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Una radice che lascia senza fiato

Alla scoperta delle piante commestibili e, in particolare, del rafano la cui radice piccante è usata in cucina per esaltare il sapore dei roast beef, della carne fredda e del pesce affumicato.

  • Caterina Gromis di Trana
  • Giugno 2023
  • Martedì, 27 Giugno 2023
Pianta di rafano  - Foto C. Gromis di Trana Pianta di rafano - Foto C. Gromis di Trana

Allora il Signore plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche

e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo,

per vedere come li avrebbe chiamati:

in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi,

quello doveva essere il suo nome. (Genesi,2-19)

 

Un mondo di piante commestibili

Fra le piante coltivate a scopo alimentare per le radici o per i tuberi nei paesi temperati, si può fare una sfilza di nomi: il Navone (Brassica napus) originario della Russia e delle rive del Mar Caspio, con polpa gialla che in realtà è un ibrido recentemente ottenuto tra un cavolo e una rapa; la Rapa (Brassica rapa) sub spontanea se non indigena della Francia, con varietà di forma arrotondata o appiattite; la Senape tuberosa che deriva dalla Senape cinese (Sinapis juncea), originaria dell'Asia temperata e dell'Asia orientale; la Cochlearia armoracia dell'Europa orientale e dell'Asia occidentale, che non si deve confondere con il Rafano nero; il Rafano (Rafanus sativus) che deriva sia dal Raphanus maritimus della regione mediterranea sia dal Raphanus raphanistrum, erba infestante comunissima tra le messi; le Daikon o Radici giapponesi, che possono raggiungere i 15 chilogrammi; le Wasabi (Eutrema wasabi) del Giappone; la carota (Daucus Carota) allo stato selvatico in Europa, in Oriente e nell'Africa de nord, proveniente forse dall'Himalaya, dapprima con radice bianca e dal XIII secolo con radice rossa, il cui impiego a scopo alimentare si diffuse solo nel XVII secolo in seguito all'uso che se ne faceva alla corte di Francia; il Cerfoglio (Chaerophyllum bulbosum), che allo stato selvatico si trova dall'Europa fino alla Persia e alla Siberia; il Prezzemolo tuberoso derivato dal Prezzemolo comune (Carum petroselinum) allo stato selvatico in Europa; il Chervis (Sium sisarum), proveniente dalla Persia e dall'Altai; la Pastinaca ( Peucedanum sativum), il cui tipo ancestrale, selvatico nell'Europa meridionale, venne selezionato solo nel XVII secolo; il Sedano rapa, derivato dall'Apio odoroso (Apium graveolens) che si trova in Europa, in Oriente, nell'Africa del nord ed era impiegato un tempo come pianta funeraria; l'Ondo ( Aralia cordata) della Cina, di cui in Giappone si mangiano i giovani germogli; il Topinambur (Helianthus tuberosus) originario dell'America del Nord, in particolare dell'Indiana e l'Elianto (Helianthus strumosus) pure originario del Nord America; la Scorzonera (Scorzonera hispanica) spontanea nella Francia meridionale e nella Spagna; il Tragopogo (Tragopogon porrifolius) e lo Scolimo (Scolymus hispanicus) della regione mediterranea; il Raperonzolo (Campanula rapunculus)dell'Europa, dell'Africa orientale e dell'Africa del nord; il Cipero commestibile(Cyperus esculentus) delle regione mediterranea... E poi la barbabietola (Beta vulgaris) che si trova allo stato spontaneo sulle coste dell'Europa occidentale e dell'Africa settentrionale, con una radice che, al contrario di quella coltivata, è sottile e ramificata. Sembra che le sue prime varietà domestiche siano state ottenute in Germania, da dove furono introdotte in Italia le varietà con radice rossa nel XV secolo. Al principio del XIX secolo erano più pregiate la varietà a polpa giallo scura, mentre ora si preferiscono le rosse: anche le piante seguono le mode. Ultima ma prima, la patata (Solanum tuberosum), la pianta più importante dal punto di vista alimentare, coltivata in Cile nell'epoca precolombiana e mai trovata allo stato selvatico, introdotta in Europa tra il 1550 e il 1558 da Charles le Lecluse, allora con tuberi piccoli e di sapore acre, buoni per gli animali, deve la sua fortuna a Parmentier, che nel XVIII secolo ne diffuse tanto il consumo da farla ammettere a tutte le tavole, compresa quella del re. Oggi se ne contano almeno 1600 varietà.

Una carrellata di nomi, legata alle radici e al loro utilizzo, ci introduce al mondo della biogeografia e alla nomenclatura. Questo sistema, introdotto da Linneo, è continuamente aggiornato, grazie al progredire degli studi genetici.

L'uso della nomenclatura è regolato da convenzioni internazionali: ogni specie di pianta o animale è definita da una coppia di nomi latini, il primo dei quali indica il genere cui la specie appartiene, e il secondo determina la specie. Il criterio di Linneo per definire genere e specie si basava sui metodi di indagine del suo tempo, cioè su osservazioni di somiglianze morfologiche. Oggi i metodi sempre più avanzati di indagine permettono di indagare affinità e differenze tra i viventi in maniera più approfondita, e di apportare correzioni alla nomenclatura originaria, in una costante ricerca che asseconda il nostro impulso biblico di nominare i viventi in maniera corretta.

 

La filosofia dev'essere non più che un condimento all'arte della vita.

Dedicarsi soltanto alla filosofia non è meno strano

del mangiare sempre e solo rafano.

Boris Pasternak

 

Una radice che viene da lontano

Il rafano nel suo percorso scientifico ha tre nomi: Armoracia rusticana, Coclearia armoracia, Raphanus magna. Caratterizzarne genere e specie in base a caratteri sessuali visibili al microscopio è compito di botanici sistematici e genetisti; per noi profani, con il suo semplice nome italiano è una pianta erbacea perenne che non può mancare nell'orto.

Noto come cren, dalla parola Kren-cren-crenson con cui lo chiamano in Russia, è chiamato anche barba forte o erba forte, per il tipico sapore piccante della sua radice che, intatta, non ha quasi nessun aroma. Quando invece viene tagliata o grattugiata, si attivano degli enzimi che scindono la sinigrina in isotiocianato di allile, molecola responsabile del sapore piccante. Il rafano grattugiato deve essere utilizzato immediatamente o al massimo conservato in aceto. La polpa, una volta esposta all'aria o al calore, comincia a perdere il suo gusto pungente, a scurire di colore e a diventare nel tempo sgradevolmente amara.

Pochi conoscono le sue proprietà nutrizionali, ma è considerato un antibiotico naturale, che aiuta a combattere bronchite e raffreddore. Gode anche di un'antica reputazione come afrodisiaco.

La radice del rafano, con il suo sapore fortemente aromatico e balsamico che fa lacrimare gli occhi, lascia letteralmente senza fiato. Si utilizza al naturale, grattugiata fine, appena bagnata con l'aceto. Una salsa a base di rafano, preparata con olio e aceto, o mescolando la radice con mele grattugiate o panna, esalta il sapore dei roast beef, della carne fredda e del pesce affumicato.

La pianta, probabilmente originaria dell'Europa sudorientale e dell'Asia occidentale, appartiene alla famiglia delle Brassicacee e richiede un terreno profondo e fertile. Cresce in ogni clima, purchè non sia troppo caldo, nel qual caso va coltivato all'ombra. Perché attecchisca è sufficiente piantare pezzi di radici lunghi circa 8 centimetri, grossi quanto il dito di una mano, e disporli quasi orizzontali a soli 5 centimetri sotto il livello del terreno. Il rafano si pianta in ogni periodo dell'anno e una volta che ha attecchito vive per sempre: un'iniezione di autostima per chi non ha il pollice verde. Tende a invadere tutto e per limitarne l'espansione si possono piantare le radici dentro un recito di tegole o ardesie infisse nel terreno, oppure sistemare nell'orto pezzi di tubi di cemento del diametro 30 centimetri, riempirli di terra grossa e terricciato e piantare in ogni tubo un pezzo di radice: ogni pianta crescerà bene, svilupperà radici pulite e tenere e sarà più facile la raccolta. Se non si limitano le radici in un contenitore, bisognerà estirparle quando si espandono nelle altre aiuole.

Nei climi freddi si conserva in un contenitore con sabbia umida. La radice è tutta commestibile: basta estrarla semplicemente dal terreno e grattugiarla. Quasi come al tempo degli antenati raccoglitori, che vivevano di bacche e radici .

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