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Salvate quel seme!

I volontari dell'Associazione per i Vivai Pro Natura di San Giuliano Milanese salvano i semi delle erbe spontanee autoctone, rare o minacciate, e li riproducono, conservando così la biodiversità vegetale. Un lavoro importante cui fanno riferimento molti vivai, anche piemontesi, e a cui è ricorso l'Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese per la sua "Foresta condivisa". 

  • Laura Succi
  • Maggio 2022
  • Lunedì, 13 Giugno 2022
Da sinistra: semi raccolti dal vivaio, Aristolochia rotunda, Pilosella - Foto P. Palazzolo Da sinistra: semi raccolti dal vivaio, Aristolochia rotunda, Pilosella - Foto P. Palazzolo

Non ci sono erbacce dico io. Biodiversità non programmata dice lui. Lui è Franco Rainini della Federazione Nazionale Pro Natura e referente dell'Associazione per i Vivai Pro Natura di San Giuliano Milanese, un'associazione che impegna una quindicina di volontari e circa otto persone condannate per vari reati, perlopiù lievi, in forza di una convenzione con il Tribunale di Milano. "Sono persone che fanno moltissimo per il vivaio, molto più di me" osserva Rainini.

E' un vivaio molto particolare quello di San Giuliano perché riproduce erbe spontanee autoctone e rare. Pare una contraddizione: se sono spontanee perché mai ci si deve impegnare a farle riprodurre? Le ragioni mettono in luce valori profondi. Gli ambienti naturali, soprattutto per quanto riguarda le specie di pianura, sono minacciati costantemente dalle attività umane che si estendono a ritmo incessante Non solo la loro superficie si riduce ma sono sempre più distanti l'uno dall'altro, al punto che la diffusione spontanea dei semi ad opera del vento o degli animali è compromessa. Per questo i vivai come quello di Pro Natura svolgono un ruolo essenziale. Il loro lavoro consiste nell'immettere nella rete ecologica popolazioni fresche, fornendo così una matrice di ottima qualità che rafforza la sua capacità vitale, un'opera rilevante che rientra in pieno negli obiettivi dell'Agenda 2030 dell'Unione Europea, in particolare nel punto 13 "Lotta contro il cambiamento climatico" e nel 15 "Vita sulla Terra".

Altra ragione da non sottovalutare è la grazia dei fiori di campo: quanti bei giardini si possono allestire con le piante spontanee, espressione di una biodiversità a disposizione di tutti. Inoltre le specie selvatiche hanno il vantaggio di essere particolarmente resistenti e di non richiedere particolari interventi rispetto alle tante varietà ibride che possono essere acquistate nei vivai ordinari. In quanto a bellezza, delicatezza ed eleganza, poi, non sono seconde a nessuno. 

Sono mille le attenzioni dei volontari verso le tenere piante, perché per fare un buon lavoro occorre fare buoni numeri: non solo tante piante della stessa specie, dunque, ma anche tante piante di specie diverse, con tutta la difficoltà di gestire piccoli appezzamenti di trenta, quaranta, cinquanta piante l'uno, ciascuno con esigenze differenti.

Il punto cardine di tutto il lavoro sono i semi, che possono essere raccolti, così come le piante selvatiche che li producono, esclusivamente con autorizzazioni di legge (ad eccezione di quelle commestibili più comuni). La raccoglitrice designata dall'Ente-Parco è la guardiaparco Paola Palazzolo: grazie a lei e a tanti suoi colleghi le specie rare sono state riprodotte nel vivaio di Pro Natura e sono state conferite alla Banca del germoplasma presso il Centro di referenza regionale per la biodiversità vegetale.

Il vezzoso campanellino estivo (Leucojum aestivum) è una di quelle piante rare per le quali è stata avviata la reintroduzione in natura. Degna di nota è l'attenzione posta al rispetto dell'areale originario di distribuzione: osservato in provincia di Pavia è stato reintrodotto in adiacenza alle popolazioni selvatiche della Lomellina, nei pressi dell'area tutelata di Isola Sant'Antonio sulle sponde della Lanca di Capraglia.

Rainini per riprodurre questo delicato fiore bianco ha tentato un esperimento: "I naturalisti tendono a considerare le questioni fisiologiche strettamente legate a quelle ecologiche ma non è così, nel senso che l'ecologia spiega come te la cavi in un ambiente competitivo mentre la fisiologia ti dice grosso modo quali sono le condizioni ottimali di vita. Così abbiamo messo i semi nel fango originario che deve essere basico, se no non nascono, li abbiamo immersi nell'acqua, perché sono piante che vivono così, con pochi risultati. La soluzione è stata invece un terriccio subacido dove sono nati senza problemi. Credo che la quantità d'acqua serva loro per superare la competizione, la composizione del terreno in sé non è particolarmente rilevante, ma in questo nostro semenzaio protetto non hanno bisogno di attivare strategie particolari quindi sono cresciuti senza incontrare ostacoli". Il campanellino estivo si riproduce anche attraverso i bulbi ma non è opportuno utilizzarli proprio perché sarebbe controproducente asportare le piante che vivono in natura e perché i semi sono più veloci a germinare e più funzionali alla riproduzione.

Anche il sempre più introvabile Rumex hydrolapatum è stato fatto propagare in cattività senza difficoltà particolari. Più complicato il passaggio dal semenzaio al sito in natura, dove è stato difficile farlo vegetare ed espandere. Il Rumex è una pianta estremamente rara e molto rilevante perché è la nutrice della Licena delle paludi (Lycaena dispar), una farfalla protetta dall'UE, con la Direttiva Habitat. E' una pianta capricciosa che produce tanti semi che però germinano difficilmente. Paola li raccoglie con pazienza e li consegna a Rainini che li fa germogliare. Il risultato è che alcune piccole piante sono già state messe a dimora negli ambienti di palude che le sono propri: a Isola Sant'Antonio, nell'area della Centrale Fermi di Trino e nella roggia Logna a Fontanetto.

Altro capitolo riguarda l'Aristolochia rotunda che forma un fitto tappeto sullo Scrivia e sull'Orba, ma esclusivamente in limitatissime aree e su una superficie esigua. I suoi semi sono contenuti in una sorta di palla da rugby che quando è matura scoppia, spargendoli tutto intorno, e ne rende la raccolta complicata. L'Aristolochia nutre i bruchi della Zerynthia polyxena anch'essa protetta dalla Direttiva, ed è presente in popolamenti effimeri dovuti alla separazione innaturale tra le aree in cui cresce.

Storie affascinanti quelle dei semi: da quelli di alcune piante tropicali che pesano chili ai semi microscopici delle orchidee – anche delle nostre orchidee spontanee - che per germogliare hanno bisogno di un fungo. Alcuni semi germinano o seccano nel giro di pochi mesi, come nel caso delle ghiande di quercia, altri resistono per migliaia di anni, come quelli ritrovati in Siberia nel ghiaccio.

Simpatiche le avventure che racconta Rainini. "Qualche anno fa un amico mi spedì dei semi di olmo bianco che arrivarono molto malridotti - abito in un paesino molto piccolo nella provincia di Bergamo dove il servizio postale fa quello che può - e per scusarsi mi disse che mi avrebbe mandato altri semi, questa volta di olmo montano. Dopo un mese mi arrivò quindi un pacchettino, al che lo chiamai: 'Guido, anche questi sono un po' secchi ma pazienza, li semino ugualmente e vedremo che succede'. Sinceramente non me l'aspettavo ma nacquero addirittura sette piante! Al che pensai: l'anno prossimo le trapianterò e le farò crescere come si deve. Ma in primavera mi fecero un'altra bella sorpresa, i semi germogliarono tutti quanti, anche quelli rimasti silenti fino ad allora!".

"I semi di biancospino, di carpino e di molte rosacee hanno un sistema di resistenza alla germinazione che è in parte dovuto alla difficoltà dell'acqua di penetrare al loro interno, barriera messa in atto dalle pareti dure e spesse del seme e in parte al bisogno di alternanza tra caldo e freddo" prosegue. "Per indurli a germogliare occorre quindi replicare ciò che avviene in natura: simulare il periodo invernale tenendoli al freddo e in umido per diversi mesi, così li teniamo in frigorifero". 

Altri semi funzionano all'opposto, cioè per loro le temperature elevate sono determinanti. Il seme di corniolo è uno di quelli. Si prendono i frutti ovali che sembrano chicchi d'uva e si ripuliscono dalla sostanza appiccicosa che li riveste; poi gli si fanno trascorrere due mesi alla temperatura di 20 gradi prima di sistemarli in frigorifero. Dopo la pulitura superficiale vengono chiarificati con acido solforico per ridurre la dimensione della parete del frutto che avvolge e protegge il seme. "Serve acido solforico diluito tra il 30 e il 10%, in quel liquido immergo i semi da 10 a 30 minuti, poi li setaccio" spiega ancora Rainini. "Subito dopo li neutralizzo con il bicarbonato, poi li lavo e li metto nella torba o nella perlite. Una volta ho provato a seguire il suggerimento di un amico per far germogliare i semi della rosa canina. Mi aveva detto che sostituendo l'acido solforico con l'attivatore del compost e tenendoli per un periodo al caldo e per un periodo al freddo sarebbero germogliati perfettamente. Bene, ho tenuto in casa per otto settimane un paciugo misto a perlite mentre mia moglie mi diceva: 'Ma scusa, il borotalco nelle scarpe mai?'...ma non erano le scarpe e, peggio ancora, molto peggio, da quella fanghiglia non è venuto fuori niente".

La verità è che - alle volte - basta molto poco per sbagliare, probabilmente perché un problema al quale non si presta abbastanza attenzione è la parametrizzazione precisa delle condizioni necessarie allo sviluppo del seme e cioè alla combinazione tra le ore di luce del giorno e la temperatura media che sprigiona la vita. I semi sono diversi tra di loro e hanno sorti diverse in ambienti diversi, ma si diffondono secondo il principio che anche solo una piccola percentuale di piante deve avere comunque successo, vivere e moltiplicarsi. Le piante che fanno pochi semi attuano strategie per non disperderli inutilmente; viceversa, piante come il fiordaliso e la quercia che producono una grande massa di semi, non si curano dello spreco perché per loro conta la quantità. La politica, saggia, delle piante è di non mettere tutte le mele in un unico cesto.

 

Per approfondimenti:

Parco del Po piemontese, un laboratorio per l'ambiente

Sito del Parco del po piemontese: la foresta condivisa

 

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