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Il fattore orso

Al Parco naturale Adamello Brenta, gioiello del Trentino protetto, un progetto di reintroduzione del plantigrado avviato a metà degli anni Novanta continua a far parlare di sè.

Dal nostro Archivio, Piemonte Parchi n. 159, Ottobre 2006

  • Giulio Ielardi
  • Ottobre 2006
  • Domenica, 1 Ottobre 2006
Il fattore orso

È capitato anche quest'anno. Sfidando Tir e funivie, residence e torpedoni, un orso italiano di nascita ha semplicemente seguito quel che il Dna gli suggeriva. Ha deciso di cambiare aria e di avventurarsi per un bel po' a scoprire quali territori c'erano mai dietro quelle montagne, quali compagni/e e risorse di cibo da trovare.

In Germania, dove mancava da centosettant'anni, l'hanno festeggiato con le doppiette. Werner Schnappauf, ministro bavarese all'Ambiente, ne ha ordinato l'abbattimento dopo le prime (undici) pecore abbattute. Grazie agli appelli internazionali e, soprattutto, ai suoi spostamenti che l'hanno condotto poi in Austria, l'orso ha salvato temporaneamente la pelle ma a fine settembre è stato poi abbattuto in Baviera. Nell'estate 2005 un altro orso, pure guadagnandosi le prime pagine dei giornali, si era reso protagonista di una traversata dal Brenta all'Engadina. Quando si dice i paradossi dell'informazione: notizie raccontate come un problema e che invece dovrebbero evocare un'altra parola. Successo. "Infatti è proprio così", conviene Antonello Zulberti, presidente del parco che ha progettato e realizzato il ritorno dell'orso bruno sulle

Alpi, cioè l'Adamello Brenta. "Il plantigrado finito in Germania non dimostra altro che la riuscita del nostro piano di reintroduzione, oltre che la capacità della fauna di trovarsi i corridoi ecologici per i propri spostamenti". Ma la vicenda di Jj1 (questo il nome assegnato dai ricercatori all'orso) dice anche dell'altro.
In particolare, pone in tutta evidenza l'incapacità attuale dell'Europa a dettare una chiara e univoca politica ambientale agli Stati membri. Sono le ricorrenti – e bistrattate – norme di armonizzazione tra legislazioni nazionali in materia di imballaggi piuttosto che di prodotti caseari, che con lupi, parchi & Co. vanno a farsi benedire.

"Con l'orso nel mirino dei cacciatori tedeschi l'Ue non ha praticamente aperto bocca, aggiunge Zulberti, e questo è particolarmente incomprensibile se pensiamo che sempre da Bruxelles la specie è definita prioritaria quanto a interesse comunitario. Un valore che avrebbe ben giustificato un richiamo ai Paesi coinvolti. La morale è che la politica dei parchi dovrebbe essere coordinata per risultare davvero efficace, se vogliamo che non si arresti dietro a questo o a quel confine". Certo, come "testimonial" del parco Jj1 ha dimostrato di cavarsela bene.

E come lui tutti gli altri orsi del progetto Life-Ursus, presentato dall'Adamello Brenta a Bruxelles a metà degli anni Novanta e ammesso a finanziamento. Fino ad allora su quelle montagne trentine restavano un pugno di esemplari, condannati all'estinzione. Portarvi altri nove orsi in quattro anni: questo il piano del progetto, grazie a prelievi in Slovenia di esemplari altrimenti già condannati dalle quote venatorie locali. Pur tra polemiche, inevitabili polveroni mediatici, battute d'arresto, il progetto va e attualmente ne è in cantiere il proseguo, con un ulteriore finanziamento europeo finalizzato soprattutto alle azioni di gestione e monitoraggio. Attualmente il nucleo di orsi del Trentino occidentale è stimato in oltre venti individui, di cui più o meno la metà nati nel parco. Gli ultimi, tre piccoli avvistati assieme alla madre nello scorso aprile, sono stati addirittura filmati da un fortunato forestale.

L'operazione Life-Ursus è servita al parco anche per attrarre su di sé l'attenzione che merita una delle aree protette più straordinarie delle Alpi – e che mette in atto tra le più efficaci strategie di comunicazione.
Orso o non orso, questo è un paradiso naturale vasto per ben 62.517 ettari, nato nel lontano 1967 e che comprende due ambienti completamente diversi: i monti dolomitici del Gruppo di Brenta e parte del massiccio dell'Adamello – Presanella.
I suoi paesaggi sono senza dubbio tra i più belli della pur varia dorsale alpina. Nel settore occidentale, i solchi quasi incontaminati della Val Genova e della Val di Fumo offrono scorci maestosi, ricchi di acque. Meno note ma non meno rilevanti dal punto di vista naturalistico sono la Val Nambrone, la Val Borzago, la Val S.Valentino e la Breguzzo. Nel gruppo di Brenta, dove le dolomie di origine sedimentaria sono state scolpite per millenni dagli eventi atmosferici, è il caratteristico e ben noto paesaggio delle Dolomiti a incantare il visitatore: con guglie e campanili di roccia, torrioni, pareti verticali cui l'alba e il tramonto attribuiscono sembianze quasi oniriche.

Ben cinquantuno laghetti alpini costellano il territorio dell'area protetta, a cominciare da quello di Tovel reso famoso dalla passata colorazione rossastra delle sue acque dovuta ad un'alga. Boschi di faggi, abeti rossi, larici e pini cembri ammantano circa un terzo della superficie del parco.
Sopra le distese a pino mugo ha inizio la fascia tundro-artico-alpina, dove gli alberi si fanno radi e s'incontrano arbusti contorti dalle nevi invernali e dal vento quasi incessante. Azalea delle Alpi, camedrio alpino, Linnea boreale, sono alcuni dei preziosi endemismi propri di questi ambienti. Foreste e praterie altitudinali sono pure l'habitat di numerosi tra i protagonisti della fauna del parco: dal cervo al capriolo, dal camoscio allo stambecco (reintrodotto dopo la scomparsa avvenuta nella seconda metà del Seicento a causa di una caccia indiscriminata), dalla marmotta al toporagno alpino. Gli uccelli contano un centinaio di specie, tra cui tutte e cinque le varietà di galliformi alpini, il raro picchio nero, numerosi rapaci notturni e una popolazione di aquila reale formata da un numero consistente di coppie nidificanti.

All'orso bruno è dedicata una bella area faunistica presso il paese di Spormaggiore ai margini orientali del parco. Grazie a un sentiero che ne costeggia la recinzione, attorno a un ampio settore di bosco, si possono ammirare con tutta facilità alcuni esemplari di questo splendido animale in precedenza ad altissimo rischio di estinzione sulla catena alpina. Pure nel paese è dedicato all'orso un moderno centro visita, ospitato in un palazzo storico. Le informazioni complete fornite al visitatore, il taglio scientifico e insieme didattico, la capacità di affrontare con fantasia il tema dell'orso a tutto tondo (dalle tradizioni popolari al cinema, dalla biologia ai fumetti), le dotazioni multimediali ne fanno una struttura d'avanguardia in Italia.
Ma il parco non si è fermato ai centri visita, pur ben realizzati (bello tra gli altri anche quello di Daone, dedicato alla fauna), e alle aree faunistiche. Oltre a una rete di sentieri ampia e curata, l'attenzione alla fruizione di un patrimonio naturalistico così grande si è concretizzata anche nella sperimentazione di strategie di mobilità alternativa all'auto privata. Da quattro anni in uno dei siti più belli e frequentati, la Val Genova, la parte superiore della valle (otto chilometri) è stata interdetta al traffico automobilistico privato nei mesi di luglio e agosto. Previste alcune eccezioni: i residenti locali e un numero contingentato di clienti dei ristoranti. I parcheggi esistenti sono stati regolamentati da tariffe differenziate per moto, auto, camper e pulmini, con costi tra i due e i dieci euro al giorno. Contemporaneamente, il parco ha attivato un servizio di bus navetta con partenza da Strembo (il Comune della Val Rendena dov'è la sede del parco) e fermate a Pinzolo, Carisole e presso i parcheggi della val Genova.

Sono presenti punti-noleggio di mountain bike e l'offerta comprende escursioni tematiche e attività all'aria aperta le più varie, che riguardano ghiacciai e rarità botaniche ma anche chiesette medievali e un'antica vetreria recuperata. Stessa operazione è poi stata realizzata in Val di Tovel. Anche altri progetti, come la ParcoCard o l'adesione alla Carta europea del turismo sostenibile – per non dire della certificazione ambientale ISO 14001, ottenuta dal parco per primo in Europa – qualificano l'operato dell'ente gestore. A maggio e giugno, per cinque domeniche consecutive, il treno della ferrovia Trento-Malè e poi una navetta del parco hanno condotto centinaia di turisti dal capoluogo al lago di Tovel, senza spostare l'auto. E che dire della capacità di autofinanziamento ? Ogni anno il parco introita circa 750mila euro di entrate proprie, una parte delle quali (300mila euro) è utilizzata per finanziare il 18% delle spese correnti. Cifre di tutto rispetto, rese possibili anche da un flusso turistico in crescita grazie all'aumentata notorietà dell'area. Il "fattore orso" paga.

 

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