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Quale riforma per i parchi? Intervista a Ippolito Ostellino, direttore Aree protette del Po torinese

Il disegno di legge di riforma dei parchi nazionali è stato approvato in Senato ed è passato al vaglio della Camera, lasciando dietro di sé non poche polemiche. Ne abbiamo tracciato la storia chiedendo ai direttori dei parchi piemontesi di esprime un'opinione in merito.

Mercoledì, 23 Novembre 2016
Quale riforma per i parchi? Intervista a Ippolito Ostellino, direttore Aree protette del Po torinese

1. Cosa fa il direttore di un parco e quali competenze deve, necessariamente possedere?

Gestisce un territorio naturale, ma non solo: deve mettere in rapporto queste con le attività umane ed antropiche interne e circostanti e quindi deve avere prioritariamente una competenza ambientale ma capace però di saper dialogare in termini multidisciplinari con le altre problematiche territoriali, sociali, culturali, economiche fino alle loro dinamiche di rappresentazione nella comunicazione e nella produzione culturale materiali ed immateriale. Purtroppo nel tempo il suo ruolo apicale dell'Ente lo ha trasformato in un burocrate, fino a togliere la competenza esclusiva ambientale come accaduto in Piemonte dal 1990. Un passaggio questo grave e di dequalificazione.

Deve essere quindi supportato da altre competenze dirigenziali di carattere amministrativo che aiutano come strumento nel poter raggiungere gli obiettivi ambientali e di gestione del territorio.

Oggi purtroppo la legge nazionale non ha stabilito un profilo professionale del direttore e non definisce e rinvia ad uno schema organizzativo sulle competenze non solo del direttore ma dello staff del parco, e questa è una parte ancora più grave. Quindi una modifica che non sta aiutando il grande tema delle competenze che come Presidente di AIDAP negli anni 2000 ho cercato di proporre nel dibattito, sempre orientato sugli obiettivi del parco e quasi mai sulle competenze e professionalità per raggiungerli.

2. L'esistenza di un Albo di soggetti giudicati idonei alla carica è una garanzia sulle competenze di ciascun direttore?

Certo che no. In assenza di profili professionali e di attribuzioni specifiche l'albo si trasforma in una lista e quindi è giusto abolirla e peraltro il suo uso senza criteri precisi si è trasformato in una semplice lista senza contenuti veri.

3. Secondo la tua opinione, la Riforma della 394 è vaga sulle competenze dei direttori dei parchi?

Non solo è vaga ma è solo concentrata sulle procedure di come lo si nomina, del suo ruolo e del rapporto con la politica: ed anche su questo si fa confusione. In Piemonte nella stagione verde degli anni '90 le leggi dei parchi hanno rinviato alla definizione di profili professionali ad esempio. In questa modifica non ve ne è traccia. Quindi siamo ancora molto indietro.

4. In merito alle Legge 394, pensi che sia importante provvedere a una sua Riforma e cosa ne pensi di quella approvata in Senato?

Penso che sul valore principale del nostro Paese che è la Biodiversità era necessario prima un passaggio nella Terza Conferenza. Occorreva dare modo non solo con le osservazioni inviate nelle sedi del palazzo ma nel confronto culturale e partecipativo. Si sarebbero potute acquisire nuove proposte: dare una risposta alle Aree Marine protette, cosa che questa legge non fornisce; migliorare le finalità del Piano socioeconomico invece di abolirlo e molti altri aspetti, compreso quello delle royalties che devono essere legate ad una direttiva applicativa che leghi piani e corrette compensazioni economiche, che personalmente ritengo corrette. Ma è il modo come sempre che fa la differenza.

Siamo ancora in tempo: il Ministro Galletti indica la III Conferenza a gennaio e dia un segno di ascolto e di scambio sul terreno.

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