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Piante esotiche, storia di uno spostamento senza confini

La diffusione delle piante esotiche oggi presenti in Europa è stata contemporaneamente causa ed effetto dello sviluppo della nostra civiltà, conseguenza delle esplorazioni di Paesi lontani. Piemonte Parchi lo racconta in un numero speciale dedicato al tema.

  • Consolata Siniscalco, Elena Barni
  • Ottobre 2017
  • Venerdì, 13 Ottobre 2017
Piante esotiche, storia di uno spostamento senza confini

Fin dai tempi più antichi l'uso delle piante è stato indispensabile all'uomo per il riscaldamento, l'alimentazione, la costruzione di ricoveri e abitazioni e la cura delle malattie. Quando l'uomo è diventato agricoltore ha iniziato a portare con sé, quando migrava da un territorio a un altro, i semi delle piante utili che aveva selezionato nel tempo e trasportava con questi, involontariamente, i semi delle specie infestanti che crescevano con le colture. Il trasporto di semi di cereali è ben documentato dalle analisi archeo-botaniche relative ai siti europei a partire da 7000-6000 anni prima del presente ed è stato possibile ricostruire gli spostamenti a partire dalle zone del sud-est europeo, prossime alla Mesopotamia, fino al versante meridionale delle Alpi e poi al versante settentrionale e al centro-nord Europa. La natura esotica di molte specie di antica introduzione, dette archeofite, è oggetto di discussione; infatti alcune di queste, ritenute esotiche da alcuni autori sono considerate native da altri, come spiegato nel volume Cronologia della flora esotica italiana di Maniero del 2015. Già in epoca romana erano certamente presenti sul territorio italiano molte specie esotiche coltivate, come il cipresso, l'albicocco, il pesco e il melograno tra le arboree, la canapa, il papiro, il papavero e il fiordaliso tra le erbacee. Alcune di queste si sono poi naturalizzate sul nostro territorio, diventando parte della nostra flora.

Il trasporto delle specie vegetali esotiche

Il trasporto di queste piante è stato sempre in parte volontario e in parte accidentale ma, con il passare del tempo, il trasporto volontario è diventato sempre più importante perché i soldati, gli esploratori e poi i colonizzatori, nei loro spostamenti, si imbattevano in piante utili, molto diverse da quelle presenti nei loro paesi di origine e hanno incominciato a raccoglierle per portarle con sé, ritornando in patria. Molti trasporti furono documentati in scritti antichi, già di epoca greca e romana, nei secoli intorno la nascita di Cristo. In quei tempi gli spostamenti avvenivano per lo più nell'ambito del Mediterraneo o dall'Asia vicina a noi verso l'Italia e gli altri Paesi europei, ma anche a partire dall'Africa settentrionale e perfino dall'India, con una notevole ricchezza di specie alimentari, medicinali, tessili e tintorie. I commerci fiorenti permettevano di trasportare velocemente, e con successo, le specie più utili e contemporaneamente, in modo accidentale, semi di infestanti esotiche.

Nei secoli successivi, fino al '400 circa, si continuò a introdurre nuove piante da altri Paesi, ma principalmente il trasporto avveniva da un Paese europeo all'altro, con poche eccezioni. I giardini infatti, dapprima piccole strutture intorno ai castelli medievali, poi più ampi, intorno alle grandi dimore dei Signori, erano principalmente costituiti da specie native o da esotiche ormai storicamente presenti in Europa. I pochi contatti con l'Asia orientale, lontana geograficamente ma anche culturalmente, non avevano ancora permesso un trasporto significativo dal punto di vista numerico, di specie vegetali.
A partire dal 1492, invece, si incominciarono a introdurre in Europa le specie centro-americane, come il mais, la patata, il pomodoro, peperoni, peperoncini e poi ananas, zucche, tabacco, cacao a cui seguirono moltissime piante introdotte ad uso ornamentale. Alcune tra queste, relativamente poche rispetto alle migliaia di specie ornamentali e alimentari che vennero importate da tutti i continenti in Europa, incominciarono a diffondersi spontaneamente sul territorio europeo in quanto si adattarono gradualmente al clima delle zone di arrivo. Ad esempio il fico d'India (Opuntia ficus-indica) importato dal centro America è oggi una delle specie invasive più diffuse nel bacino del Mediterraneo.
A partire dal '600 gli olandesi e gli inglesi divennero promotori di una straordinaria passione per la coltivazione di piante nuove, mai viste prima, che generavano stupore e ammirazione in tutti coloro che avevano modo di osservarle nei giardini europei. Così, in particolare dal Nord America, iniziarono ad arrivare in Inghilterra, con le navi che trasportavano le merci commerciali, cassette con semi e piante che i coloni inglesi inviavano in patria. Così arrivarono Robinia pseudacacia nel 1611 e Rhus typhina nel 1623, entrambe specie che oggi hanno ampia diffusione allo stato spontaneo in Europa e in Italia.

Andrea Wulf, nel suo libro La confraternita dei giardinieri, racconta come Peter Collinson, commerciante londinese appassionato botanico, intrattenne dagli Anni '30 del 1700 un rapporto di amicizia con il suo corrispondente John Bartram, agricoltore e vivaista inglese che si era stabilito in Pennsylvania. Questi ogni anno spediva cassette con materiali vegetali che trovava nelle sue esplorazioni dei nuovi territori americani. Il grande successo delle piante nord americane in Inghilterra era dovuto al fatto che queste potevano vivere all'aperto e non nelle serre, come invece avveniva per le piante importate dalle zone tropicali. Così arrivarono in Inghilterra, a opera di molti appassionati botanici e vivaisti, moltissime specie che, dopo un periodo di acclimatazione, diventarono naturalizzate, come ad esempio la quercia rossa (Quercus rubra) e molte erbacee tra cui la solidago maggiore (Solidago gigantea) e uno dei cosiddetti settembrini (Aster grandiflorus). La nuova passione trasformò i giardini inglesi e poi quelli di tutta Europa, che diventarono ricchissimi di specie esotiche alimentando così i commerci e le importazioni anche dall'Asia, con specie come l'ailanto (Ailanthus altissima), originario della Cina, importato in Inghilterra nel 1751 e nell'Orto botanico di Padova nel 1760, dall'Australia, iniziate con le esplorazioni botaniche di Joseph Banks, con molte specie del genere Eucalyptus, dal Sud Africa, con, ad esempio, il fico degli Ottentotti (Carpobrotus acinaciformis), oggi presente come invasiva in gran parte delle coste del Mediterraneo.

L'importazione delle specie vegetali esotiche

L'importazione delle specie esotiche vegetali alimentari, forestali, ornamentali, tessili, tintorie e medicinali venne percepita esclusivamente come un'opportunità straordinaria fino a quando, nel 1958, Elton evidenziò che alcune specie avevano anche impatti negativi sull'ambiente, sulla salute dell'uomo e sull'economia, e dai primi anni '80 del secolo scorso iniziarono a svilupparsi progetti a livello europeo e nazionale per conoscere l'entità degli impatti e proporre misure di prevenzione, controllo ed eradicazione delle specie invasive.
Dal 2014, con l'approvazione del Regolamento Europeo sulle specie esotiche è stata evidenziata l'importanza della prevenzione dell'introduzione di specie invasive attivando sistemi di controllo, di precoce individuazione e rapida risposta, appena vengono segnalate in un paese europeo. Tali azioni si devono basare su una conoscenza delle potenzialità di adattamento delle specie e delle vie di introduzione (pathways), due aspetti che permettono di agire per prevenire l'introduzione e la diffusione di tali specie.

Sulla base dei dati rilevati nel Progetto Europeo DAISIE (Delivering alien species inventories in Europe: www.europe-aliens.org) si è calcolato che il 71,2% delle specie* esotiche vegetali è stato introdotto volontariamente (di queste il 39,7% come ornamentali), mentre il 28,8% accidentalmente. Una classificazione più recente, proposta da Hulme e coautori nel 2008 dettaglia maggiormente le vie di introduzione e successiva diffusione delle specie vegetali esotiche. Tra quelle importate volontariamente come alimentari, forestali, ornamentali o medicinali alcune si sono poi diffuse perché piantate e seminate intenzionalmente in ambienti semi-naturali, come la quercia rossa o la robinia o il prugnolo tardivo o specie utilizzate per l'ingegneria naturalistica. Altre specie sono sfuggite a coltura, come alcune arboree ornamentali, ad esempio il negundo (Acer negundo), ed erbacee tra cui il poligono del Giappone (Fallopia japonica) e la balsamina ghiandolosa (Impatiens glandulifera). Fra queste specie, negli ultimi anni, molta attenzione viene rivolta alle acquatiche usate come ornamentali negli acquari o negli stagni dei giardini, che possono sfuggire alla coltura e diventare fortemente invasive nelle acque interne come il miriofillo acquatico (Myriophyllum aquaticum) o il giacinto d'acqua (Eichhornia crassipes), entrambe specie originarie del Sud America. La via di introduzione accidentale più comune è relativa ai semi di piante erbacee che vengono introdotte come contaminanti di sementi o di altre merci commercializzate. Esempi classici sono quelli dell'ambrosia (Ambrosia artemisiifolia), i cui semi sono stati ripetutamente introdotti in Europa, e del senecione sdafricano (Senecio inaequidens), introdotto come contaminante di lane grezze.

Il ruolo degli orti botanici

Infine, non va dimenticato il ruolo degli orti botanici nell'importazione di tantissime specie vegetali che sono poi sfuggite a coltura diventando invasive sul territorio, come ad esempio Fallopia japonica; questo fenomeno ha spinto i botanici Heywood e Brunel a pubblicare un codice di condotta per gli Orti botanici per cercare di evitare la diffusione delle esotiche invasive.
Oggi le nostre conoscenze sulla introduzione e diffusione di tali specie e sulle possibilità di intervenire a livello preventivo, si vanno approfondendo attraverso analisi del rischio mirate a fornire informazioni per regolare la gestione del problema delle esotiche invasive.
Si può prevedere che in futuro vi saranno maggiori restrizioni al trasporto libero delle specie da un Paese all'altro, come già avviene in molti paesi extraeuropei e come il Regolamento europeo n. 1143/2014 ha iniziato a fare.

La prevenzione dell'introduzione volontaria risulta determinante, e il controllo all'ingresso risulta sempre più importante e obbligato per le specie elencate nel Regolamento di Esecuzione (EU) 2016/1141. Per ora le specie vegetali elencate dal Regolamento sono 14 ma prossimamente ne verranno introdotte altre. In quest'anno un progetto condotto dalla Società Botanica Italiana e da ISPRA permetterà di aggiungere a queste specie un elenco aggiuntivo per il territorio italiano. Per individuare le specie che comportano maggiore rischio per il nostro territorio si elabora, per ogni specie, un'analisi standardizzata del rischio (Pest Risk Analysis, PRA) che evidenziano, sulla base della conoscenza delle caratteristiche biologiche e delle esigenze ecologiche, le potenzialità di diffusione e gli impatti sul territorio italiano.

Note
(1) Modi di introduzione delle esotiche vegetali in Europa (da Lambdon, 2008).

Scarica gratuitamente il numero speciale di Piemonte Parchi dedicato alle 'Piante esotiche invasive'

 

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