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Prà da Smens, semi per ricreare habitat

Un progetto finanziato con fondi europei prevede la raccolta dei semi di piante erbacee e la loro semina per ripristinare la biodiversità vegetale. 

  • Laura Succi
  • Febbraio 2024
Mercoledì, 21 Febbraio 2024
Foto archivio EGAP Po Piemontese Foto archivio EGAP Po Piemontese

Prà da Smens, in piemontese, significa prati da seme. Questo è anche il nome scelto, a proposito, per un progetto finanziato dal Fondo europeo per lo Sviluppo Rurale che parte dal principio che dai prati stabili di più di 40 anni, soprattutto nelle aree protette, compresi i siti della Rete Natura 2000, sia possibile raccogliere semi di piante erbacee. Questi verranno poi utilizzati per inerbire o ripristinare l'ambiente, in natura o in zone degradate, anche a partire da suoli nudi. Questo materiale di alta qualità ha infatti notevoli capacità di adattamento e resistenza agli stress ambientali, è garanzia di sopravvivenza a lungo termine dei nuovi impianti e contribuisce ad arricchire i prati in termini di biodiversità. Oltre 470.000 euro il valore complessivo del progetto, quasi interamente coperto da contributo pubblico.

Le piante interessate dal progetto sono costituite da specie ed ecotipi locali autoctoni. Per ecotipo si intende la popolazione di un animale, una pianta o altro organismo, strettamente collegata nelle sue caratteristiche all'ambiente ecologico in cui vive. Si tratta nello specifico di alcune specie di graminacee foraggere, tipiche dei prati più antichi dell'alta pianura piemontese, che alle Vallere sono ben rappresentate, come Arrhenatherum elatius, sottospecie elatius, detta avena altissima

Michele Lonati, professore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell'Università degli studi di Torino e responsabile del progetto, parla di un programma complesso, che terminerà il prossimo anno, ma che ha i numeri per continuare a dare frutti in un futuro più lontano perché risolve problemi concreti. "Questo è un sistema naturale per ricostruire interi ambienti naturali ed è una risorsa importante per le opere di ingegneria naturalistica e per tutti i lavori che comportano inerbimenti estensivi come la creazione di prati e pascoli permanenti, la protezione dei versanti dalle frane e il recupero di cave, bordi stradali, piste da sci, cantieri in genere, cioè contesti estremi e aree difficili da ripristinare" spiega. Esperienze già condotte nelle regioni del Nord Italia come Lombardia e Valle d'Aosta hanno concordemente dimostrato come l'impiego di sementi autoctone sia tecnicamente valido, anche da un punto di vista economico.

L'eccellenza dei prati del Parco naturale del Po piemontese

Lo scopo finale dei Piani di Sviluppo Rurale è sempre quello di garantire la continuità nel lungo periodo delle azioni avviate: costruire una filiera corta di approvvigionamento che duri nel tempo e che abbia gambe per svilupparsi in autonomia. Al momento sono stati individuati diversi "siti donatori", ovvero prati e pascoli con caratteristiche idonee alla raccolta del seme.Per ciascun sito donatore sono stati presi accordi con gli agricoltori che lo gestiscono ed è in fase di completamento la definizione delle regioni di origine, omogenee dal punto di vista biogeografico, all'interno delle quali il seme raccolto può essere utilizzato o commercializzato.

Con questi propositi da sviluppare il DISAFA, con la collaborazione di Roberto Damilano, responsabile tecnico dell'Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese (ma non più dipendente dell'Ente parco da gennaio 2024) individuano alcuni prati che si trovano a Moncalieri, nel Parco naturale del Po piemontese. Si tratta di prati molto particolari data la loro storia, la loro collocazione geografica nella pianura piemontese e la loro ricchezza da un punto di vista floristico, che sono stati inseriti tra i siti donatori della Regione Piemonte e che sono già stati utilizzati per la raccolta di seme per inerbire alcune aree di cava localizzate nel Comune di Fossano. Secondo Damilano questi semi potranno anche essere impiegati oltre la conclusione del progetto 'Prà da Smes': l'Ente Parco potrebbe infatti proseguire a lavorare in autonomia impiegando le proprie sementi per inerbire altri luoghi del territorio di propria competenza. È importante dire che si tratta di terreni acquistati negli anni Settanta dalla Regione Piemonte e sottratti alla speculazione edilizia con un atto lungimirante, che oggi permetterà anche di ripristinare delle aree degradate regionali. Una delle loro particolarità è dovuta alla gestione: l'Ente Parco li ha curati negli anni in modo tradizionale, garantendone così la conservazione.

Damilano aggiunge dettagli: "Dei 34 ettari complessivi circa 21 sono coltivati a prato stabile; non abbiamo la certezza che tutti i prati abbiano esattamente più di quarant'anni, però è fuori di dubbio che negli anni Settanta i bovini pascolavano qui".

Il DISAFA ha avviato quindi lo studio preliminare e le analisi sul campo: i ricercatori universitari hanno realizzato rilievi su circa 12 ettari. "Da sempre curiamo i prati secondo i tempi e i modi della tradizione piemontese, attenti al valore paesaggistico e alla biodiversità" spiega Damilano "Il DISAFA ha accertato che la composizione di specie è molto interessante per l'ottimo patrimonio genetico originario. Si deve sapere che la stragrande maggioranza dei prati che si vedono in giro, anche i più belli, sono composti da sementi selezionate in altre parti del mondo, provenienti soprattutto dall'Europa orientale o dalla Nuova Zelanda. Le specie sono le stesse, sono le sottospecie e le varietà che hanno delle differenze, ne deriva che sono le nostre le piante più adattabili in assoluto al nostro ambiente e il loro impiego va a tutto vantaggio della biodiversità".

Come avviene la raccolta dei semi?

Lo strumento individuato è una spazzola rotante trainata da un trattore. La macchina agisce solamente sull'apice delle erbe, passa e non le danneggia, asportando una piccola porzione di infruttescenze: la perdita di biomassa è lieve. Lonati spiega che "la macchina, che in realtà è un prototipo, è stata sperimentata dalla cooperativa agricola Agriservizi di Vinovo e in un prossimo futuro potrà raccogliere la semente dai siti donatori su richiesta dei potenziali committenti, svolgendo, grazie ai suoi soci, attività di contoterzista sull'intero territorio regionale, in questo modo la nuova filiera delle sementi autoctone avrà un unico intermediario".

A questo proposito Damilano racconta l'esperienza dello scorso anno: "Come sappiamo il 2022 è stato un anno molto difficile sotto l'aspetto idrico: nel mese di maggio non è caduta nemmeno una goccia di pioggia, cosa che tra l'altro ha seguito l'andamento dei due anni precedenti. Il clima caldo ha favorito l'azione di raccolta del fieno, ma la quantità in sé è stata scarsissima. Non solo, per la prima volta da quando lavoro al Parco, circa 25 anni ormai, non ci è stato possibile fare che due tagli nel corso dell'anno, cosa che, fino ad alcuni fa, mai avrei immaginato potesse accadere. Aggiungo alcuni dati: sommando la produzione del primo e dell'ultimo taglio non abbiamo raccolto che il 30% dell'anno precedente. Ogni rotoballa di fieno ha un peso di circa tre quintali: fino a qualche anno fa, solo con il primo taglio se ne ottenevano quasi 100. Per raccogliere i semi è stato necessario posticipare di alcuni giorni il primo taglio, quello che si esegue dalla metà di maggio fino ai primi di giugno, per permettere alle erbe di andare a seme. Per questo è auspicabile che all'agricoltore venga corrisposto un compenso economico per compensare la perdita di qualità del fieno. Tipicamente in Piemonte i tagli dei prati da fieno sono tre. il secondo in genere viene fatto a fine luglio, inizio agosto e il terzo a settembre - ottobre, tenendo conto che è necessario qualche giorno asciutto per poter tagliare l'erba".

Queste ottime sementi ricordano molto quello che nell'attività agricola tradizionale padana veniva chiamato fiorume: a quei tempi si faceva il fieno, lo si riponeva nei fienili e una volta finito tutti i semi che restavano a terra venivano raccolti con cura e conservati fino alla stagione successiva. I contadini di allora non avrebbero mai buttato via quel ben di Dio, sapevano benissimo che avrebbe dato ricchezza e continuità ai loro prati.

"Questo lavoro mette sotto gli occhi di tutti il pregio ambientale del Parco Le Vallere nei cui prati è stata custodita una biodiversità che altrove è andata in gran parte perduta: è come se quei semi fossero passati di mano in mano, di generazione in generazione, per giungere fino a noi, ed è un sapere che abbiamo il dovere di tutelare, proprio perché consapevoli che il valore paesaggistico, ecologico, naturalistico di quei prati è immenso, pari a quello delle foreste" conclude Damilano.

Prà da Smens è un progetto del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell'Università degli studi di Torino realizzato insieme a diversi collaboratori tra i quali il Consorzio Forestale Alta Valle Susa, Coldiretti Torino, Frabosa Sky, Bardonecchia Colomion Group, Institut Agricol Régional di Aosta, Monterosa 2000, Ente di gestione delle Aree Protette delle Alpi Marittime, l'Istituto Piante da Legno e Ambiente (IPLA), Centro Flora Autoctona della Regione Lombardia, Buzzi Unicem, Riserva Bianca Limone Piemonte, Soc. Coop. Agricola Agriservizi, Cascina Oschiena nel Parco naturale della Partecipanza e delle Grange vercellesi e una trentina di siti donatori, tra i quali, appunto il Parco Le Vallere, che ora risultano inseriti in un elenco ufficiale regionale di siti donatori.

Per informazioni:

Prà da Smens, webinar e Giornata dimostrativa

 

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