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Una preghiera nel cielo

  • Claudia Bordese
  • Maggio 2011
  • Domenica, 1 Maggio 2011

La devozione dei primi uomini era diretta alla natura. Lo stupore manifestato per ciò che non potevano spiegare - il sole alto nel cielo, la forza della marea, la magia del fuoco e della luna - saziò il loro bisogno di sovrannaturale. Anche molti animali divennero oggetto di venerato culto. Tra questi l'aquila è forse quello che più d'ogni altro ha incarnato la potenza terrestre e divina. Simbolo in auge già tra i popoli mesopotamici, l'aquila rappresentò il messaggero tra gli uomini e Dio e il traghettatore di anime tra la terra e il cielo anche nelle grandi civiltà greca e romana, e più volte è ritornata nella simbologia cristiana. Anche per questo, quando ci si addentra nel Parco Nazionale del Gran Paradiso la sensazione è quella di muoversi in un'imponente cattedrale, in cui montagne maestose incorniciano il volo di oltre cinquanta aquile reali, silenti inviti alla devozione. Una raccolta dati iniziata già nel 1970 e rafforzata negli ultimi vent'anni, ha permesso il censimento della popolazione di aquile reali nel Parco e il conseguente studio delle dinamiche che ne regolano densità, distribuzione, sopravvivenza. Oggi il monitoraggio, coordinato dal Servizio Sanitario e della Ricerca Scientifica del Parco di cui è responsabile Bruno Bassano, si effettua in tre momenti distinti: un primo censimento agli inizi della primavera per contare le coppie presenti, quindi, da marzo a luglio, l'osservazione di accoppiamento e fase di nidificazione, e, a estate inoltrata, la conta degli aquilotti che si involano. Grazie all'attento lavoro di ricerca svolto con costanza negli anni, si può oggi stabilire, come dato minimo certo acquisito, la presenza nel Parco di 25 coppie di adulti, con un numero di aquilotti che arrivano a spiccare il volo intorno alla decina, che si avvicendano agli adulti deboli o scomparsi, o si disperdono. Maggior predatore di mammiferi nel Parco, l'aquila reale è un ottimo fattore di regolazione degli equilibri biologici. In primavera le sue prede sono soprattutto giovani ungulati, i cuccioli più deboli di camosci e stambecchi che la selezione sacrifica per il bene della specie. In estate a essere predate sono soprattutto le marmotte, mentre dal tardo autunno e per tutto l'inverno le aquile si sfamano con le carcasse degli animali morti. Mentre la densità di stambecchi e camosci è influenzata soprattutto dal rigore dell'inverno, per le marmotte è proprio la predazione operata dalle aquile a mantenere l'equilibrio delle popolazioni. Le osservazioni e le ricerche, coadiuvate anche dal gruppo di lavoro del professor Bogliani dell'Università di Pavia, non hanno al momento rilevato alcuna influenza del clima sulle aquile, data anche la loro ottima adattabilità a un ampio range di temperature. Ciò non toglie che, sul lungo periodo, si può ipotizzare un'influenza dell'innalzamento di temperatura dettata da una conseguente influenza negativa sui mammiferi predati.Grati agli operatori del Parco Nazionale del Gran Paradiso, alziamo gli occhi alle aquile reali, una preghiera nel cielo.

Claudia Bordese
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