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Parchi, quando gli sport (invernali) sono eco-compatibili

Viaggio tra le aree verdi piemontesi dove è possibile praticare attività sportive nel rispetto della natura. Tra sci e ciaspole.

  • Paolo Procaccini
  • dicembre 2011
Mercoledì, 28 Dicembre 2011


Sci alpino, di fondo e ciaspolate. Sono le tre attività sportive più "ecocompatibili" in cui si possono impegnare gli appassionati all'interno dei parchi del territorio regionale. Tra le tante iniziative pensate dagli Enti custodi delle aree protette per promuovere buone pratiche che rispettino la natura che ci circonda, Piemonte Parchi ha voluto capire quali attività sportive potessero essere svolte nei luoghi "verdi" durante la stagione più fredda dell'anno. Turismo, commercio e sviluppo economico passano in secondo piano, concentrando l'attenzione sull'ambiente. Quindi sport, ma con una parola d'ordine: ecocompatibile. Partendo dai "mostri sacri" delle attività sportive invernali, sci da discesa e snowboard sono le attività più popolari e al contempo invasive per l'ambiente alpino, perché – tralasciando gli impianti da risalita - rumori e discese fuoripista sono sufficienti a spaventare gli animali che, a lungo andare, scappano. Portando ad esempio un abitante d'alta quota, il fagiano di monte è l'uccello che all'Alpe Devero, al confine con la Svizzera, nella Provincia di Verbania-Cusio-Ossola, non ha più un'organizzazione sociale. Fino a qualche anno fa i maschi si riunivano in arene per richiamare le femmine con rogolii, saltelli, piccoli voli ed esibizione del piumaggio. Poi il gruppo si è destrutturato e ai maschi non rimane che attirare il partner cantando dagli alberi. Tra le cause del cambiamento c'è il clima che muta, l'ambiente che si trasforma, a cui se ne aggiunge una terza, che poi è l'unica su cui si potrebbe intervenire subito: l'uomo che lo disturba con le sue attività invernali. La stagione fredda crea condizioni di stress per flora e fauna, che devono pensare al loro mantenimento, superando le rigide temperature montane. Il fagiano scava buche lunghe 60 cm nella neve per disperdere meno energie possibili. E se alle difficoltà della natura si aggiungono gli effetti di attività sportive fortemente impattanti, il risultato è quello del pennuto del verbano, o peggio. Oltre ai classici della neve, anche arrampicare le cascate di ghiaccio, nonostante possa apparire un'attività poco invasiva per l'ambiente circostante, può incidere sulla vita invernale di alcuni ungulati, come camosci e stambecchi. Certo è che per essere un atleta "invisibile" alla natura, bisogna accettare compromessi: pattinare nel silenzio con gli sci da fondo potrebbe essere meno emozionante che "surfare" i versanti con la tavola ai piedi, oppure camminare con le ciaspole può essere più impegnativo e faticoso che sfrecciare lungo i pendii. Rimane che messe al setaccio le principali attività, salgono sul podio degli sport "verdi" lo sci alpino, da fondo e le camminate con le ciaspole, considerate attività ad "impatto zero" o molto basso. Ma con una postilla: solo se esercitati nel rispetto delle regole imposte. A vanificare qualsiasi discussione sugli sport "sostenibili" ci pensa chi si sente "eco", ma poi getta carte a terra – abitudine tutt'altro che dimenticata -, o non rispetta i segnali che indicano i percorsi e i tracciati pensati per evitare di disturbare gli animali. Ma sembra ci sia chi è ancora più in difetto, assumendosi il diritto di aprire piste mai approvate in aree dedicate agli animali. L'esempio giungerebbe da uno dei gestori delle piste da discesa del Gran Paradiso. «Per creare più sentieri per le ciaspolate, con una motoslitta traccia nuove piste per rendere meno faticosi i tracciati, passando sopra tutto: piante, tane e alimenti degli animali», raccontano dall'Ente. Al di là di queste isolate situazioni - a cui il parco nazionale reagirebbe chiedendo ai visitatori di evitare i sentieri abusivi -, anche gli sport annoverati tra i meno impattanti possono riservare sorprese e non sempre gradite alla natura. Le variabili sono molte, perché di mezzo c'è la responsabilità con cui ogni visitatore approccia all'ambiente che lo ospita. Meglio quindi prestare attenzione alle aree che ci circondano, evitando di attraversare boschi e sentieri senza precauzioni verso l'ambiente alpino e le vite che lo popolano. Ed è poi meglio muoversi in fila indiana per limitare i danni al sottobosco, ai rifugi degli animali e alla vegetazione, anziché aprirsi a ventaglio, moltiplicando i danni per il numero di cultori. Consapevole dell'importanza di portare i giovani nei parchi, la sezione Uisp regionale, retta da Francesco Aceti, si è attrezzata mettendo in programma attività sportive invernali volte all'educazione ambientale per le scuole. Quindi corsi di arrampicata, escursioni con le racchette da neve e semplici trekking sono alternati a nozioni di astronomia. A cui seguono percorsi alla scoperta del mondo montano tramite lo sport all'aria con semplici passeggiate o ciaspolate con le racchette. Consacrate le alternative che meglio rispondono alle esigenze della natura, alla lista degli sport più invasivi per l'ambiente alpino non rimane che aggiungere il downhill su neve (come la sua versione estiva). Lanciandosi con la bici da monte verso valle l'adrenalinico divertimento è assicurato, come altrettanto probabile è la fuga degli animali. Ma non sarebbe solo una questione di tipo di attività. Almeno è l'idea di Ivano De Negri, direttore del parco dell'alpe Veglia e alpe Devero, che spiega: «Gli impatti sull'ambiente sono legati alla quantità di persone che la svolgono». Un tema che però non tocca da vicino il parco del Vco che se al Veglia conta circa dieci ingressi in inverno (inclusi i guardia parco) a causa dei sentieri troppo impervi per i poco esperti, al Devero ha sistemato le attività sportive nella zona di salvaguardia da 2mila ettari che tutela gli 8mila di parco. A differenza dell'area verde regionale, il parco nazionale della Val Grande non contiene nessuna attività sportiva impattante, perché la morfologia della montagna impedisce qualsiasi sport invernale. E il primo effetto è che l'unica attrattiva permessa sono le camminate con le ciaspole. Altro tema importante per comprendere quanto siano invasive le attività montane sulla vita dei parchi sono i trasporti con cui i visitatori giungono nelle aree protette. Per minimizzare l'impatto dell'inquinamento portato dalle auto dei visitatori, al Veglia-Devero hanno istituito un servizio di navetta pensato per migliorare il trasporto degli utenti, attrarre visitatori e al contempo aiutare la natura. I turisti parcheggiano l'auto all'arrivo della camminata che faranno, dove sono recuperati con un bus che li trasporta alla partenza. Giunti alla "porta" principale e affrontate le oltre sei ore di marcia, l'auto è lì. E il risultato di ridurre i movimenti dell'automobile e l'emissioni di Co2 è stato raggiunto. Ogni parco può dunque proporre e organizzare in completa autonomia le attività sportive da offrire ai visitatori. Nessuna norma è mai stata prodotta e questo proprio perché ogni parco ha necessità diverse, seppur all'interno di un'unica cornice qual è la salvaguardia dell'ambiente. È una lontana legge quadro del 1991 che scrive: "Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio ed è adottato dall'Ente [che disciplina] lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative". Garantita dunque l'autonomia dei parchi, per il direttore del Gran Paradiso, Michele Ottino: «Qualsiasi attività sportiva ha un impatto sulla fauna: si tratta di capire come gestirla». Una soluzione la offre De Negri: «In alcune zone della Svizzera è stato vietato il fuoripista, perché impedisce la riproduzione delle piante. In altre località sono stati posizionati dei segnalatori sui cavi degli impianti sciistici per evitare che i volatili andassero a sbatterci contro». E continua: «Per impedire il fuoripista basterebbero delle reti, come già sono utilizzate per altre occasioni, oppure sarebbe sufficiente vietarla fino alle 10 del mattino, perché dall'albeggiare e per un paio d'ore circa gli animali si alimentano di quel poco che riescono a trovare in inverno ed è bene che non siano disturbati». Anche un'attività come lo sci alpino potrebbe quindi rovinare la quiete della fauna, provocandone a lungo andare il declino e la scomparsa della popolazione, che inizierebbe a scegliere luoghi meno caotici o semplicemente più sicuri. Nonostante ci siano alcune flebili alternative per migliorare l'integrazione tra le attività ludiche umane e la vita degli animali, molte pare non siano accolte senza neppure essere prese in considerazione. «Si tratta di trovare il giusto equilibrio, come si fa in altre località sparse per le Alpi – scandisce De Negri –, ma in Italia si fa molta più fatica. Abbiamo meno sensibilità e poi quando si propongono alcune soluzioni è subito detto che si vuole bloccare lo sviluppo economico». Ad opporsi a normative più stringenti non sarebbero gli appassionati del settore, già attenti all'ambiente montano e quindi più propensi a salvaguardare le specie che popolano i versanti. «Il problema sono gli imprenditori e gli amministratori – scandisce il direttore. E tra i due, i secondi hanno maggiori difficoltà, perché temono che un cambiamento delle regole distrugga l'economia». Se da un lato sarebbe dunque necessario intervenire per difendere con maggiore impegno l'ambiente del parco, dall'altra parte sarebbero poche e timide le reazioni di chi può prendere decisioni. Ridando rilievo a sviluppo economico e commercio, con buona pace dei più. Forse escluso il fagiano di monte.

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