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Quando si fa scuola nei parchi

Mentre comincia l'anno scolastico, il percorso di costruzione delle identità per le nuove generazioni si caratterizza da fatiche diverse rispetto al passato. Tra queste, acquisire un comportamento rispettoso dell'ambiente. I parchi del Piemonte, anche quest'anno, offrono a studenti e insegnati numerose proposte di educazione ambientale per accrescere questa consapevolezza. Navigando sui siti web degli Enti di gestione delle Aree naturali è possibile avere una panoramica e scegliere l'educazione come unica via possibile per la tutela dell'ambiente.

Facciamo i nostri auguri a studenti e insegnati per una proficua annata, proponendo – dal nostro archivio – l'articolo 'Il dialogo come conquista' di Barbara Di Tommaso, pubblicato nel 2009 sul numero speciale dedicato all'educazione ambientale.

  • Redazione
  • Gennaio 2009
  • Giovedì, 14 Settembre 2017
Quando si fa scuola nei parchi

 

Per attrezzarsi come adulti e come società rispetto alle funzioni educative oggi è importante riconoscere che troppo spesso i modelli educativi utilizzati e le proposte risentono di analisi eccessivamente approssimate, scarsamente aggiornate, poco sintonizzate coi cambiamenti in atto e con le dinamiche socioculturali, che intendono peraltro influenzare e cambiare.

Costruire una conoscenza approfondita dell'ambiente per potersi collocare creativamente, in termini non solo difensivi
o superficiali, può comportare la scoperta di risorse inedite, di pieghe e anfratti in cui si celano saperi e possibilità, intuizioni e soggettività poco valorizzate. Ciò richiede uno sforzo cognitivo, affettivo e organizzativo, perché significa abbandonare i porti sicuri delle proprie certezze e aprirsi all'avventura della conoscenza, in modo curioso, senza particolari garanzie riguardo agli esiti.
Uno dei problemi con cui chi si occupa di educazione si confronta oggi è proprio questo: la consapevolezza del superamento di alcuni modelli e riferimenti, insieme alla scarsa disponibilità di modelli alternativi immediatamente adottabili. La cosiddetta 'crisi dei modelli educativi' riguarda in particolare il modello dell'autoritarismo: gli adulti vogliono essere in buona relazione coi ragazzi, al punto da arrivare talvolta alle confusioni e perversioni dell'essere "amici".

È per paura dell'autoritarismo che spesso si abdica ad una funzione cruciale come quella dell'autorità, che nel porre dei limiti favorisce la crescita. E' in crisi anche il modello della trasmissione. Vacilla l'idea di poter trasmettere valori, cultura, opinioni; l'educazione oggi è un coacervo di stimoli e suggestioni a tutto campo, provenienti dalle più svariate fonti (TV, famiglia, scuola, costume, ...), stimoli spesso contraddittori, disorientanti, diversamente potenti e influenti. Di fronte alla crisi dei modelli educativi forse si aprono nuove possibilità, ma sicuramente c'è molta sofferenza tra gli adulti: si sa cosa non fare e non si sa bene che fare. Ci si sente impotenti rispetto all'influenza altrui (della TV, della famiglia, del gruppo dei pari, ...), fantasticata come più forte, determinante.
I rischi sono quelli di abdicare o delegare ai professionisti del settore. Contemporaneamente esistono più consapevolezze e sensibilità educative diffuse, che coesistono non sempre armonicamente con incertezze e paure; la società è rappresenta come liquida, caratterizzata dal rischio, da dimensioni di disagio inedite, il futuro è tutt'altro che prevedibile e rassicurante.

Tutto è più mobile e precario, nell'ambiente e nelle relazioni: ci sono crisi profonde e maggiori articolazioni affettive persino nell'istituzione principale, la famiglia: esistono di fatto famiglie monoparentali, allargate, interculturali...; il conflitto tra i generi assume nuove caratteristiche. La genitorialità è più ritardata e limitata, quindi molto più investita di desideri di realizzazione e di preoccupazioni circa le frustrazioni e i pericoli di un mondo rappresentato come poco amichevole, se non minacciante.
Un mondo, un contesto regolato principalmente dal mercato, dalle sue leggi apparentemente neutre e indiscutibili che recepiscono e costruiscono bisogni cui rispondere con prodotti sempre nuovi ed accattivanti.

I cittadini-consumatori, soprattutto se giovani, attraverso i consumi sembrano compensare alcune mancanze (relazionali,
di senso...), ma contemporaneamente sembrano voler affermare identità individuali e collettive ed esercitare un potere scegliendo, decretando il successo o l'insuccesso di un prodotto, che può diventare elemento di riconoscibilità ed accomunamento nella società frammentata.
Il percorso di costruzione delle identità per le nuove generazioni sembra essere caratterizzato da fatiche diverse rispetto
al passato: i modelli di identificazione sono numerosissimi, potenzialmente illimitati, ma talvolta poco attraenti, irripetibili, superati; il fatto di avere davanti a sé tante possibilità (di studio, di lavoro...) mediamente provvisorie non aiuta a compiere scelte ed investimenti; i conflitti che aiutano a crescere sono tendenzialmente congelati alla storia degli anni '60 di cui è stata protagonista l'attuale generazione adulta, più orientata oggi a evitare e bonificare i possibili contrasti che a trattarli. Gli adolescenti si presentano più insicuri, depressi, fragili, forse anche per una percezione diffusa di non poter influenzare l'andamento delle cose, se non su un piano microsociale molto ristretto in cui spesso, di conseguenza, si rinchiudono.

Un altro elemento rilevante è costituito dall'importanza delle tecnologie della comunicazione, che stanno ribaltando la nozione stessa di "relazione", di comunità, di ambiente; gli spazitempi, i confini delle proprie reti si ridisegnano (dal cortile-quartiere-città... al mondo), le appartenenze cambiano, le conoscenze si ibridano e ricompongono rapidamente. Risulta difficile per molti adulti porsi rispetto a tutto questo in una dimensione interlocutoria, non immediatamente giudicante o semplificante, in grado di comprendere cosa i ragazzi trovino di tanto gratificante nella virtualità, in queste particolari tecnologie che contribuiscono a creare legami, conoscenze, ambienti e ruoli.

Si può pensare che le città, le comunità locali debbano e possano costituirsi, ri-pensarsi in questo scenario come occasione articolata per dialoghi molteplici, differenziati, tra soggettività diverse: culture, generi e generazioni? La polis, nell'epoca della complessità, della comunicazione e della globalizzazione, può assumere una funzione di ricucitura di legami sociali, di "palestra" per l'esercizio non distruttivo dei conflitti, di luogo intermedio tra le macrodinamiche (geopolitiche, economiche, ...) poco aggredibili e le microesperienze a rischio di marginalità?
In questa prospettiva torna ad essere rilevante il ruolo dei servizi socioeducativi, che possono reinventarsi come luoghi in cui sperimentare forme di convivenza e relazione particolari, innovative, dando un contributo alla città prendendosene cura "a porzioni" (quel quartiere, quel parchetto, la tal scuola, il campo da calcio, ...), facendo fare esperienza di democrazia e partecipazione, realizzando riconoscimenti ed esercitando un potere limitato, ma significativo, sul mondo circostante.

Le comunità locali, col loro originale patrimonio di storia, arte, cultura, risorse naturali, relazioni, possono aspirare ad essere educanti in modo consapevole e responsabile se l'insieme degli attori sociali (non solo i professionisti dell'educazione, quindi) riuscirà a promuovere dialoghi e relazioni intorno alle esperienze diverse che le animano, assumendo che la complessità del contesto probabilmente non è riducibile o reversibile.
Si tratta di apprendere e promuovere presso i giovani nuove competenze funzionali a porsi proattivamente in situazioni
fluide e dinamiche, per non essere solo travolti dai cambiamenti, ma poter interagire costruttivamente con essi; cruciali diventano le competenze al dialogo e all'ascolto.
Il dialogo per ricostruire il filo delle diverse esperienze, in questa vita-patchwork fatta di accumulazione, ma anche per favorire incontri ed integrazioni multiculturali. L'ascolto rispettoso e attento per imparare dagli altri, all'esperienza, per reinterrogare le proprie categorie e conoscenze, oggi più che mai parziali e inadeguate.

Quindi dialogare sui problemi, sulle cose del mondo e della vita (nei diversi perimetri virtuali e reali, dal quartiere... al pianeta), perché si crei un piacere del pensare insieme, dell'educarsi a vicenda, senza sottovalutare le fatiche inscritte in tale operazione.
L'importante è testimoniare alle nuove generazioni che la fatica dell'apprendere vale la pena, che è cruciale investire per apprendimenti mai conclusi e definitivi. Il rischio è il contrasto tra conoscenze astratte e libresche, saperi preconfezionati e saturi, valori e moralismi, trasmissioni di conoscenze da una parte, e dall'altra la conoscenza dinamica, saperi in costruzione, immersione, interattività. Si può alimentare una scissione generazionale, oppure favorire l'opportunità di imparare insieme a conoscere e riconoscere i mondi diversi che ciascuno si rappresenta e sperimenta, mondi che sono esposti alla giustapposizione e alla discarsa comunicazione. Occorre condividere
l'esperienza del conoscere e conoscersi in un mondo che cambia così velocemente, dove nessuno si sente in fondo "a casa", dove si sviluppano distanze, paure reciproche, estraneità e aggressività.

Le possibilità di dialogo, conflitto, ecc. potenzialmente sono tante, con annesse criticità da affrontare in modo competente.
Ci sono tanti luoghi dove adulti e ragazzi in una città si incontrano/scontrano/sfiorano: lo stadio, il giardinetto, la metropolitana e i bus, il cinema... Si è vicini, ci si osserva e giudica, ma spesso non si interagisce.
Quelli della convivenza più casuale sono i luoghi del dialogo spesso mancato, quello a cui si rinuncia, disperdendo
così un potenziale educativo rilevante e impoverendo il capitale civile e sociale del contesto. Un contesto che va quindi incontrato e riconosciuto, ma anche costruito e decostruito attraverso azioni e relazioni a forte valenza educativa, nonché politica.

Sfoglia il numero speciale 'Educare, l'unica via possibile' - Piemonte Parchi 2009 (pdf)

 

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