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La storia del Bosc Grand

E se un bosco protetto in un sito di interesse comunitario non fosse un problema ma una risorsa? Anzi, di più: un'innovazione che porta lavoro e benessere alla sua Comunità? Questo è il segreto del Bosco Grande di Casalborgone in un racconto a più voci della sua Gente.

  • Laura Succi
  • Febbraio 2021
Lunedì, 8 Marzo 2021
Panorama nel SIC del Bosc Grand, non lontano dall'Area protetta del Bosco del Vaj, sulla collina torinese il rilievo boscato fa da sfondo ad un campo di grano coltivato e già maturo | Foto T. Farina / CeDrap Panorama nel SIC del Bosc Grand, non lontano dall'Area protetta del Bosco del Vaj, sulla collina torinese il rilievo boscato fa da sfondo ad un campo di grano coltivato e già maturo | Foto T. Farina / CeDrap

 

Tutto è iniziato con un gran subbuglio, o meglio con un gran 'mal di pancia': quello di chi si è trovato a un tratto ad avere i terreni ricompresi nell'allora Sito di Interesse Comunitario "Bosco del Vaj e Bosc Grand" (ora Zona Speciale di Conservazione - ZSC), uno dei siti di Rete Natura 2000, parzialmente compreso nelle Aree protette del Po.

Partiamo da qui. "L'inizio non è stato per niente facile, racconta Francesco Cavallero, sindaco di Casalborgone. I proprietari dei terreni non l'hanno presa bene, convinti com'erano che l'azione di tutela dei boschi si traducesse in un blocco delle loro attività. D'altro canto, noi amministratori eravamo invece dell'idea che la tutela dell'area potesse trasformarsi in una risorsa. Detto questo, abbiamo immaginato una formula che potesse creare un'aggregazione stabile per rendere da un lato agevole l'accesso a contributi e finanziamenti, e dall'altro che questi garantissero il miglioramento del bosco a favore di tutta la comunità: sicuramente in questo processo è stata indispensabile la collaborazione con il parco che nei fatti ha dimostrato che un'area protetta può essere gestita senza penalizzare gli abitanti e i proprietari" dei terreni.

Ornella Cravero, rappresentante della Coldiretti, condivide questa prospettiva, e pian piano, ragionando a mente fredda, anche tanti altri si uniscono, ciascuno con la propria sensibilità e le proprie aspettative, cosa per nulla scontata: "Così è nata l'Associazione Gente di Bosc Grand, un modo per ricavare una piccola rendita dai boschi di famiglia da investire per migliorare il territorio: 27 proprietari e il Comune di Casalborgone, che ha conferito i 10 ettari del Bosco delle Quaglie, quasi 100 ettari di bosco in tutto".

Un bosco condiviso

Ma questo è solo l'inizio della storia. Quello che si vuole fare è arrivare a condividere i 1.340 ettari dell'intero Bosc Grand (di cui circa 1.000 di bosco): ora la vera sfida degli associati è riportare nel progetto comune tutti i pezzettini di terreno, perché solo insieme si possono realizzare progetti altrimenti impossibili. Di certo non sarà facile: il Bosco è suddiviso in molte particelle e parecchi appezzamenti sono al di sotto della giornata – una misura usata in Piemonte e che qui vale 3.810 m2 – dunque tanti piccoli proprietari non sanno neanche più di avere un pezzo all'interno del Bosco, o se lo sanno magari ormai vivono lontani e non se ne occupano.

Il Comune di Casalborgone crede molto in questo progetto, convinto che un'associazione di gestione del territorio sia determinante per contrastare l'abbandono del bosco che è diventato evidente negli anni. Da sapere che il Bosc Grand è una della più grandi aree boscate della collina torinese ed è doppiamente importante, sia da un punto di vista ambientale che di gestione forestale.

L'Associazione ha già avuto accesso a contributi di modico valore dalla 'Misura 12 del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) siti della Rete Natura 2000': "Questo piccolo gruzzolo ci è stato utile; grazie a questi soldi abbiamo potuto accedere alle risorse di un altro bando PSR, alla Misura 16 (progetto «Bos.Cor») per predisporre un Piano di gestione forestale per i nostri associati, dice Cravero. Il lavoro è già iniziato ed è affidato ai tecnici forestali Davide Benedetto e Martina Bricarello, con il coordinamento di Guido Blanchard". Pure questo Piano di gestione rientra tra le cose inaccessibili ai singoli, perché si tratta di intervenire su un territorio vasto. Altro aspetto positivo di quest'ultimo PSR è stato l'occasione di entrare in contatto con la Partecipanza dei Boschi di Trino, che è un ottimo interlocutore per affrontare problemi comuni.

Cosa pensano i proprietari

Come tutti i proprietari Francesco Bastianini ha aderito all'Associazione per tanti motivi e lo stimolo economico è stato importante, non lo nega. Ma quando si è trattato di decidere se tenersi la parte che gli spettava – e che avrebbe potuto venir suddivisa tra tutti i proprietari sulla base della dimensione del proprio terreno – o di farne un bene comune a disposizione di ambizioni più grandi, si è trovato d'accordo con gli altri proprietari e ha scelto la seconda via. Di fronte alla sua casa c'è un'ampia distesa di bosco e dice: "Sono un architetto col pallino dei boschi e credo nella possibilità di combinare lavoro e cura dell'ambiente. Dopo la laurea mi sono specializzato in ingegneria naturalistica proprio perché sono convinto che per valorizzare i nostri territori si debbano usare tecniche che rimandano alla natura; ad esempio, per mettere a posto frane e versanti poco stabili si possono utilizzare i nostri pali di castagno anziché il cemento. Questo bisogna fare, questo mi piace fare e questo sono io, che oggi ho un'azienda specializzata in questo settore".

E poi, come non vedere in questo rigoglioso verde il vantaggio di lavorare vicino a casa facendo un mestiere che appassiona? Meglio ancora se accompagnati. Così è nata una rete di imprese – oggi sono tre le imprese specializzate in lavori forestali nella zona – una modalità di condividere le idee e di rendere più economica la gestione: spostare i macchinari costa e incide sul costo del legname. Anche sistemare strade e sentieri costa, ma se viene fatto per la gestione forestale, diventa economicamente sostenibile. Oltretutto di questi tempi si sa quanto le belle passeggiate in posti non affollati siano un bene di prima necessità.

Ermes Camino è stato della partita fin da subito: "Ho trent'anni e ho voglia di immaginare un futuro diverso. Mi sono detto: se provo a cambiare qualcosa nel mio modo di vedere potrei scoprire che le mie esigenze coincidono con quelle degli altri". Il suo proposito è far evolvere l'azienda specializzata nella produzione di legna da ardere che era già di suo nonno. Ma non è tutto qui: "È una questione di benessere, di utilità e di condivisione, se entri in un'associazione che ha l'obiettivo di valorizzare il territorio sai che in un modo o nell'altro avrai benefici anche tu insieme agli altri".

Fernando Dughera, o Ferdinando come lo chiamano gli amici, è la memoria storica del bosco; la sua azienda agricola è infatti annidata nella macchia, la sua terra l'ha seguita e curata fin da ragazzo, sempre in giro sul suo trattore, fu acquistata da suo padre negli Anni '50 dai Levi che avevano molte proprietà a Casalborgone. Fernando oggi è il proprietario con più terreni nel Bosc Grand e ancora prima di altri si è sentito toccato dall'istituzione del SIC (il Sito di Interesse Comunitario): "Non nascondo di non averla presa bene, poi a ben pensarci ho fatto di necessità virtù e l'associazione a questo punto è diventata l'occasione di fare economie su tutte quelle attività che possono essere messe in comune, la pulizia delle piste forestali per esempio".

Un altro aderente all'Associazione è Valter Lana che insieme alla moglie Franca e al figlio Lorenzo coltiva ortaggi: lattughe, radicchio, cavoli, pomodori, quasi un ettaro di asparagi e tante altre varietà tutte rigorosamente biologiche, ciascuno nella propria stagione, niente concimi chimici, niente diserbanti e dalla prossima primavera un debutto, il carciofo.

La sua famiglia possiede tre ettari di bosco, per quel che ricorda dagli inizi del Novecento, ora tocca a lui e a Lorenzo occuparsene: "Quest'anno abbiamo iniziato a fare abbattimenti mirati, anche per ripristinare antichi sentieri ormai invasi dalla vegetazione". Il signor Valter ci tiene a dire che loro amano i boschi, non solo tagliano e ma piantano anche dove serve: "Così il bosco ci dà la legna da ardere e continua a prosperare, ho anche la speranza di tornare a fare un giro a funghi un giorno, magari tra vent'anni".

Claudia Capone abita a Casalborgone da sempre e vede nel progetto associativo un modo per ricavare un piccola rendita dai boschi di famiglia. Claudia ha un'azienda agricola e sul limitare del bosco coltiva ogni ben di dio, ma soprattutto fagioli, fagiolini e piselli. Certo un tempo le coltivazioni erano molto più estese, racconta: "C'erano colline intere seminate a pisello, il tradizionale pisello quarantin, che i terreni di Casalborgone rendono dolcissimo, oggi siamo rimasti in pochi a coltivarlo perché ha baccelli molto piccoli e quindi non è abbastanza redditizio", è stato così che i pendii più ripidi e impervi sono stati abbandonati e col passare del tempo sono diventati boschi.

Il futuro di un bosco 'partecipato'

L'orizzonte della Gente di Bosc Grand è raggiungere chi è ancora escluso e Blanchard ha già stabilito le prossime mosse: "Faremo al più presto gli incontri di sensibilizzazione nei comuni della zona e contatteremo direttamente istituti e soggetti che sappiamo avere delle proprietà, anche se, purtroppo, la pandemia ha dilatato i tempi. Speriamo di essere convincenti e di avere nuove adesioni per poter costruire una programmazione della gestione che permetta di sviluppare interventi di selvicoltura naturalistica e di promozione delle filiere corte legate alle risorse rinnovabili".

Chissà, magari queste voci della Gente di Bosc Grand arriveranno anche prima alle orecchie dei proprietari ancora esclusi, portate, come nel Segreto del Bosco Vecchio di Dino Buzzati, dal vento Matteo, insieme a quelle dei "geni" – padroni di trasformarsi a loro piacimento in animali o in uomini – che custodiscono quel bosco, sacro, simbolo della dimensione incontaminata, eterna e disinteressata dove l'intera umanità affonda le proprie radici. Così scrivendo, i boschi sono sacri tutti e anche il Bosc Grand lo è.

 

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