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Vagabondi delle stelle

Oggi siamo abituati a vedere un cielo inespressivo, privo di corpi celesti e di profondità, ma le stelle in passato influenzarono artisti, scienziati e poeti. Ma oggi, dove si sono nascoste? Perché non riusciamo a vederle più? Ne parliamo con Irene Borgna, autrice del saggio Cieli neri. Come l'inquinamento luminoso ci sta rubando la notte.  

  • Alessandra Corrà
  • Giovedì, 1 Luglio 2021
Singolo Scatto da 20 sec. Rifugio Fauniera, La Via Lattea con l'obbietivo grandanglare  rivolto verso sud est, in sfondo la cupola di luce dell'inquinamento luminoso prodotto dalla pianura e dalla citta di Cuneo | Foto Federico Pellegrino Singolo Scatto da 20 sec. Rifugio Fauniera, La Via Lattea con l'obbietivo grandanglare rivolto verso sud est, in sfondo la cupola di luce dell'inquinamento luminoso prodotto dalla pianura e dalla citta di Cuneo | Foto Federico Pellegrino

L'osservazione del cielo ha affascinato da subito le civiltà umane; dai babilonesi ai greci, dai romani ai celti, dagli egizi agli aztechi. Questo proiettare gli occhi verso l'alto diede anche origine alla cosmogonia, lo studio comparato dei corpi celesti.

Anche per molti artisti le stelle furono fonti di illuminazione, come successe a Vincent Van Gogh che, dopo aver finito di dipingere uno dei suoi quadri più emozionanti "Notte stellata", affermò: "La notte è più viva e intensamente colorata del giorno".

Oggi, abituati a vedere un cielo inespressivo, privo di corpi celesti e di profondità, tutto ciò ci sembra quasi un paradosso, ma le stelle, che in passato influenzarono artisti, scienziati e poeti, dove si sono nascoste? Perché non riusciamo a vederle più? Cosa è successo ai nostri cieli?

Qualche mese fa non sarei riuscita a rispondere a tali quesiti, perché, come tante persone nate in una grande città, sono cresciuta senza un'idea precisa di cosa fosse un vero cielo stellato, poi ho scoperto il bel saggio di Irene Borgna, Cieli neri. Come l'inquinamento luminoso ci sta rubando la notte, pubblicato da Ponte alle Grazie in collaborazione con Il Club Alpino Italiano.

Grazie a questo libro, che si legge tutto d'un fiato per la capacità dell'autrice di raccontare tematiche ostiche rendendole piacevoli e appassionanti, ho potuto capire come il cielo che vediamo, non è quello "autentico" conosciuto dai nostri antenati ma è, ahimè, un cielo reso buio da luci utilizzate in modo scorretto al fine di rischiarare abitazioni, strade, supermercati e parcheggi.

Secondo l'Atlante dell'inquinamento luminoso, realizzato nel 2016 da un gruppo di scienziati italiani, oggi pare sempre più difficile trovare un luogo da cui poter osservare il cielo senza essere disturbati da bagliori artificiali. Pare infatti che un terzo della popolazione del pianeta viva in regioni talmente illuminate da non riuscire a vedere la Via Lattea, l'Italia, tra l'altro, è uno dei Paesi industrializzati con il più alto tasso di inquinamento luminoso.

Come l'inquinamento luminoso ci sta rubando la notte

Cieli Neri sembra arrivare al momento giusto, per illuminare le nostre menti anziché i cieli, ed è una perlustrazione alla ricerca delle stelle, quelle vere e autentiche, che non riusciamo più a scorgere.

Il viaggio che Irene ha fatto, insieme al suo compagno e al suo cane, a bordo di un camper, seguendo la rotta della Black Murble Map, la mappa della Terra di notte, le ha permesso di individuare alcuni luoghi in cui è ancora possibile godere lo spettacolo di un cielo naturale.

Partendo dalle Alpi Marittime per arrivare al Mare del Nord, pagina dopo pagina, possiamo anche noi attraversare luoghi meravigliosi, come lo straordinario Borgo di Foroglio, incastonato nella bellissima Val Bavona, in Svizzera, le cui tenebre sono tutelate da un piano regolatore, al Parco Naturale Westhavelland, certificato come "Park Dark Sky", in Germania, ai Parchi nazionali dei Paesi Bassi.

Il libro non è una guida turistica, ma il risultato di una vera e propria ricerca, accurata e dettagliata, sulle conseguenze, maanche sui possibili rimedi all'inquinamento luminoso, tematica di cui purtroppo se ne parla ancora troppo poco.

Le conseguenze dell'inquinamento luminoso

Nella nostra cultura, la luce è sempre stata associata al concetto di bene, mentre il buio a fattori avversi. Eppure bisognerebbe comprendere che privandoci della notte rinunciamo a una parte di bellezza, di mistero e di magia legati a un sentimento profondo di connessione con tutto il creato.

Ma oltre a espropriarci di una dimensione magica e poetica, secondo vari studi, ci sono altri aspetti negativi, sia per il mondo vegetale, poiché le fonti luminose sono responsabili di un prolungamento del periodo vegetativo e quindi di un ritardato distacco delle foglie con grave rischio per la vita delle piante, sia per alcune specie del mondo animale, come, per esempio, i coleotteri, le falene o le vespe, che si sono evoluti per utilizzare i livelli di luce come segnali di corteggiamento, ricerca di cibo e orientamento.

Se ciò non bastasse, la luce artificiale nuoce anche alla nostra salute. Secondo alcune ricerche, infatti, un'esposizione prolungata a una sorgente luminosa può incrementare il rischio di contrarre depressione, tumori e diabete .

Come porre rimedio?

Come abbiamo visto, tante sono le incertezze che sorgono qualora la luce venga utilizzata e indirizzata erroneamente, ma il lato positivo è che, rispetto ad altre forme di inquinamento, in questo caso si potrebbe ridurne l'entità seguendo semplici regole: utilizzare luci adeguate, ben indirizzate, e illuminare solo quando e dove serve.

Attualmente in Italia solo in alcune Regioni sono state approvate delle leggi specifiche, come la legge della Lombardia n. 17 del 2000, ma non esiste purtroppo una normativa nazionale, che fissi limiti e criteri all'inquinamento luminoso.

Noi ci auguriamo che in tanti possano leggere il libro di Irene, diventando più consapevoli del mondo in cui viviamo, e che aumenti la sensibilità anche a livello governativo, per  ridurre questo tipo di inquinamento che, tra l'altro, diminuirebbe anche la spesa pubblica.

Chi è Irene Borgna (camera-2112207 960 720)

Con dottorato di ricerca in antropologia alpina con Marco Aime, ha fatto della montagna la sua passione e il suo mestiere. Nata a Savona nel 1984, si è trasferita in Valle Gesso, dove si occupa di divulgazione ambientale e fa la guida naturalistica, portando a spasso per le montagne gli escursionisti. Nel suo libro Il Pastore di stambecchi, ha raccolto la testimonianza di Louis Oreiller, rispettando le sue straordinarie doti di narratore e il suo parlato antico (Ponte alle Grazie, 2018, menzione speciale al Premio Rigoni Stern).

 

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