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Chi minaccia i nostri anfibi

Rana che mangia rana. L'introduzione di anfibi esotici provoca spesso danni ecologici. Ed è raro che animali introdotti non rechino dannosi sconquassi all'ambiente e alle specie indigene

  • Franco Andreone
  • novembre 2009
  • Martedì, 10 Novembre 2009

Comodamente seduto sul volo British Airways che mi riporta a Torino da Londra, dove ho partecipato all'Amphibian Mini-Summit organizzato dall'UICN, penso preoccupato alle minacce che interessano la sopravvivenza delle oltre 6.500 specie di anfibi note a livello mondiale come l'alterazione degli habitat e lo sfruttamento per l'alimentazione. Per non parlare della funesta chitridiomicosi, il fungo che causa l'estinzione di intere specie. Drammatico: per la prima volta nella storia dell'umanità, un'intera classe di vertebrati rischia l'estinzione!

Quasi tutte queste problematiche note al territorio italiano e piemontese minacciano le nostre popolazioni e specie molto rare. Ma un aspetto di cui si ignora normalmente la portata e di cui viene spesso taciuto l'impatto è l'introduzione di anfibi esotici. L'invasione di specie estranee provoca spesso danni ecologici. È raro che animali introdotti non rechino sconquassi all'ambiente o alle specie indigene. Inutile parlare degli innumerevoli pesci, provenienti da ogni dove che hanno reso i nostri fiumi un "brodo globale" o dei mammiferi "disneyani" introdotti un po' qua e un po' là.

Anche tra le specie di rane introdotte in Italia, ci sono quelle che stanno facendo fuori i cugini filogenetici. Come dire, "rana che mangia rana". Quasi da non crederci, davvero! Al momento attuale sono conosciute tre specie esotiche di rane sul territorio italiano, lo xenopo, presente in Sicilia, la rana toro e la rana verde dei Balcani, le ultime due diffuse anche in Piemonte.

La rana toro (Lithobates catesbeianus) è il tipico invasore yankee, come il boccalone, il persico sole e la testuggine dalle orecchie rosse. Deve la sua fortuna in Italia (anche) ad annunci di alcune decine di anni fa, pubblicati su giornali "ameni": a fianco di strumenti miracolosi per spiare a raggi X le case e sotto gli indumenti altrui e a fantastiche scimmie di mare, reclamizzavano la possibilità di allevare, lucrosamente, le rane toro per essere poi vendute a ristoranti come prelibatezze. Le rane toro, importate sotto forma di girini e rilasciate per errore o per calcolo, hanno "rimpinguato" i nostri corsi d'acqua, ma non i ristoranti. La loro presenza in Piemonte è ormai risaputa da anni. Sull'altopiano di Poirino, nell'Astigiano e nell'Alessandrino, adulti e girini di questa super-rana hanno colonizzato stagni e peschiere, mentre altrove la sua presenza è segnalata sporadicamente. Stranamente non si sa un granché della rana toro in Italia e ancora non sono stati condotti studi mirati sulla sua ecologia. Laddove è presente la rana toro, si fatica a trovare altri anfibi. Perché? Sarà per competizione alimentare o per azione diretta (predazione)? Con esattezza non è dato di sapere... ma lo si può immaginare! La nostra "bullfrog" è uno dei principali indiziati per l'introduzione e la trasmissione del famigerato fungo killer, vale a dire il chitridio, agente di una patologia che sta falcidiando gli anfibi in ogni luogo del mondo. Sarà forse un caso, ma proprio nell'area piemontese di distribuzione della rana toro sono stati riscontrati casi di presenza di chitridio.

Più o meno nelle stesse aree si trova anche un altro clandestino, la rana verde dei Balcani. Probabilmente risponde al nome di Pelophylax kurtmuelleri, ma potrebbe anche essere un'altra specie, in quanto mancano studi dettagliati. Gran parte degli individui vivi che si trovano in vendita nei nostri mercati appartengono a questa specie: sfuggiti inavvertitamente hanno colonizzato diverse aree. La specie è simile alle nostre rane verdi che, non solo si distingue difficilmente in natura, ma addirittura si ibrida con Pelophylax lessonae (rana verde di Michele Lessona) e con P. esculentus (il suo ibrido) con il risultato di inquinare geneticamente le popolazioni autoctone e, addirittura, estinguerle in base a un inquietante meccanismo di esclusione cromosomica.

La scomparsa delle rane verdi originarie, purtroppo, non preoccupa abbastanza. In genere, è infatti difficile apprezzare la perdita di animali autoctoni (soprattutto quando si tratta di "insignificanti" ranocchie) quando sono sostituiti da animali simili. Ma è ciò che alla fin fine accade: nell'arco di pochi decenni la rana di Lessona e la rana esculenta scompariranno dalle nostre risaie (sempre che non siano scomparse prima le risaie stesse). Una perdita che interesserà non solo gli ambienti naturali, ma anche una fetta della nostra storia. Dunque, è tempo di lanciare un appello accorato: investire al più presto in una campagna di studio sulla distribuzione, l'abbondanza e l'ecologia delle specie esotiche di anfibi in Piemonte. È cruciale, a questo punto, sapere dove le rane toro e le rane verdi dei Balcani sono presenti. Solo così, infatti, si potranno mettere in pratica azioni per contenere la loro diffusione e quindi l'estinzione delle nostre rane.

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