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Cavoli e salute, un binomio perfetto

I cavoli, protagonisti di molti piatti della guida "Parchi da gustare", sono ortaggi dalle molte e insospettate virtù.

  • Loredana Matonti
  • marzo 2017
  • Martedì, 7 Marzo 2017
cavolo verza Foto L.Matonti cavolo verza Foto L.Matonti

Onnipresente nella nostra cucina così come nei modi di dire, il cavolo, declassato alle parole "da evitare", esprime le emozioni più disparate: ammirazione, stupore, ira...
Povero cavolo! A volte decisamente "inopportuno" e fuori posto come "i cavoli a merenda", altre volte estremamente invadente e ficcanaso, suo malgrado sinonimo di stupidità, fino ad arrivare a quelle certe responsabilità che, ahimè, proprio non si possono schivare, diventando addirittura "cavoli amari". Sicuramente ingiustificato invece, affermare che "non vale un cavolo"; al contrario questi ortaggi sono assai preziosi e prodighi di virtù, sfruttate fin dalle antichità.

Il cavolo appartiene alla famiglia della Brassicacee (ex Crucifere) e in particolare al genere "Brassica", nome latino descritto da diversi autori, attestato in letteratura a partire da Plauto (III-II sec a.C.). L'origine di questo nome è incerta ed è stata fatta risalire a voci greche o celtiche, senza prove totalmente convincenti. Diversi testi etimologici fanno riferimento alla parola "Βράσκη", usata dagli Italici in Magna Grecia per indicare il cavolo. Ortaggio tipicamente invernale, si semina però in primavera.

Ma che "cavolo" vuoi?

E' il caso di dirlo, visto che ne esistono moltissime specie e varietà, le quali differiscono per le loro caratteristiche morfologiche. Escludendo quelle più "esotiche", come le cinesi, le principali usate nella nostra cucina si distinguono in:

  • Brassica oleracea var. sabauda, cavolo verza;
  • Brassica oleracea var. capitata, cavolo cappuccio;
  • Brassica oleracea var. capitata rubra, cavolo rosso;
  • Brassica oleracea botrytis, cavolo broccolo e cavolfiore;
  • Brassica oleracea var. acephala, cavolo nero toscano;
  • Brassica oleracea gemmifera, cavolini di Bruxelles;
  • Brassica oleracea gongyloides, cavolo-rapa;

Ingrediente irrinunciabile della cucina contadina, il cavolo è protagonista di molti antipasti e primi piemontesi, dove viene spesso associato a carne o patate.
Con varie declinazioni lo ritroviamo infatti in molte ricette dei parchi piemontesi, raccolte nella nostra guida scaricabile "Parchi da gustare".
Dai classici antipasti "pess coj" del Parco della Val Troncea, ai "caponet" del Parco del Monte Fenera, in Valsesia, ovvero involtini di verza ottenuti con ingredienti semplici, come carne tritata del bollito avanzato, salsiccia, salame cotto, pane ammollato nel latte e un po' di formaggio per insaporire. Anche nei primi lo sposalizio "del cavolo", da un capo all'altro del Piemonte, è d'obbligo.
Al nord, nel Parco naturale Alpe Veglia e Alpe Devero, sempre la verza, cucinata con altre verdure e carne, dà luogo ad una sorta di stufato: la "cuchela". Nel Parco del Po vercellese alessandrino finisce nel ripieno degli "agnolotti monferrini", mentre nel Parco Val Troncea si impasta assieme alle patate, a formare una sorta di gnocchi, le tipiche "cajettes". Agli antipodi della nostra Regione, nel Parco Marguareis, ai confini con la Liguria, si predilige abbinarla ai fagioli bianchi, in una gustosa e salutare zuppa. Ma "l'onnipresente" cavolo riesce a infilarsi anche tra i secondi, con le squisite trote avvolte in manto di verza e lardo della Riserva naturale di Crava Morozzo. Un'altra varietà invece, il cavolo nero, è protagonista di un piatto unico, la "polenta mescia" del Parco naturale Capanne di Marcarolo.

La nostra Regione vanta anche un "paese del Cavolo", Montalto Dora, nella Serra di Ivrea, in cui il terreno, ricco di humus portato dai detriti alluvionali della Dora, sembra sia particolarmente idoneo alla crescita e al sapore di questo ortaggio, entrato a far parte del Paniere dei prodotti tipici della provincia di Torino e oggetto di una particolare sagra nel mese di novembre.

Tra storia e tradizione

Erano belli i tempi in cui si credeva che i bambini nascessero sotto i cavoli...Complice del modo di dire il fatto che, in comune coi neonati, avessero un periodo di 9 mesi di "gestazione" (quantomeno alcune varietà di allora), al termine del quale spuntavano dalla terra madre come la come la testa di un neonato dal grembo materno. L'altro aspetto analogico si desume per la forma interna del cavolo verza e cappuccio, vagamente riconducibili all'utero.
In genere, venivano piantati a marzo e raccolti a novembre, così come i concepimenti che avvenivano perlopiù in primavera e le nascite in autunno, quando il lavoro nei campi diminuiva.

La semina e la raccolta di tali ortaggi erano compiti esclusivi delle donne, dette "levatrici"(come le donne che aiutavano nel parto) perchè con le due mani e con gesto roteante, tagliavano il "cordone ombelicale" (la radice), staccando così la "testa" del cavolo da terra.
Così affaccendate in questo compito, alcune ragazze si divertivano a chiedere ai giovanotti: "Sapete come nascono i bambini?"           Come se non bastasse, nell'immaginario dei contadini l'ortaggio aveva anche una valenza simbolica particolare: le foglie centrali del cavolo (cappuccio) venivano assimilate al sesso femminile, mentre il fusto (caulis in latino) rappresentava il membro maschile.

Ecco spiegato perché gli antichi lo avevano già eletto a simbolo di vita e fecondità, attribuendogli anche proprietà afrodisiache. Nel mondo latino infatti, l'infuso di foglie era consigliato ai maschi lievemente "spenti" (provare non costa nulla...).
Veniva utilizzato inoltre per curare le più svariate malattie, tanto che sia Plinio, il noto naturalista romano, che Catone, lo ritenevano un ortaggio miracoloso, a cui si doveva la salute del loro popolo. Non solo: lo mangiavano anche crudo, prima dei banchetti, per aiutare l'organismo a reggere meglio l'alcool.
Anche i Greci lo consideravano una pianta sacra, nata dal sudore di Zeus; Pitagora celebrò molto il cavolo e un medico greco, di nome Crisippo (IV secolo a.C.), gli dedicò addirittura un intero libro, in relazione alle varie malattie.

Composizione e benefici
Sarebbe più opportuno dire che i bambini nascono non "sotto" ma (anche) grazie ai cavoli. Secondo recenti ricerche, la vitamina B9, cioè l'acido folico, di cui sono ricche tutte le brassicacee, stimola la crescita cellulare nell'organismo e quindi è l'ideale per incrementare il livello di fertilità dello sperma. I cavolini di Bruxelles, inoltre, contengono diindolilmetano, una molecola capace di modificare il metabolismo degli estrogeni femminili e di rendere le donne più fertili. Forse non è un caso se, nel periodo in cui i cavoli sono di stagione (cioè verso la fine dell'anno), la fertilità aumenta a livello globale: secondo le stime il 9% dei concepimenti avviene nel periodo natalizio, durante il quale queste verdure vengono consumate in maggiore quantità.

Oltre a questo, è l'ortaggio anti-raffreddore per eccellenza grazie all'elevato contenuto di vitamine come la C (circa 60-80 mg ogni 100 grammi, contro i 45 dell'arancia), vitamina A, vitamina K (importante per la coagulazione del sangue), vitamine del gruppo B e minerali come potassio, fosforo, ferro, calcio, zolfo.

Tutte le varie specie contengono inoltre i glucosinolati (GLS), responsabili dell'odore e del gusto pungenti. Un enzima contenuto nella pianta è in grado di decomporli in glucosio e agluconi, tipo "olio di senape". Tale meccanismo scatta anche quando la pianta è ferita; in modo che i ruminanti non la mangino troppo, poiché questi ultimi sono sensibili al gusto acre e all'irritazione causati da tale olio.
Sono proprio questi componenti a essere responsabili delle proprietà analgesiche, antinfiammatorie, decongestionanti, antisettiche, fungicide, dermopurificanti, dermoprotettive, gastroprotettive e cicatrizzanti. Inoltre sembra possieda virtù antitumorali, dovute in particolare a uno di questi agluconi, il sulforafane.

Per questi motivi è uno degli ortaggi più utilizzati nella medicina popolare per cataplasmi esterni in caso di infiammazioni, edemi, dolori, con i quali si provoca una leggera irritazione che stimola il sistema immunitario a intervenire; le molecole degli agluconi passano facilmente la cute legando con le molecole responsabili dei dolori.
Inoltre, un suo consumo abbondante svolge azione disinfettante e antibiotica sia per l'intestino sia per l'apparato respiratorio. Il decotto di foglie di cavolo-verza sembra infatti aiutare a combattere bronchiti e asma, nonché malattie dell'apparato gastro-digerente. L'acqua di cottura, ricca in zolfo, è una panacea per la pelle ed è utilizzata per la cura di eczemi e infiammazioni.

Il succo fresco, centrifugato, è utile nella cicatrizzazione dell'ulcera gastrica e nella prevenzione della degenerazione delle articolazioni, come le artriti e le artrosi, oppure cotto, per combattere la stipsi.
Dalla lacto-fermentazione del cavolo invece, si ricavano i famosi "crauti", il più noto alimento ottenuto dalla fermentazione lattica, che contengono grande quantità di colina, una sostanza che ha la capacità di abbassare la pressione sanguigna, regolarizzare l'assorbimento dei grassi nell'organismo e facilitare il passaggio di nutrienti nel sangue.

Appreso tutto ciò, non si può che abbondare di tale ortaggio, in tutte le sue varietà, deliziandosi con le numerose ricette della nostra cucina.
Evitando solo accuratamente, il più possibile, i "cavoli amari". E non solo in tavola...

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