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La vita senza il sole

Biodiversità è un sostantivo comparso nella letteratura ecologica nella seconda metà dello scorso secolo e che, negli ultimi trent’anni, ha raggiunto un successo tale da sembrare quasi una nuova disciplina scientifica. Anche sotto terra.

  • Enrico Lana
  • dicembre2009
  • Mercoledì, 30 Dicembre 2009

La traduzione italiana del termine inglese biodiversity ne modifica sensibilmente il significato: mentre in inglese diverse significa vario, molteplice, in italiano diverso non sempre ha valenza positiva poiché denota la deviazione dalla norma, da un riferimento standard; una traduzione più attinente sarebbe biovarietà nel senso di varietà della vita presente sul pianeta. Dal punto di vista più prettamente ecologico, con biodiversità si può intendere la varietà delle forme viventi in un ambiente.
La biodiversità viene in genere studiata a tre diversi livelli, che corrispondono a tre gradi di organizzazione del mondo vivente: quello genetico, quello delle specie e quello degli ecosistemi.
La diversità genetica caratterizza non solo i singoli individui, ma gruppi di individui con affinità di patrimonio genetico all’interno della stessa specie (popolazioni) e che sono mantenuti più o meno isolati, solitamente a causa di barriere geografiche (montagne, mari, fiumi, ghiacciai).
Il concetto di specie è stato oggetto di ampia discussione negli ultimi due secoli: a partire dalla distinzione basata sulla descrizione di poche caratteristiche morfologiche diagnostiche, si è passati a coinvolgere anche l’anatomia, la fisiologia, il comportamento e il rapporto con l’ambiente. Una definizione biologica della specie è quella di un gruppo di popolazioni naturali in grado di riprodursi fra loro, generando prole a sua volta fertile.
Un ecosistema è l’insieme dell’ambiente fisico (biotopo) e della comunità di organismi che esso ospita (biocenosi) considerato sotto l’aspetto delle reciproche interazioni fisiche ed energetiche.
Attualmente sono state descritte più di un milione e mezzo di specie viventi, ma si stima che il numero reale sia intorno ai 7 milioni; queste forme di vita hanno colonizzato i più disparati ambienti del nostro pianeta adattandosi a condizioni ambientali anche estreme.
Uno degli ambienti con caratteristiche ecologiche estreme è quello ipogeo, comunemente indicato come “cavernicolo”, con specifico riferimento a grotte e caverne; in realtà si dovrebbe parlare di ambiente sotterraneo, intendendo con questo termine il reticolo di fessure e interstizi del sottosuolo di cui le cavità naturali o artificiali non sono altro che delle “finestre” accessibili alle dimensioni degli umani.
Fra i principali fattori ambientali che condizionano l’esistenza degli organismi adattati alla vita sotterranea, ricordiamo l’oscurità, intesa come assenza parziale o totale della luce solare diretta, l’umidità, che in atmosfera ipogea è spesso prossima alla saturazione e la temperatura che è notevolmente costante durante l’anno per lo stesso sistema di cavità.
La costanza di condizioni ambientali ha portato fra gli abitatori del sottosuolo più a una “biouniformità” morfologica che a un’esasperata diversificazione per la sopravvivenza e si osservano fenomeni di convergenza evolutiva fra gruppi sistematici molto lontani fra loro dal punto di vista filogenetico.
Così la costante oscurità ha portato nei millenni alla selezione di popolazioni di individui privi di occhi (anoftalmia) e questa caratteristica si osserva fra gli invertebrati (vermi, chilopodi, diplopodi, crostacei, aracnidi, insetti) come tra i vertebrati (pesci e anfibi) e uccelli e mammiferi che trascorrono parte della loro vita in grotta hanno sviluppato sistemi alternativi alla vista, come l’ecolocazione, cioè la capacità di orientarsi mediante l’emissione di suoni e l’elaborazione delle onde sonore di ritorno per localizzare le pareti ed eventuali ostacoli, un sistema simile al sonar, inventato dagli umani. Il Guacharo, uccello cavernicolo dell’America Latina e i pipistrelli che popolano le cavità sotterranee di tutto il mondo sono esempi di questo formidabile adattamento.
Insieme alla perdita degli occhi, non necessari nell’oscurità, si osserva negli organismi cavernicoli anche l’attenuazione dei colori per diminuzione e assenza dei pigmenti che proteggevano i loro antenati viventi all’esterno dai dannosi raggi ultravioletti solari.
Molti animali adattati alla vita ipogea hanno colori tenui o sono del tutto bianchi (depigmentazione); gli insetti troglobi sono in genere di colore bruno rossiccio, il colore naturale della chitina depigmentata, il componente principale del loro esoscheletro.
Inoltre, numerosi artropodi specializzati alla vita sotterranea hanno sviluppato appendici molto allungate (antenne, setole e zampe) per sondare l’ambiente nell’oscurità totale.
L’umidità relativa elevata (prossima al 100%) dell’atmosfera di molte cavità permette la sopravvivenza di organismi che non tollerano ambienti secchi (crostacei terresti, vermi, molluschi), ma anche fra gli insetti esistono adattamenti peculiari come lo sviluppo di un addome globoso con uno spazio notevole sotto le elitre per potersi portare in giro una scorta di aria umida (pseudofisogastria).
La presenza di torrenti e laghi sotterranei offre un ambiente freatico adatto alla colonizzazione da parte di crostacei acquatici, molluschi, vermi, anfibi e pesci.
Nell’ambiente epigeo sono presenti le piante che, grazie all’energia solare, trasformano la materia inorganica in organica; nell’ipogeo ciò viene svolto dai batteri autotrofi, ma in quantità ridottissima, quindi le risorse trofiche di una grotta provengono quasi esclusivamente dall’esterno attraverso l’acqua, l’aria, gli animali, come ad esempio i pipistrelli che catturano prede all’esterno consumandole molte volte in grotta dove ne lasciano cadere i resti e spesso generano accumuli di guano notevoli.
Nelle grotte ad andamento verticale, con pozzi e inghiottitoi comunicanti con l’esterno, detriti vegetali, animali viventi in superficie e terriccio cadono costantemente apportando nutrienti.
Per questo molti organismi che vivono nel sottosuolo si sono specializzati a nutrirsi di residui di origine vegetale e animale in decomposizione (saprofagi), mentre altri hanno cambiato il loro regime alimentare, come le cavallette di grotta che non si nutrono più di erbe e vegetali come le loro cugine epigee, ma sono diventate carnivore predatrici.
Catene alimentari più o meno complesse legano nell’ambiente ipogeo organismi predatori alle loro prede.
Una classificazione schematica suddivide gli animali cavernicoli in tre categorie senza rigoroso valore sistematico, ma che vengono usate per il loro valore didattico.
Gli organismi troglosseni normalmente vivono nell’ambiente epigeo ed entrano in grotta per caso, per sfuggire ai predatori, per caduta accidentale, perché trasportati dalle acque, per cercare fresco nei periodi estivi, oppure perché lucifughi, igrofili, muscicoli; solitamente si trovano nella zona prossima all’ingresso o sui coni detritici dei pozzi iniziali; non si riproducono e sono destinati a soccombere perché non trovano il cibo adatto, o perché al buio non sanno o non riescono a procurarselo. I troglofili sono entità biologiche che usufruiscono dell’ambiente ipogeo per un dato periodo della loro vita; in particolare i subtroglofili, (pipistrelli, ragni, tricotteri, alcuni lepidotteri, diversi opilioni, volpi, topi, tassi, ecc.), prediligono la grotta per svernare, riprodursi, ripararsi da situazioni meteorologiche avverse e per cercarvi cibo; gli eutroglofili (alcuni coleotteri, ragni, ortotteri, diplopodi, anfibi, ecc.), trovano in ambiente ipogeo condizioni di vita ottimali, sebbene non siano dotati di una particolare specializzazione e non siano completamente vincolati a esso potendo abbandonarlo per escursioni esterne. I troglobi sono gli organismi che per tutta la durata della loro vita hanno bisogno dell’ambiente sotterraneo; sono specie che, nel susseguirsi di migliaia e migliaia di generazioni, hanno raggiunto un grado di specializzazione e più che altro modifiche fisiologiche tali da non poter vivere se non esclusivamente in ambiente ipogeo.
Gli organismi più adattati alla vita sotterranea sono quelli che maggiormente risentono delle variazioni ambientali, magari introdotte dall’uomo, e che pagano in termini di sopravvivenza la loro biodiversità e specializzazione alle condizioni peculiari di questo ambiente estremo.

La fauna di Rio Martino

La grotta è classificata nella Rete Natura 2000 della Comunità Europea come Sito di Interesse Comunitario (SIC) per la presenza di una folta colonia di Barbastelli (Barbastella barbastellus), una particolare specie di pipistrelli la cui diffusione è estremamente limitata. Nei mesi invernali, da novembre a marzo, il Ramo Inferiore della grotta ospita una colonia di questi chirotteri, che vi svernano in condizioni di letargo. In accordo con il Parco del Po – Tratto Cuneese e con il Gruppo di Studio dei Chirotteri Italiani, i gruppi speleologici afferenti alla AGSP si sono impegnati a non organizzare visite alla grotta nel periodo del letargo, in modo da non disturbare i Barbastelli.
Ma la grotta di Rio Martino ospita chirotteri di varie altre specie, fra cui alcune appartenenti ai generi Myotis, Plecotus, Rhinolophus, Eptesicus.
Il progetto di ricerca portato avanti dalla AGSP ha comportato lo studio anche sotto l’aspetto della fauna. La grotta ospita infatti numerose specie entomologiche estremamente adattate alla vita nell’ambiente sotterraneo, fra le quali una specie endemica appartenente al genere Ischiropsalis, un opilione che nell’ambito dell’entomofauna della grotta svolge il ruolo di predatore. Fra le sue prede vi sono diplopodi del genere Crossosoma, i quali a loro volta traggono nutrimento dai detriti organici che arrivano nella grotta trascinati dall’acqua o portati dai visitatori. Nelle acque del torrente sotterraneo sono invece presenti alcuni crostacei acquatici del genere Proasellus e Niphargus.
Poiché si tratta di esseri di ridotte dimensioni, presenti in numero assai ridotto, la loro osservazione è estremamente difficile; la vulnerabilità di tutti questi animali è elevata. Quindi, se capita di avvistarne qualcuno, è d’obbligo evitarne il disturbo ed ancor più la cattura o l’uccisione.

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