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'Parchi da Gustare' in Baraggia

Dal nostro archivio ripubblichiamo l'intervista a Mara Stocchi dell'azienda agricola 'Una Garlanda di Rovasenda', risicoltori impegnati da decenni nell'affermazione di un'agricoltura senza fitosanitari e in prima linea per la tutela e la reintegrazione della biodiversità. Mara è una dei protagonisti dello Speciale di Parchi da Gustare, che verrà presentato ufficialmente il 22 settembre prossimo in occasione di Terra Madre - Salone del Gusto 2022 e che gli abbonati alla newsletter potranno scaricare gratis (seguiteci e nei prossimi giorni vi spiegheremo come...)

  • Enrico Rivella
  • Febbraio 2021
  • Lunedì, 15 Febbraio 2021
Risaie biodiverse, Azienda Agricola 'Una Garlanda'  | Foto Archivio Aziendale Risaie biodiverse, Azienda Agricola 'Una Garlanda' | Foto Archivio Aziendale

In Piemonte ci sono territori dove le aree protette condividono paesaggi rurali storici che confluiscono in un progetto nazionale coordinato dalla Rete Rurale Nazionale, organo del Ministero dell'Agricoltura, e realizzato da ISMEA, l'Ente nazionale per i Servizi del Mercato Agricolo Alimentare: 80 paesaggi rurali storici su tutto il territorio nazionale, 5 dei quali in Piemonte, mappati da poco su Google My Maps. Una mappatura che evidenzia gli elementi salienti del paesaggio, quali gli usi agricoli tradizionali, il patrimonio naturalistico e culturale legato agli edifici rurali, le sistemazioni idraulico-agrarie e altri luoghi di interesse storico-architettonico. Itinerari cicloturistici ed escursionistici completano il quadro mettendo a disposizione di visitatori, scuole e cittadini uno strumento non solo di esplorazione, ma anche di sviluppo sostenibile, grazie a un percorso partecipato con la comunità locale, le sue aziende agricole e turistiche per implementare una custodia del territorio e pratiche agricole integrate con la biodiversità.

Una Garlanda di Rovasenda

Di questo progetto fa parte il paesaggio della Baraggia Vercellese e Biellese, in particolare del settore tra Brusnengo, Rovasenda e Lenta dove il paesaggio risicolo è intrinsecamente legato ai terrazzi a brughiera e bosco dell'alta pianura che costituiscono l'ossatura della Riserva naturale delle Baragge, gestita dall'Ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore.

Al progetto Parchi da Gustare in quest'area ha aderito l'azienda 'Una Garlanda di Rovasenda'della famiglia Stocchi: risicoltori impegnati da decenni nell'affermazione di un'agricoltura senza fitosanitari e in prima linea per la tutela e la reintegrazione della biodiversità. Basta oltrepassare il cancello della loro tenuta di Cascina dell'Angelo per incontrare risaie per certi versi simili a vere e proprie zone umide, non a caso soprannominate Riso palude, dove il riso cresce assieme a insetti, uccelli e rondini che fanno subito capire al visitatore di essere in contatto con un ambiente vivo.

E' stato il patriarca della famiglia, Fulvio Stocchi, a dare il 'la' a questo grande esperimento, abbandonando la chimica nei campi quando ancora era un'eresia rinunciarvi, ma avvertendone i rischi per la salute e l'ambiente. L'opinione corrente allora in campagna era che tutte le piante al di fuori del riso fossero delle 'malerbe' da combattere. Dopo i primi esperimenti, interrogando i vecchi contadini sulle antiche pratiche e recuperandole, mise a punto una tecnica, quella della "pacciamatura verde", che ora è tra i capisaldi delle tecniche agronomiche per fare il riso biologico.

In sintesi, facendo delle rotazioni con colture erbacee da semi selezionati sul posto, si effettua la semina sulla coltre erbosa piegata col rullo, si sommerge subito con un palmo di mano di acqua per 5-6 giorni, quindi si asciuga per una decina di giorni in modo da mineralizzare bene le erbe andate in fermentazione nell'acqua e far spuntare come un miracolo le prime foglioline tra l'intreccio di fibre marcescenti. A quel punto si fa la sommersione definitiva che fa emergere i culmi di riso e con il vantaggio competitivo guadagnato l'accestimento del riso lascia poco spazio ad altre piante crescendo così senza bisogno di trattamenti.

Allora nessuno gli dava ascolto e veniva anche deriso per gli scarsi quantitativi di produzione, ma ora grazie anche a continue ottimizzazioni, prove e ricerca in campo, si spuntano quantitativi di tutto rispetto, paragonabili al riso coltivato in modo convenzionale. Cascina dell'Angelo è diventata un punto di riferimento per un movimento sempre più ampio di risicoltori e di clienti alla ricerca di un cibo di qualità e un centro informativo che copre tutta la filiera del riso fino alla cucina tradizionale e organica. La cascina è anche un punto di lavorazione del riso biologico con una riseria allestita con antichi macchinari restaurati e perfettamente funzionanti che decorticano delicatamente il chicco di riso senza distruggere la parte del germe organoletticamente più ricca e pregiata.

La famiglia Stocchi iniziò anche una ciclopica opera di rivegetazione arborea del paesaggio di risaia, piantando sui bordi e pure in mezzo alle camere di risaia le piante arboree autoctone che caratterizzavano la risaia nel dopoguerra (ai tempi di Riso Amaro) ma poi spazzate via dalla rivoluzione "verde" (!) come dannose ombreggiatrici. Oggi la generazione successiva a Fulvio con i figli, Ugo e la moglie Elisabeth, Mara con suo marito Manuele, proseguono i lavori di piantumazione e le 15000 piante messe a dimora fanno apprezzare la trasformazione del paesaggio, grazie anche ad altri interventi di restauro ecologico che sono diventati una vera e propria passione ed imperativo aziendale.

Ecco cosa ci ha raccontato Mara Stocchi.

Quali tipi di interventi sulla biodiversità avete eseguito?

Parlando di biodiversità non possiamo non partire da quella genetica, fondamentale per l'equilibrio tra campo e natura. Grazie all'Associazione UPM, nel 2009 siamo riusciti a recuperare, dalla banca del germoplasma dell'Ente nazionale Risi, antiche varietà di riso ormai quasi estinte, che ora invece sono diventate apprezzate e ricercate e che abbiamo riscritto nel registro delle varietà da conservazione nazionale: Bertone, Originario Chinese, Lencino, Chinese, Ostiglia, Nano, Dellarole, Precoce Gallina, Sancino. Ognuna di esse ha delle caratteristiche intrinseche diverse, ma risultano tutte accomunate dalla bellezza di far rinascere e portare avanti la sapienza e l'esperienza dei contadini che le hanno scoperte e donate alle future generazioni. Le "varietà da conservazione", sono la memoria storica e biologica dell'agricoltura. Sono sopravvissute nel corso dei secoli alle più diverse avversità e malattie, e oggi sono indispensabili per produrre cibo in modo più redditizio e sostenibile, senza chimica di sintesi e con meno acqua. Proprio per questo con Rete Semi Rurali da due anni abbiamo iniziato una collaborazione che ha consentito di creare nei nostri campi un campo varietale, che coinvolge nella selezione anche i risicoltori vicini e mette in atto una metodologia di miglioramento genetico partecipato basato sugli incroci naturali che permetterà a ciascuno di creare la varietà più adatta al proprio terreno, esaltando la capacità del genoma di esprimere l'adattamento della vita alle condizioni fisiche dell'ambiente.

Sulla biodiversità più specifica e sugli habitat della Baraggia, come siete intervenuti?

Abbiamo creato uno stagno simile a un'area umida naturale che cerchiamo di rendere sempre più attrattivo per l'avifauna e aspettiamo anche la reintroduzione della Testuggine palustre (Emys orbicularis) dal centro di allevamento e tutela di Livorno Ferraris. Ma la cosa che più ci ha appassionato è stato quando il dipartimento di Zoologia dell'Università di Torino, che ha svolto nelle nostre risaie assieme ad Arpa Piemonte analisi della biodiversità nell'ambito di un progetto nazionale per valutare gli effetti dei fitosanitari nei siti Natura 2000, ci ha informati che sugli arginelli delle nostre risaie vive una rara farfalla, la Licena delle Paludi, dai bei colori aranciati sul dorso delle ali e turchese nella parte inferiore, protetta dall'Unione Europea in quanto in seria difficoltà su tutto il territorio continentale. Ci siamo consultati con loro, adottando le piante di Romice su cui avevano deposto le uova e quindi cambiato le modalità e i tempi dei lavori di manutenzione meccanica delle erbe in modo da preservarne la riproduzione. Abbiamo imparato anche noi a riconoscerle e curarle e nostro padre, che ora si diletta a guardarci nei lavori più faticosi ma è ancora sempre il falciatore ufficiale dell'azienda, ha imparato a riconoscere la pianta e così evitiamo di distruggere le uova e i bruchi. Ci piacerebbe custodire, allo stesso modo, la rarissima felce acquatica Isoetes malinverniana, le cui ultime stazioni al mondo resistono in pochi fossi irrigui non lontano da qui, ma non abbiamo ancora trovato la collocazione giusta e le forme di collaborazione per la reintroduzione.

Che idea vi siete fatti del rapporto tra biodiversità e produzione di cibo?

Per noi la biodiversità non è solo una cornice di qualità e bellezza in cui ci piace vedere crescere il nostro riso, ma siamo convinti che ci sia una sinergia e ce ne rendiamo conto man mano che passa il tempo e il nostro sistema riesce a rispondere alla variabilità climatica, allo squilibrio complessivo evidente dal proliferare di certe piante esotiche invasive, con la collaborazione di tutti gli esseri viventi compresi gli animali domestici di cui ci piace attorniarci (ndr. hanno una bellissima cavalla da tiro che si aggira per i campi, il cui nome è ovviamente Lycaena). Anche le piante arboree in mezzo alla camera di risaia, man mano che crescono ci rendiamo conto attirano più animali e piante che tengono lontano i patogeni. Non a caso abbiamo creato con altri agricoltori in tutta Italia - e con la collaborazione di Taffetani, docente all'Università delle Marche e di Vagge, docente dell'Università di Milano - un sistema di certificazione che si chiama Biodiversitas in cui la biodiversità non è solo un bel messaggio pubblicitario ma sostanziato da rigorosi controlli da parte di esperti botanici e zoologici, che certificano il sistema di gestione aziendale prima del prodotto.

Dobbiamo essere comunità. Dobbiamo ricordare che siamo correlati al resto della vita sulla Terra e alla società. Ecco perché dobbiamo fare di più per ricostruire delle economie rigenerative in un momento in cui il mondo si sta svegliando alla consapevolezza delle regole della natura e della salute del corpo e degli ecosistemi sani, alla ricerca di un pianeta sano e in equilibrio.