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Metti che incontri un ermellino, in abito invernale...

Giunto in prossimità di una pietraia, mi sono seduto tra le rocce e ho cominciato a gustarmi un panino tenendo la testa china, lo sguardo diretto agli scarponi. Improvvisamente, nel momento più inaspettato, un musetto bianco è emerso da una fenditura tra i sassi per squadrarmi da vicino... 

  • testo e foto di Luca Giordano
  • Novembre 2017
  • Lunedì, 20 Novembre 2017
Metti che incontri un ermellino, in abito invernale...

Ogni fotografo naturalista ha un sogno, molti ne hanno più di uno. C'è chi tenta per anni di ritrarre una rara fioritura, chi rimane appostato per mesi nella speranza di incontrare un animale selvatico particolarmente elusivo, chi non si perde un'alba con l'auspicio di riuscire, un giorno, a riprendere un particolare paesaggio con la luce perfetta. Per quanto mi riguarda, uno dei più grandi sogni nel cassetto è sempre stato rappresentato da un abitante delle nostre montagne: l'ermellino (Mustela erminea). Se in diverse circostanze ho avuto modo di fotografare questo rapidissimo predatore nel periodo estivo, quando il pelo dell'animale è di colore marrone nelle parti superiori e più chiaro in quelle inferiori, mai ero riuscito invece a congelare con la mia fotocamera il suo movimento frenetico nel periodo invernale, quando il suo manto muta colore fino a diventare candido come la neve.

Alcune settimane fa, passeggiando per i sentieri del Parco Nazionale Gran Paradiso, ho avuto finalmente l'occasione di coronare la mia aspirazione, che dopo diversi anni di peregrinazioni per i monti aveva cominciato ad assumere l'aspetto di un miraggio.

Giunto in prossimità di una pietraia per consumare il mio pranzo al sacco, mi sono seduto tra le rocce a gambe divaricate e ho cominciato a gustarmi un panino tenendo la testa china, lo sguardo diretto agli scarponi. Improvvisamente, nel momento più inaspettato, un musetto bianco è emerso da una fenditura tra i sassi per squadrarmi da vicino. Il bellissimo ermellino, evidentemente incuriosito dalla mia presenza, sembrava giocare a nascondino a pochi centimetri di distanza dai miei piedi, troppo vicino per essere messo a fuoco dalla macchina fotografica munita di teleobiettivo da 500 millimetri. Nonostante avessi il timore che il mustelide scomparisse alla mia vista, lasciandomi ancora una volta a bocca asciutta, ho aspettato pazientemente che il piccolo mammifero si allontanasse di qualche metro per imbracciare l'attrezzatura e finalmente scattare le prime immagini del tanto agognato soggetto.

In un attimo le molte giornate di ricerca andate a vuoto e le tante opportunità mancate in passato sono sembrate solo un lontanissimo ricordo, mentre soddisfatto osservavo il monitor della mia Nikon e uno sguardo vispo mi scrutava di rimando.


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