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Il leviatano e le sirene

Il leviatano e le sirene è la nuova esposizione temporanea allestita al Museo Paleontologico di Asti che propone al pubblico reperti provenienti dalla propria collezione e da quella del Museo di Geologia e Paleontologia dell'Università di Torino. La mostra è incentrata su due scheletri risalenti a tre milioni e mezzo di anni fa, unici al mondo: il capodoglio di Vigliano d'Asti e il dugongo di Montiglio.

  • Alessandra Fassio
  • Settembre 2023
Giovedì, 28 Settembre 2023
Capodoglio fossile di Vigliano - Foto arch. Museo paleontologico dell'astigiano Capodoglio fossile di Vigliano - Foto arch. Museo paleontologico dell'astigiano

Il museo Paleontologico

Il museo, gestito dal Parco Paleontologico Astigiano, è allestito all'interno del Palazzo del Michelerio, antico edificio eretto a metà del 1500 come monastero e poi utilizzato come orfanotrofio fino al 1971.

Il museo si trova nei seminterrati del palazzo, comprende un primo percorso che tratta la paleontologia generale e quella territoriale descrivendo i periodi geologici tra il Miocene e il Pliocene, con una carrellata degli eventi degli ultimi 25 milioni di anni. Segue il percorso in cui sono esposti resti scheletrici fossili di cetacei astigiani, sia misticeti (balene) che odontoceti (delfini), risalenti all'epoca pliocenica (tra 5 e 2 milioni di anni fa) quando tutta la Pianura Padana era occupata dal mare. La collezione di cetacei fossili, ritrovati negli ultimi 60 anni in Piemonte, è una delle più importanti d'Italia e d'Europa. Alcuni di questi reperti sono unici, per esempio la balenottera di Valmontasca (Vigliano d'Asti), ritrovata nel 1959, è forse l'esemplare più completo, lungo 8 metri, mentre il delfino di Settime d'Asti è l'unico rappresentante della sua specie. Ultima arrivata è la balenottera di Chiusano d'Asti, denominata "Marcellina" dal nome della cava di argilla (Cellino) in cui è stata rinvenuta nel 2003.

In museo è anche presente la ricostruzione della mandibola del megalodonte, l'enorme squalo preistorico che viveva circa 20 milioni di anni fa nei mari piemontesi.

ma non sono esposti solo cetacei e squali. Possiamo ammirare i resti fossili locali di alcuni tra i primi vertebrati terrestri, che popolavano le paludi presenti nella zona di passaggio dall'ambiente marino a quello continentale.

Di notevoli dimensioni il palato e i denti del mastodonte, antico proboscidato simile agli elefanti e ormai estinto, ritrovato a Villafranca d'Asti. Numerosi sono stati altri ritrovamenti di vertebrati terrestri come rinoceronti, tapiri, macachi e tigri dai denti a sciabola.

Al termine del percorso ecco l'acquario preistorico, una ricostruzione in verità un po' fantasiosa, degli antichi fondali del Mare Padano, un'attrazione di eccezionale bellezza, unica per il Piemonte. Si tratta di uno spicchio vivo di mare tropicale che ricrea l'ambiente della barriera corallina e che permette di raccontare uno spaccato di vita di un periodo lontano, ancora poco conosciuto e studiato, attraverso l'osservazione di un fondale ricco di biodiversità in cui i coralli offrono riparo a pesci, molluschi e crostacei.

Salendo nuovamente al piano terra nell'ex chiesa del Gesù, suggestiva costruzione del XVI secolo e parte integrante del museo, è allestita la mostra temporanea "Il leviatano e le sirene".

I reperti esposti in "Il leviatano e le sirene"

Lo scheletro del capodoglio di Vigliano è stato rinvenuto nell'autunno 1929 durante i lavori di risistemazione di una vigna. Il reperto destò scalpore nel paese di Vigliano e in particolar modo nella frazione Valmontasca dove venne trovato. All'epoca della scoperta, il fossile venne considerato dagli abitanti del luogo come lo scheletro di un misterioso serpente di mare. Il reperto proviene dai sedimenti di transizione tra sabbie ed argille ed ha circa 3 milioni e mezzo di anni, poco lontano dal sito della balenottera che verrà scoperta 30 anni dopo. L'esemplare viveva in un mare caldo, caratterizzato da una grande biodiversità, insieme a numerose specie di cetacei oggi estinte.

Di questo capodoglio sono esposte le ossa della scapola, dell'omero, radio, ulna, coste, vertebre, parte dello sterno e alcuni frammenti di ossa a forcella o chevron, purtroppo il cranio non si è conservato. Con il cranio, ricostruito per l'occasione ad opera di un giovane scultore locale, l'esemplare si pensa potesse raggiungere circa i 10 metri e pesare intorno alle 25 tonnellate!

Il dugongo di Montiglio

Anche questo fossile è molto importante per la scienza: è il primo sirenio scoperto in Italia, circa un secolo prima del capodoglio di Vigliano. Lo scheletro proveniente dai sedimenti pliocenici di Montiglio venne ritrovato nel 1828. Gli studi più recenti assegnano questo scheletro alla specie Metaxytherium subappenninum che rappresenta l'ultima specie di sirenio che abbia abitato il Mediterraneo e ne collocano l'età intorno ai 3 milioni e mezzo di anni fa.

I Sirenii sono un ordine di mammiferi erbivori acquatici, che attualmente vivono in ambienti marini costieri e anche in acque dolci della zona tropicale. Lo scheletro comprende un cranio parziale e alcuni denti in ottimo stato di conservazione e pressoché privi di usura, cosa che ci suggerisce che, al momento della morte, l'individuo fosse ancora giovane. Oltre a cranio e denti, sono giunti fino a noi tre blocchi che contengono 11 vertebre allineate e in articolazione insieme con almeno 35 frammenti di coste e una scapola. I resti ossei si presentano schiacciati e fratturati a causa del peso dei sedimenti che sovrastavano lo scheletro.

Lo zifide di Vigliano

La colonna vertebrale esposta, ritrovata nel 1954 nei dintorni di Vigliano, mostra gli ampi processi trasversi e gli alti canali neurali all'interno dei quali procedeva il midollo spinale. La buona conservazione di queste ossa fossili, risalenti ad oltre 3 milioni di anni fa, permette di ricostruire anche l'apparato delle vene e delle arterie che irroravano la muscolatura della coda di questo particolare mammifero. Gli Zifidi (Berardiopsis pliocaenus) rappresentano una famiglia di cetacei odontoceti caratterizzata da vertebre con alti e robusti processi neurali necessari per l'attacco di una muscolatura dorsale particolarmente potente. I denti negli zifidi sono ridotti e talvolta assenti. Si tratta di cetacei capaci di immergersi a grandi profondità (oltre 1800 m) per catturare cefalopodi e pesci di cui si cibano. Possono raggiungere lunghezze di 13 metri e pesare fino a circa 15 tonnellate.

Questo resto costituisce un ulteriore ritrovamento proveniente da Vigliano d'Asti, che si conferma essere una delle aree più ricche di ritrovamenti di cetacei fossili d'Italia. Con la "Viglianottera" la balenottera fossile del 1959, conservata in museo nella collezione permanente, sono tre gli esemplari fossili esposti al pubblico.

Tersilla, la Balenottera di San Marzanotto.

Il reperto, amichevolmente chiamato Tersilla, non solo è stato determinato come una nuova specie (Marzanoptera tersillae) ma è anche un esemplare unico al mondo. È stato studiato dai paleontologi del museo di Asti attraverso la TAC e grazie ai dati digitali è stato possibile ricostruire il modello del cervello. Nella mostra sono esposti anche numerosi denti di squalo trovati in associazione con il reperto e l'illustrazione dei segni di predazione.

La più antica balena del Mediterraneo

Il reperto di Moleto (AL), databile intorno ai 20 milioni di anni fa, rappresenta anch'esso una nuova specie e un nuovo genere (Atlanticetus lavei) ed è la più antica testimonianza fossile di un misticete con fanoni del Mediterraneo. Il reperto, per quanto molto frammentario, ha permesso una ricostruzione dell'animale incredibilmente dettagliata.

Lo studio condotto dal team di ricerca astigiano, pubblicato sulla prestigiosa rivista Papers in Palaeontology, ha inoltre fornito importanti elementi paleobiogeografici, che dimostrano come l'invasione del mediterraneo da parte dei misticeti sia avvenuta in tempi molto antichi con migrazioni provenienti sia dal nord Atlantico che dal nord Pacifico.

Il Catalogo illustrato dei mammiferi marini fossili dei musei piemontesi

Il catalogo illustra per la prima volta l'intero repertorio dei cetacei, sirenii e pinnipedi presenti nelle collezioni del Museo di Geologia e di Paleontologia dell'Università di Torino, del Museo Paleontologico Territoriale dell'Astigiano e del Museo Civico "Federico Eusebio" di Alba. Si tratta di ben 140 esemplari la cui età varia tra il Miocene inferiore (circa 19 milioni di anni fa) e il Pliocene inferiore (circa 3 milioni di anni fa) e che testimoniano i cambiamenti nella biodiversità del bacino Mediterraneo attraverso una successione di specie che oggi non esistono più. Lo stato di conservazione di buona parte di queste collezioni è spettacolare e questo fa sì che i reperti piemontesi rappresentino il focus di programmi di ricerca nazionali e internazionali diretti allo studio delle forme di vita del passato e la loro evoluzione, insieme con i cambiamenti ambientali e climatici che si sono realizzati in questo ampio intervallo temporale.

Questo ricco catalogo, che fa parte di una collana a cura dell'associazione Paleontologica Astensis, rappresenta anche il tentativo di sintetizzare circa tre secoli di ricerche sul territorio fatte da persone diverse: scienziati ma anche contadini ed operai, che per vari motivi si sono imbattute nei fossili dei mammiferi marini che affioravano nelle vigne e nelle strade. In molti casi questi fossili sono stati l'oggetto di studi che hanno letteralmente fatto la storia della Paleontologia dei vertebrati in Italia.

Il catalogo costituisce dunque uno strumento fondamentale per comprendere la passata biodiversità dei mammiferi marini in Piemonte e la loro evoluzione. Più in generale, esso rappresenta uno strumento per censire e valorizzare quel grande patrimonio culturale che è la paleontologia piemontese che caratterizza e connota gli antichi territori e l'insediamento umano di questa regione.

Il volume vuole essere un elemento fondamentale nel percorso di studio, conservazione e fruizione delle collezioni paleontologiche che non solo gli Enti pubblici ma anche associazioni locali, in particolare il Distretto Paleontologico dell'Astigiano e del Monferrato e la Paleontologica Astensis stanno portando avanti da alcuni anni attraverso ricerca scientifica, pubblicazioni e mostre.

Oggi,e ancor più in un futuro dominato dalla tecnologia, i beni paleontologici rappresentano una delle ultime forme di beni culturali, nell'ottica di un marketing territoriale che valorizzi un prodotto culturale locale esclusivo e non imitabile. Il catalogo infatti illustra ed enumera per la prima volta una delle più intriganti categorie di beni culturali che viene portata all'attenzione di diverse tipologie di pubblico: i mammiferi marini.

La scienza ci dice che le collezioni piemontesi costituiscono un unicum a livello nazionale ed è compito di coloro che amministrano il territorio far sì che le scoperte scientifiche diventino patrimonio di tutti.

Questa pubblicazione, insieme con il volume della collana che lo ha preceduto (Valle Andona Mare e Fossili), la mostra Balene preistoriche e la nuova mostra costituiscono passi in questo senso e danno la forma ad un percorso che, nonostante le tante pubblicazioni scientifiche, ha ancora tanto, anzi, tantissimo da mostrare.

La nuova mostra temporanea

"Il leviatano e le sirene" sarà visitabile dal 16 settembre 2023 al 16 settembre 2024, presso il Museo Paleontologico Territoriale dell'Astigiano, Palazzo del Michelerio, Corso Alfieri 381, Asti.

Orari di apertura: 
dal lunedì al venerdì ore 11.00 – 17.00
martedì giorno di chiusura
sabato e domenica ore 11.00 -18.00
biglietto: 7 euro per l'ingresso; 10 euro per l'ingresso con visita

 

Per approfondimenti:

Sito parco paleontologico astigiano 

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