Stampa questa pagina

In cerca del pelobate fosco che rischia l’estinzione

Il "rospo della vanga", un tempo molto comune nelle nostre campagne, ora rischia l'estinzione a causa dei cambiamenti climatici e della pressione antropica che contribuiscono a minacciare il suo habitat.

  • Martina Tartaglino
  • Aprile 2023
  • Mercoledì, 19 Aprile 2023
Pelobate fosco  - Foto: Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0 Pelobate fosco - Foto: Wikimedia Commons, CC BY-SA 4.0

Il suo nome popolare è "rospo della vanga", perché capitava che, girando la terra, il contadino ne provocasse l'emersione dal suo rifugio ipogeo. Pelobates fuscus è invece il nome scientifico della specie, che non solo offre un'indicazione sul colore della sua livrea (fuscus in latino significa bruno, marrone) ma anche sulle sue abitudini: pelobàtes in greco antico suona più o meno come "camminatore nel fango".

Come tutti gli anfibi, la sopravvivenza del pelobate fosco dipende dagli ambienti umidi. Habitat che purtroppo si stanno contraendo a causa dei cambiamenti climatici, ma anche per via dell'antropizzazione degli spazi naturali. E quindi anche le popolazioni di pelobate fosco stanno vivendo un calo drammatico, tanto da rientrare oggi tra le specie considerate "a rischio" dalla IUCN, l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Ma cosa rende questo rospo diverso dagli altri e cosa si sta facendo per impedirne l'estinzione?

Caratteristiche del pelobate fosco

Torniamo alla sua carta di identità: innanzitutto va sottolineato che è stata recentemente messa in discussione la validità del nome Pelobates fuscus insubricus con cui si faceva riferimento a una sottospecie endemica del Nord Italia, in realtà geneticamente sovrapponibile alle popolazioni del resto d'Europa.

La prima descrizione risale al 1873 e fu eseguita sulla base di caratteri morfologici che lo distinguono da altri rospi: la pupilla, verticale e di forma ellittica, e l'assenza delle cosiddette ghiandole parotoidi, funzionali a secernere sostanze tossiche a scopo difensivo. Nonostante questa carenza, in caso di pericolo il pelobate sa comunque ricorrere a varie strategie: gonfia il corpo per apparire più imponente, emette stridii e secerne odore di aglio. I suoi nemici naturali sono ricci e uccelli predatori, testuggini di palude e serpenti, specie alloctone come tartarughe e rana toro. Caratteristici della specie sono gli arti posteriori particolarmente sviluppati, denominati "vanghe" proprio perché sfruttati per scavare profonde fosse nel terreno nel quale rifugiarsi. E proprio in quelle fosse gli esemplari di pelobate fosco sono soliti trascorrere gran parte dell'inverno, per poi risvegliarsi dall'ibernazione in tempo per la stagione riproduttiva che va da marzo a maggio. In questo periodo si spostano in massa verso le pozze d'acqua all'interno del loro areale, dove hanno luogo tutte le fasi che portano all'accoppiamento.

Riproduzione e habitat

La femmina di pelobate depone dalle 10 alle 500 uova nella forma di cordoni gelatinosi caratteristica anche dei rospi più comuni. La schiusa è repentina e avviene a due o tre giorni dalla deposizione, con i girini che crescono rapidamente da pochi millimetri a 10-15 centimetri.

Si tratta di una specie molto sensibile alla qualità delle acque e dei suoli. Il suo habitat sono le aree pianeggianti, ricche di zone umide e suoli soffici composti da sabbia e abbondante sostanza organica. Rientrano tra gli ambienti prediletti le radure tra i boschi di latifoglie ma anche di conifere, praterie, pioppeti e risaie. Queste ultime nell'ultimo decennio hanno visto mutare la gestione colturale, rendendole meno ospitali per gli anfibi esigenti come il pelobate fosco.

Meno zone umide più rischi per il pelobate fosco

In generale, la maggior parte dei siti dove la specie è stata segnalata, si trovano in prossimità o all'interno di aree coltivate in modo intensivo e che le attività umane minacciano di degradare a condizioni più banali.

La situazione in cui versano le popolazioni italiane è piuttosto drammatica, la stima è che ne siano rimaste poche migliaia di esemplari tra Piemonte, Lombardia e Veneto. Questi siti inoltre non hanno relazioni tra loro, il che impatta negativamente sulla diversità genetica e sulle probabilità di riprodursi con successo. Con l'incessante perdita di ambienti umidi, il pelobate è a serio rischio di estinzione in tempi brevi.

Occorre purtroppo rivedere al ribasso i censimenti finora realizzati: nel solo Piemonte, in 20 anni si è passati da 21 siti riproduttivi a 7, e in nessuno di questi la popolazione ha numeri tali da poter essere considerata al sicuro, tanto da richiedere immissioni di esemplari da allevamento per evitare la totale scomparsa.

Attualmente, il maggior numero di individui in Italia sopravvive all'interno del Parco Lombardo della Valle del Ticino, nel SIC "Paludi di Arsago". Qui le popolazioni di pelobate fosco mantengono buone connessioni ecologiche e la variabilità genetica è risultata maggiore rispetto ad altri siti, il che ne rende ancora più stringente la necessità di tutela in ottica della conservazione della specie.

Una specie da salvare

L'iniziativa più ampia ai fini della salvaguardia del pelobate fosco è il programma Life Insubricus, che fa parte dei progetti finanziati dall'European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency, nell'ambito del programma di finanziamento europeo LIFE 2014-2020 Nature and Biodiversity.

Intitolato "Azioni urgenti per la conservazione a lungo termine di Pelobates fuscus insubricus nell'area di distribuzione", il progetto ha come obiettivo quello di intervenire sugli habitat in Piemonte e Lombardia in un periodo compreso tra il 2020 e il 2026. Con un budget di 5,2 milioni di euro, Life Insubricus si concentra sui siti della Rete Natura 2000 che comprendono l'habitat dell'anfibio. Per citare alcuni esempi, si sta lavorando nella ZSC/ZPS Stagni di Belangero, nei pressi di Asti, per interventi di ripristino delle zone umide scomparse e creazione di nuovi habitat acquatici. Altri lavori interessano gli Stagni di Poirino-Favari, ZSC che riveste una elevata importanza per il pelobate fosco per la presenza di uno dei nuclei storici e perché costituisce la stazione più occidentale della specie. In totale saranno interessati 14 siti in cui si punterà al miglioramento della connettività ecologica tra popolazioni, con il recupero e la creazione di nuove zone umide. L'intero programma avrà ricadute positive anche su altri organismi oggetto di tutela: il pelobate fosco ha infatti il ruolo di specie ombrello, cioè una specie particolarmente sensibile alla qualità dell'ambiente, la cui protezione produce a cascata benefici su animali e pianti che ne condividono l'habitat. Se Life Insubricus avrà successo, saranno in tanti a ringraziare il rospo della vanga.

 

Sull'argomento:

Pelobate fosco, lavori in corso al Po piemontese

Pelobate fosco, obiettivo 3 mila esemplari in più nel 2026

Al via il progetto in Piemonte

 

Potrebbe interessarti anche...

Questo parente del fagiano, dal comportamento gregario e dalla silhouette rotondeggiante, si è d ...
Pochi animali godono di fama peggiore nell'immaginario collettivo. I serpenti sono stati di volta ...
Fortemente sensibili all'innalzamento delle temperature, al prolungarsi dei periodi di siccità e ...
Mentre nella maggior parte d'Italia iniziavano i preparativi per il cenone di San Silvestro, a Ve ...