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Cinghiali, ecco come li gestisce un parco

Anche nel neonato Parco naturale dell'Alta Val Borbera, sull'Appennino piemontese, a settembre entra in vigore il "Piano di controllo della specie cinghiale": interventi e azioni di contenimento della specie che avranno luogo nel quinquennio 2020-2025. 

  • Lorenzo Vay
  • Settembre 2020
Lunedì, 31 Agosto 2020
Cinghiali, ecco come li gestisce un parco

E' in risposta alle disposizioni contenute nel "Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità" (L.R. n. 19/2009) che l'ufficio tecnico dell'ente di gestione delle Aree protette dell'Appennino Piemontese, in collaborazione con l'Area di vigilanza, ha predisposto il Piano di controllo del cinghiale, approvato dall'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e dal Settore Biodiversità e Aree naturali della Regione Piemonte.

Un Piano di gestione la cui finalità principale è la riduzione, se non l'azzeramento, dei danni provocati dalla specie nell'area protetta nonchè l'individuazione di valori soglia di spesa per il risarcimento dei danni da cinghiale (incidenti stradali compresi) che si intende conseguire per rendere tali indennizzi sostenibili. E quindi, incrementare le altre presenze di specie faunistiche e floristiche presenti nell'area protetta, di recente istituzione. 

Le "Linee guida per la gestione del cinghiale (Sus scrofa) nella aree protette" dell'ISPRA, prevedono che le tecniche impiegate per la prevenzione dei danni causati dal cinghiale alle colture possano essere di tipo diretto e indiretto; ognuna di queste è caratterizzata da un'efficacia relativa e da un rapporto costi/benefici che non possono essere stimati in assoluto, ma che dipendono dal contesto ambientale, faunistico ed economico-sociale nel quale vengono applicate.

Nel Parco Natura dell'Alta Val Borbera la messa in opera di tecniche di contenimento indiretto, utilizzando principalmente le recinzioni elettrificate, è attuata dalle poche aziende agricole, soltanto nelle aree di maggiore accessibilità, mentre, per quanto riguarda le piccole proprietà private, le reti vengono utilizzate in prevalenza per gli orti e i piccoli frutteti.
Pertanto, in questa prima fase di avvio della gestione della specie cinghiale nel parco naturale, le attività di prevenzione saranno orientate al presidio e monitoraggio dei danni denunciati e al contenimento diretto della specie utilizzando il personale di ruolo dell'Ente e operatori selezionati.

L'uso delle gabbie trappola

Per la redazione del Piano di gestione del cinghiale del Parco Naturale dell'Alta Val Borbera è stata fatta una stima precauzionale della consistenza della popolazione della specie;  questo dato è stato messo in relazione con il grado elevato di vocazionalità territoriale e la bassa tollerabilità ai danni, in riferimento alle residuali ma importanti superfici agricole e, soprattutto, per la tutela dei prati pascolo che rappresentano habitat residuali di particolare rilevanza ambientale, costituendo specifico obiettivo di conservazione della ZSC secondo la Direttiva Comunitaria 92/43/CEE "Habitat".

Per quanto riguarda gli strumenti e metodi di intervento, il Piano prevede l'utilizzo prioritario delle gabbie trappola, che rappresentano la soluzione più efficiente e che può maggiormente garantire un controllo programmato.

Sulla base dell'esperienza oramai più che decennale maturata nella gestione del cinghiale nel limitrofo Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, le gabbie trappola infatti si sono dimostrate capaci sia di selezionare naturalmente le classi più giovani, sia di garantire un presidio per le comunità locali.

Il metodo dell'appostamento invece verrà utilizzato in modo mirato, in siti idonei a seconda della stagione, della disponibilità di personale e della localizzazione dei branchi, quindi nel periodo di minore presenza di abitanti e in caso di particolari concentrazioni di animali. A tale scopo l'ente ha ottenuto anche un finanziamento per l'allestimento di alcune altane in legno da allestire nelle aree ritenute idonee che saranno individuate nel corso del primo anno di attuazione del Piano

Cinghiale, lupo e altra fauna

L'attività di controllo numerico dei cinghiali all'interno del Parco naturale dell'Alta Val Borbera non rappresenta un elemento di criticità per il lupo (Canis lupus), visto l'attuale stato di conservazione e di distribuzione della specie che, dai recenti dati scientifici, risulta aver occupato tutto l'areale potenziale, compresi i contesti dove viene operato un rilevante prelievo sulle sue prede principali, cinghiali e altri ungulati.

Piuttosto l'ente attiverà un attento monitoraggio dell'impatto del cinghiale sulle specie e gli ambienti della Direttiva "Habitat", così da programmare gli interventi di controllo anche ai fini della conservazione della biodiversità dell'Area Protetta.

Un "data base cinghiale" per la raccolta dati

Il Settore Biodiversità e Aree Naturali della Regione Piemonte ha messo a punto, già nel 2017, un data base sul cinghiale per la raccolta standardizzata dei dati relativi alla gestione faunistica del cinghiale all'interno delle Aree naturali protette regionali.

Il data base consente di archiviare e successivamente estrapolare ed elaborare tutti i dati scientifici raccolti durante le attività in campo quali la geo-referenziazione delle catture e i dati biometrici, morfologici, fisiologici e ambientali: sesso, età, dimensioni, peso, condizioni generali, stato apparente di salute, stadio riproduttivo, luogo di ritrovamento.

I piani di controllo del cinghiale, modelli esportabili

Il modello gestionale attuato dalle Aree protette ha ampiamente dimostrato come il cinghiale possa essere, come altri ungulati, una specie gestibile mediante Piani di controllo, basati su dati scientifici, che tengano conto dell'ecologia-etologia degli animali e del contesto ambientale specifico.

Per specie che provocano danni alle attività agricole, quali appunto il cinghiale, è infatti possibile un contenimento diretto e indiretto al fine di ridurne il potenziale dannoso e il livello di allarme sociale che esse provocano.

Per questo motivo risulterebbe senz'altro utile estendere l'esperienza e il modello gestionale sperimentato dai Parchi anche al territorio agricolo piemontese di maggiore pregio, equiparandolo, a livello socio-economico, ad Aree protette.

Il contesto territoriale del Parco naturale dell'Alta Val Borbera

Il Parco naturale dell'Alta Val Borbera, istituito dalla Regione Piemonte a marzo del 2019, fa parte delle Aree Protette dell'Appennino Piemontese; si estende su 3.435 ettari ed è caratterizzato da contrafforti montani in prevalenza boscati (90% circa), privi di agricoltura intensiva e con piccoli centri abitati, nell'ambito dei quali vengono tuttavia mantenute specificità e produzioni di nicchia di elevato valore culturale e importanti per la piccola economia montana locale: a titolo rappresentativo carne all'erba, formaggio Montebore, fagiolane della Val Borbera.

L'Area protetta è inoltre inserita all'interno dei confini della ZSC IT1180011 "Massiccio dell'Antola, Monte Carmo, Monte Legnà" (5.993 ettari) ed è dotata di un' Area contigua (2095 ettari) finalizzata a garantire un'adeguata tutela ambientale ai confini del Parco.

Gli ambienti aperti, importanti sia per le attività economiche locali sia per la tutela della biodiversità, sono oggi a carattere residuale e frammentati nell'ambito forestale; gli ambienti di prateria e prato pascolo occupano infatti solo 217 ettari corrispondenti a circa il 6,3% del territorio protetto.

Questo contesto territoriale, comune alla maggior parte dei territori montani in cui si è assistito a un progressivo spopolamento e all'abbandono delle attività produttive, a partire dagli anni '50 e '60, impone di inquadrare la gestione del cinghiale in un contesto di tutela delle residue superfici prative, collocate per lo più nei pressi delle frazioni, e delle praterie di quota, in funzione della fienagione e del pascolo.

Il mantenimento di queste superfici, oltre al valore nel contesto della Rete Natura 2000 e di conservazione della biodiversità, rappresenta, a livello paesaggistico e storico-culturale, un elemento di supporto al presidio dell'ambiente montano, istanza molto sentita dalle Amministrazioni comunali e dalla popolazione locale.

 

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