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Pioppi sul Po

Grazie al gruppo di Ecologia Agraria e Forestale del CREA e alle Aree protette del Po vercellese-alessandrino, da oltre vent'anni si lavora per riqualificare il territorio di quello che sarà il nuovo Parco del Po piemontese utilizzando genotipi di pioppo nero autoctono, specie dichiarata a rischio di estinzione dall'Unione Europea. 

  • Laura Succi
  • Gennaio 2020
  • Lunedì, 16 Dicembre 2019
Foresta di pioppi Foresta di pioppi

I pioppi sono specie pioniere che colonizzano i suoli lungo i corsi d'acqua dove trovano condizioni idonee al loro accrescimento. Hanno bisogno di molta acqua e quindi li si coltiva nelle zone prossime ai fiumi che sono loro consone, lì è facile irrigare, e sono ricche di falde acquifere dalle quali attingere.

Il gruppo di Ecologia Agraria e Forestale del CREA - Consiglio per la Ricerca e l'analisi dell'Economia Agraria - assieme alle Aree protette del Po vercellese-alessandrino, lavora da oltre vent'anni per riqualificare il territorio utilizzando genotipi di pioppo nero autoctono, specie dichiarata a rischio di estinzione dall'Unione Europea perché il suo areale di distribuzione sta via via restringendosi principalmente per cause dovute alle attività umane. Anche gli impianti realizzati in collaborazione con l'Ente parco svolgono diversi servizi ecosistemici – intesi come benefici che il genere umano riceve dagli ecosistemi -, in particolare intercettando, prima che finiscano nel fiume, l'eccesso di nutrienti che provengono dalle risaie, come l'azoto, svolgendo così un effetto tampone.

Tutti interventi integrati che ci restituiscono un ambiente migliore e più salutare: forse non tutti sanno che le chiome dei pioppi ospitano un gran numero di lodolai, piccoli falchi con ali molto lunghe, strette e appuntite, che catturano animali dopo veloci inseguimenti. Mangiano un balestruccio o un'allodola ogni tanto, ma si rimpinzano di insetti, in prevalenza libellule e coleotteri che afferrano al volo e inghiottono, dopo averli privati all'istante delle ali e del rivestimento chitinoso.

Chiaro dunque che il lavoro del CREA torna a vantaggio della natura ed è di grande valore anche nel disegno di ricostruzione dell'ambiente del futuro Parco naturale del Po piemontese che dovrebbe vedere la sua istituzione formale nell'estate del 2020, accorpando nel proprio territorio quello degli attuali Parco del Po vercellese-alessandrino e Po torinese.

Cos'è il CREA

Il CREA - il Consiglio per la Ricerca e l'analisi dell'Economia Agraria - ha sede legale a Roma e attualmente è dotato di 21 centri di ricerca sul territorio, con quattro sedi in Piemonte ed è il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari con personalità giuridica di diritto pubblico, vigilato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali (MIPAAF). A Casale Monferrato, il Centro Foreste e Legno gestisce l'azienda sperimentale Mezzi con circa 180 ettari di terreno demaniale ottenuti in concessione per svolgere attività di ricerca e sperimentazione nel campo dell'arboricoltura da legno.

Una delle prime selezioni clonali che il Centro di ricerca realizzò oltre settant'anni fa ha prodotto il pioppo ibrido ancora oggi più diffuso in Italia, ma probabilmente anche nel mondo: il clone 'I-214', ricavato grazie alle ricerche del professor Giovanni Jacometti, allora direttore della struttura. Ancora oggi il legno di questo clone è particolarmente richiesto dal mercato per le sue caratteristiche di leggerezza e di adattabilità ad ambienti diversi.

I ricercatori del Centro di ricerca di Casale si occupano di miglioramento genetico attraverso la produzione di incroci prevalentemente tra il pioppo nero europeo (Populus nigra) e il pioppo nero americano (Populus deltoides), per ottenere cloni ancora più produttivi e resistenti alle malattie, in grado di ridurre i trattamenti con i fitofarmaci con l'obiettivo di azzerarli.

Le origini del CREA

L'Istituto di sperimentazione per la pioppicoltura di Casale Monferrato nacque nel 1939 su un finanziamento dell'ingegnere Luigi Burgo, fondatore delle omonime cartiere, per rispondere agli interessi industriali rivolti alla ricerca di disponibilità di cellulosa per la produzione della carta. Nel Dopoguerra, in seguito alla necessità di produzione interna di legno di pioppo, le prime attività dell'istituto, che oggi è il CREA (Consiglio per la Ricerca e l'analisi dell'Economia Agraria), furono orientate all'individuazione di cloni resistenti soprattutto alla defogliazione primaverile, una temibile malattia crittogamica che allora provocava danni rilevanti.

Lo stesso ingegnere Burgo diede un impulso alla ricerca sulla pioppicoltura: il 21 maggio 1905 venne fondata la società Cartiere di Verzuolo ing. Burgo & C. con un capitale sociale di 300.000 Lire, oggi, dopo un secolo di attività attraverso il Novecento, Burgo Group. Nel 1930, a 25 anni dalla sua fondazione, la società aveva 5400 dipendenti e otto stabilimenti: Verzuolo, Fossano, Romagnano Sesia, Corsico, Maslianico, Pöls, Treviso, e Lugo di Vicenza.

Negli Anni '70 fu costruita anche una sede a San Mauro Torinese, non un edificio qualunque, ma un'opera creata dall'architetto brasiliano Oscar Niemeyer. Per questo disegno, come per la sede Fata o la Mondadori, Niemeyer lavorò sulla composizione di elementi semplici, in questo caso emisferi e cilindri, realizzando un oggetto spaziale che ha voluto contrapporre all'anonima periferia industriale che lo attornia. La rivista Domus, nel presentare il progetto nel 1977, lo associò al "satellite-cittá" di Odissea nello spazio, il capolavoro di Stanley Kubrick del 1968.

La ricerca nel campo della sostenibilità ambientale

A testimoniare l'aumentata sensibilità verso l'ambiente, nel 2004 è nato il gruppo di "Ecologia forestale e agraria" coordinato da Pier Mario Chiarabaglio che si occupa di valutare la sostenibilità delle produzioni. Ed è anche grazie all'attività del Centro di Casale Monferrato che negli ultimi anni sono stati identificati cloni definiti a "Maggior Sostenibilità Ambientale" (MSA) perché altamente resistenti alle malattie fogliari e all'afide lanigero. Proprio per il loro basso impatto ambientale questi cloni hanno il sostegno dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) da parte delle Regioni, infatti la Misura 8 del PSR 2014-2020 della Regione Piemonte prevede contributi per l'impianto di pioppeti quando è previsto l'uso di cloni MSA. Un altro ambito di indagine è l'acqua, "Acqua pulita e igiene" è anche uno degli obiettivi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite: in uno scenario in cui questa risorsa è sempre più preziosa risparmiarla è d'obbligo e il CREA ha alcuni progetti di ricerca per individuare pioppi produttivi in grado di adattarsi alle nuove condizioni ambientali che si stanno creando.

In futuro avrà anche grande importanza la consociazione di produzioni agrarie e forestali, una pratica sempre più diffusa in Europa che in passato era utilizzata anche in Piemonte, soprattutto nel Cuneese, quando saggiamente tra i filari di pioppo si coltivava mais o grano. Quella era una gestione oculata dell'azienda agricola, che permetteva di produrre sulla stessa superficie cereali, che danno un reddito annuale, assieme al legno, che procura un guadagno a medio termine. Con la meccanizzazione spinta e il diffondersi della monocoltura è andata scomparendo, ora è il momento di recuperarla.

E' da sottolineare che questa soluzione porta importanti benefici ambientali. Tra l'altro la coltivazione della parte legnosa riesce a utilizzare l'eccesso delle concimazioni agrarie con un conseguente maggiore assorbimento di CO2: quelle agrarie sono colture altamente emissive a causa delle tecniche colturali adottate che comprendono generalmente l'uso di concimi e di fitofarmaci di sintesi; la consociazione con coltivazioni arboree permette invece di diminuire le emissioni totali che vengono compensate dal sequestro di Carbonio nel legno degli alberi.

 

 

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