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I semi della speranza: le banche del germoplasma

Salvate il seme...! Potrebbe suonare come uno slogan o un accorato appello, per preservare la culla della vita: il seme, appunto

  • Loredana Matonti
  • Mercoledì, 1 Settembre 2010

La Banca del germoplasma vegetale del Piemonte
nasce nel 2003, presso il Parco dell'Alta Valle Pesio e Tanaro, grazie ai finanziamenti europei di un progetto Interreg. Essa opera per la conservazione ex situ, cioè fuori dall'ambiente naturale, dei semi di specie vegetale spontanee del Piemonte, con particolare interesse per il settore alpino sud occidentale (Alpi Liguri e Marittime) e per le specie endemiche e a protezione assoluta (L.R 32/82) o per quelle a rischio di estinzione. La sua attività prevede lo studio, il trattamento e la conservazione, a breve e lungo termine, dei semi. Dal 2005 partecipa alla fondazione della Ribes (la Rete Italiana delle Banche del germoplasma, per la conservazione ex situ della flora spontanea italiana) e diviene uno dei 18 poli presenti sul territorio italiano, collaborando con il Dipartimento di Morfofisiologia, Settore Botanica, dell'Università di veterinaria di Torino, con il Conservatoire Botanique National Alpin di Gap in Francia e con la Millenium Seed Bank di Wakehurst di Londra (Banca mondiale dei semi delle specie spontanee, afferente ai Royal Botanic Gardens di Kew, UK). Dal gennaio 2010 la struttura è stata riconosciuta quale Banca del germoplasma vegetale della Regione Piemonte.
Anello di congiunzione tra tutto ciò che è stato e ciò che sarà, simbolo di rinascita e di crescita, emblema della speranza di continuità e di perpetuazione della vita stessa su questo pianeta, i semi sono alla base della catena alimentare e da essi dipende la sopravvivenza di tutti gli altri organismi. Per l'uomo sono fonte di nutrimento, di medicinali, di energia, di materiali per l'edilizia, di fibre tessili, di utensili, di prodotti per la bellezza. Custodi viventi di un patrimonio genetico che si è adattato nel corso del tempo ai mutamenti climatici, selezionandosi e sopravvivendo alle avversità degli elementi naturali, rendono un importante servizio all'ambiente. Germinando, danno origine a piante che difendono il suolo dall'erosione delle acque meteoriche e superficiali, dal moto ondoso del mare, consolidano gli argini dei corsi d'acqua, rallentano il processo di avanzamento della desertificazione, tamponano la salinità delle acque, mitigano il clima, filtrano le impurità presenti nel suolo, stabilizzano i versanti delle montagne. Le piante oggi esistenti e quelle conservate sono il risultato di 3000 milioni di anni di evoluzione e di 12 mila anni di coltivazione e selezione, di cui tre quarti hanno un'importanza economica, ma negli ultimi anni purtroppo il regresso della flora spontanea ha raggiunto ritmi preoccupanti sulla Terra. La conservazione dei semi, quindi, è fondamentale per frenare l'emorragia rappresentata dalla perdita di biodiversità, almeno di quella vegetale, alimentando la speranza di conservare l'impronta della ricchezza floristica di questo pianeta. A salvarli materialmente, ci stanno pensando le banche dei semi o del germoplasma, modalità preziose per far fronte all'erosione genetica e alla sfida della probabile crisi alimentare del terzo millennio. Come novelle arche di Noè, raccolgono al loro interno campioni rappresentativi di più specie vegetali possibili, sia alimentari che spontanee, a seconda della loro specializzazione. A livello mondiale, esistono circa 250 banche, organizzate in molti casi in network nazionali, mentre nella nostra penisola sono operativi più di venti istituti, per lo più legati alle Università, agli Orti Botanici e al CNR. Nel nord Italia ad esempio, quelle operative da diversi anni sono afferenti al Museo tridentino di Scienze Naturali di Trento, alle Università di Pavia, Padova, Genova e all'Ente di Gestione Parchi e Riserve Naturali cuneesi. Il loro obiettivo principale è la conservazione delle risorse genetiche delle specie vegetali arboree, arbustive ed erbacee minacciate di estinzione, operando sia in-situ (protezione dell'ambiente nel quale le piante vivono) che ex-situ (raccolta e conservazione nella Banca di collezioni rappresentative della variabilità genetica). A monte di tutto ciò, la Convenzione sulla diversità biologica (Rio de Janeiro, 1992), ratificata da 175 paesi, che sancì la possibilità di quest'ultima modalità di conservazione. Le tecniche di conservazione consistono nella deidratazione dei semi a bassi livelli di umidità interna e nel loro stoccaggio a temperature sotto zero. Questo passaggio delicato viene periodicamente sottoposto a un vaglio, per testare la vitalità e il potere germinativo dei semi e per procedere alle eventuali operazioni di rigenerazione, perché i semi possono invecchiare e quindi morire. Queste metodiche sono possibili per molte specie vegetali, mentre per altre è necessario utilizzare procedure più complesse. L'utilità delle banche, però, prescinde dall'esigenza di scongiurare temibili perdite. L'assenza sul mercato italiano di materiale vegetale autoctono di ecotipi locali, ad esempio, rappresenta uno dei primi problemi che queste strutture sono deputate ad affrontare. Esse possono contrastare così la massiccia importazione di germoplasma non autoctono da strutture straniere, a fini sia di interventi di rinaturazione che di recupero ambientale. Importazione che, se legittima da un punto di vista economico, non lo è certamente da un punto di vista ecologico e tecnico-applicativo. Inoltre permettono a queste risorse di essere utilizzate per ricerca e programmi di rigenerazione. Proteggere i semi attraverso queste speciali "arche di Noè", assicurandone la conservazione nel tempo, significa in ogni caso garantire un futuro sereno a noi e alle generazioni a venire.

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