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Genziana, la china dei poveri

La genziana, pianta apprezzata per la delicata bellezza dei fiori quanto per le sue virtù medicinali

  • Loredana Matonti
  • Agosto 2011
  • Sabato, 6 Agosto 2011

Un tempo, quando il chinino era troppo costoso e scarseggiava, per curare le febbri malariche si faceva ricorso alla Genziana maggiore o gialla (Genziana lutea L.), della famiglia delle Genzianacee, una delle più belle fra le parecchie centinaia di specie di genziane esistenti. Oggi decisamente più conosciuta perchè con la sua radice si confezionano ricercati amari e digestivi.

Apprezzata sin dall'antichità per le sue proprietà medicinali, sfruttate dai medici di tutti i tempi per svariate indicazioni terapeutiche: da antidoto contro i veleni, a rimedio contro le febbri, da medicamento emmenagogo (per promuovere il ciclo mestruale) a lenimento curativo delle vitiligini. Nel '500 venne addirittura impiegata nel disperato tentativo di combattere la peste e in manoscritti ottocenteschi si ritrovano ancora espressioni del tipo: "... la genziana contro la peste delle persone e delle bestie...".

Una leggenda ungherese racconta che, durante una gran pestilenza, un angelo apparve in sogno al re Ladislao il Santo, suggerendogli di tirare una freccia nel cielo, la quale gli avrebbe indicato la pianta da dare al suo popolo. Il mattino seguente il Re così fece e la freccia cadde su una Genziana, subito somministrata alla popolazione che fu così salvata. A proposito di leggende: si narra che pure Chirone, il mitico centauro, utilizzasse la radice della pianta "chironia", da alcuni identificata come la genziana, per la cura delle ferite.

Tale specie, ampiamente diffusa sui massicci montuosi centro-meridionali dell'Europa, dalla Spagna alla Russia, così come sulle Alpi occidentali ed in Piemonte, cresce sui pascoli montani, con un'altezza imponente che può superare il metro e mezzo. Ha fusti cavi che sostengono ampie foglie opposte e abbraccianti il fusto, dalle nervature longitudinali parallele, convergenti all'apice. I suoi fiori stellati si presentano come eleganti ciuffetti gialli, all'ascella delle foglie del fusto e fiorisce solo a piena maturità, di solito dopo 5-7 anni e la radice è raccolta a scopo medicinale.

Le foglie tra l'altro sono organi fondamentali per il riconoscimento della specie. Alcuni infatti l'hanno confusa col Veratrum album, una liliacea molto tossica, difficile da riconoscere al di fuori del periodo di fioritura, se non per le foglie disposte diversamente, alterne anziché opposte, per la pelosità della pagina inferiore e per le nervature parallele, ma non convergenti.

Tra le altre genziane che si possono ammirare citiamo Gentiana purpurea e Gentiana punctata. Sempre appartenenti allo stesso genere, seppur di ben diverso aspetto, sono le "genzianelle", spesso con analoghe proprietà, tra cui citiamo Gentiana asclepiadea, Gentiana verna, Gentiana kochiana, Gentiana alpina, Gentianella campestris etc. Esse costituiscono un colorito e nutrito gruppo di specie, dai fiori dall'azzurro turchino al violetto che, d'estate, appaiono come tanti sprazzi di cielo in terra, allietando la vista degli escursionisti che giungono fino ai pascoli.

Quasi tutte le genziane erano usate come "piante medicinali"; si raccoglieva la radice per la preparazione di liquori tonici, ma nel caso delle genzianelle si utilizzava anche il fiore. Molto complessa e controversa è l'origine dell'etimo del genere Genziana. Plinio sosteneva che derivasse dal greco ghentiané, derivato a sua volta da Genthios, nome del re dell'Illiria che per primo l'avrebbe scoperta, raccomandandola per la cura delle pestilenze. Altri presumono che il nome derivi dal più antico termine latino della pianta, Kikenda, che significa luce, candela, lucciola.L'idea di luce, riferita alla Genziana, non ci sorprende se pensiamo alla luminosità del fiore, al suo splendore nel momento della fioritura e se consideriamo che l'alchimia di un tempo la considerava un'espressione del simbolo solare.

Il sapore della radice è dapprima dolciastro e in seguito piacevolmente amarognolo. Essa contiene principi attivi (glucosidi) di sapore intensamente amaro, tra cui l'amarogentina, una delle sostanze più amare che si possano trovare in natura. Una curiosità: per la medicina cinese la pianta è "amara-fredda" e perciò elimina il "caldo e l'umidità" eccessivi nell'organismo, agendo sulla cistifellea, lo stomaco e la vescica e riducendo il "fuoco" in eccesso del fegato.

 

Usi popolari

I contadini dell'arco alpino avevano l'abitudine di mettere un pezzetto di radice di genziana nelle loro scarpe per contrastare flaccidezza e sudore dei piedi, mentre le foglie si utilizzavano come aromatizzanti, per avvolgere il burro, tanto da esser chiamate in alcune località "le foglie del burro". Si credeva persino che fosse un indice meteorologico per la neve: contando i cerchi formati dopo la fioritura dalle foglie lungo il fusto di un esemplare vicino casa, si prevedeva l'arrivo della prima neve e la sua abbondanza. Per uso curativo la radice si raccoglieva alla fine dell'estate; essa andava accuratamente pulita, lavata, tagliata a striscioline e lasciata essiccare in un locale ombroso e aerato per almeno un anno.

Si facevano infusi o decotti per depurare l'organismo, come febbrifugo e per ricondurre l'organismo debilitato a reagire alla malattia; spesso si somministrava ai bambini un pezzetto di radice da tenere in bocca, da succhiare lentamente per combattere la febbre. Più modernamente si è scoperto che uno dei principi attivi, la genzianina, agisce in effetti sul sistema di termoregolazione, risultando un antipiretico che stimola inoltre la produzione di globuli bianchi, aumentando così l'efficienza del sistema immunitario. In alcune vallate piemontesi si usavano le radici per un decotto epatoprotettore e un vino digestivo, ma anche per stimolare l'appetito e persino per far scomparire le lentiggini.

L'amaro decotto si utilizzava anche per uso veterinario, somministrandolo alla mucche che non avevano digerito, ma dato il gusto amaro, per berla si dovevano forzare un po' le povere bovine.

Per l'ipertensione si beveva la tisana a digiuno al mattino, impiego analogo a quello scoperto in altre regioni come la Liguria e la Toscana. Alla luce di questi impieghi popolari sono seguite analisi farmacologiche da cui risulta in effetti una evidente e spiccata attività antiipertensiva degli estratti di genziana.

La pianta era considerata dai montanari simbolo di potere, forza e determinazione. In Tirolo c'era addirittura un detto: "Nessuno è forte come la radice di genziana". Il simbolismo lo si deduceva dall'habitat alpino in cui vive; di giorno il sole è fortissimo e la notte il freddo è intenso, la vita è una continua lotta, ma la pianta continua a vivere, sfidando le avversità. Amara sì, ma con un cuore forte.

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