poi abbiamo le radio e altri apparecchi che garantiscono una maggiore sicurezza sul lavoro".

Ma esiste qualche aspetto meno piacevole dell'essere guardiaparco? "Mi piace poco constatare che, in alcuni periodi dell'anno, è davvero alto il numero di turisti senza un minimo di sensibilità ambientale. E diventa difficile dialogare con loro", confessa Raffaella. "Ma sono solo le mie prime estati di lavoro al parco, poi probabilmente mi abituerò".

Al Parco delle Alpi Marittime, i turni di lavoro sono più "normali" e non capita quasi mai di dover stare fuori più giorni. Qui, nel 1993, Laura Martinelli è stata la prima donna assunta come guardiaparco: "Devo dire che i miei colleghi hanno avuto subito un atteggiamento protettivo nei miei confronti, : considerandomi un po' la mascotte del gruppo. All'inizio, con i guardiaparco più anziani, c'era un po' d'imbarazzo reciproco quando si era di turno sul territorio, ma poi pian piano i rapporti sono diventati molto più rilassati". Laura, laureata in biologia a Torino, ha sempre amato la montagna. Durante l'università ha svolto attività di volontariato proprio nella stessa area protetta, allora Parco dell'Argentera, e dopo la laurea è riuscita a effettuare i sei mesi di tirocinio obbligatori sempre al parco. "Ho dovuto fare uno studio sui parassiti dei topi per la facoltà di Veterinaria e non è stato proprio un gran che: dovevo catturare degli animali che poi venivano uccisi per fare le analisi...".

Poco dopo un concorso da guardiaparco alle Marittime apre a Laura ancate le porte su un mondo affascinante e a lei più consono, a salvaguardia della natura e a stretto contatto con gli animali. Senza offesa per i "parassitologi" che svolgono un lavoro altrettanto importante, sempre a contatto con gli animali ma, forse, un po' meno "trascinante" per i non addetti ai lavori.

Ben presto Laura si è resa conto che la sua laurea in biologia non le sarebbe servita molto sul lavoro: "Mi è stata utile per affrontare il concorso, essendo già abituata a studiare e a scrivere. Ma poi, sul lavoro, ho constatato subito che sapevano molto di più i miei colleghi più anziani, magari con solo la terza media, di quanto non avessi imparato io all'università". E questo non stupisce affatto. Capita che chi esce dalle facoltà biologiche sappia tutto sui parameci, ma poi nell'ambiente naturale non sia in grado di distinguere uno stambecco da un camoscio, o un pino da un abete, a meno che non vi sia un interesse personale.

Laura ha colto subito lo spirito giusto con cui affrontare il lavoro, e oggi racconta di un sereno rapporto con i colleghi. Oltre ai tradizionali compiti di sorveglianza, partecipa attivamente al progetto di reintroduzione del gipeto sulle Alpi: ne segue il rilascio ogni due anni al Parco delle Marittime e fa parte del Coordinamento della Rete osservatori delle Alpi Occidentali, che ha il compito di raccogliere tutte le segnalazioni di gipeti rilasciati e inviarle a una banca dati centrale, in Austria. Attività, dunque, molto diversificate per i guardiaparco: "Il bello di questo lavoro è che non è mai monotono", confida Laura.

Un settore importante che sta crescendo molto negli ultimi anni è l'educazione ambientale con le scuole di cui si occupa Gabriella Cavagnino, anche lei guardiaparco biologa assunta poco dopo Laura alle Marittime. Sono loro due le uniche donne del servizio di sorveglianza del parco su un totale di 17 persone.

Ma non tutte hanno seguito lo stesso iter per approdare al mestiere di guardiaparco. Fa eccezione Carmela Caiazzo che, da tecnico elettronico, è diventata, nel 1982 guardiaparco al Parco fluviale del Po, tratto alessandrino (allora non ancora istituito, ma presente in nuce nella Riserva naturale della Garzaia di Valenza). "In quegli anni non si volevano assumere donne come guardiaparco, racconta schietta Carmela, ma dopo aver ottenuto il punteggio più alto al concorso, non hanno potuto fare altro che assumermi". Vent'anni fa la mentalità in questo settore era molto più chiusa di adesso: "All'inizio, quando ero di servizio con un collega e fermavamo dei cacciatori, non mi rivolgevano nemmeno la parola, ma parlavano solo con l'uomo".

Nonostante questi casi episodici, sconfinati talvolta in pesanti battute, oggi, da quanto raccontano le protagoniste femminili, emerge una mentalità più aperta che considera la presenza delle donne nel corpo si sorveglianza, non un motivo di conflitto, ma un arricchimento. Attualmente tra i guardiaparco regionali (182) le donne sono 24 cioè una su sette. Le mansioni delle guardie sono poi più diversificate di un tempo: per esempio, nel Parco del Po torinese, Laura Succi, guardiaparco da cinque anni, si occupa quasi a tempo pieno della promozione del parco. Percentualmente più numerose le direttrici di area protetta: nove su ventinove enti di gestione. Una sorta di record di cui la Regione va anche fiera: Patrizia Rossi alle Marittime, Elena De Filippi al Sacro Monte di Varallo, Marilena Carmellino nel parco dell'Alta Valsesia, Stefania Grella alla Mandria, Simonetta Minissale al Sacro Monte di Domodossola, Loredana Racchelli a quello di Orta, Laura Castagneri nel parco dell'Orsiera, Nicoletta Furno alla Burcina e Rosetta Alba Di Stefano in Val Grande.

Ciò che accomuna tutte queste donne, e che è il loro punto di forza, è la tenace motivazione che le ha spinte a scegliere un lavoro in cui credono fermamente lavorare con passione per la natura è la loro vita.

 

Nicoletta Fedrighini è laureata in Scienze naturali. Lavora da molti anni per il Parco nazionale del Gran Paradiso, dapprima nell'ambito di una cooperativa, mentre dal 2010, in seguito ad un concorso, è stata assunta dal Parco e riveste il ruolo di funzionaria dell'Ufficio Comunicazione, Turismo e Promozione, Educazione Ambientale.

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