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I Parchi unico argine al cemento

Un recente studio della Regione Piemonte mostra come sia in aumento il consumo di suolo (di competenza comunale) ai confini delle aree protette

  • Paolo Procaccini
  • giugno 2012
  • Lunedì, 4 Giugno 2012

Potrebbe essere chiamata Torino "uno", perché sul suolo regionale dal 1990 al 2005 è nata una città che occupa più suolo della Torino "originale": 161,25 chilometri quadrati la prima, contro i 130,34 della seconda. C'è da sapere poi che i documenti urbanistici dei Comuni della Provincia di Torino hanno già in tasca 4700 ettari di suolo da poter consumare. In poche parole, un'area pari ad un terzo di "Torino" che potrebbe scomparire dalla natura per sempre e a partire da adesso. Gli affitti troppo alti, l'inquinamento, la tranquillità della campagna, o forse tutti e tre i motivi messi insieme provocano ancora una conseguenza non semplice da gestire: si chiama "sprawling" e si può tradurre in "dispersione urbana". Le famiglie hanno voglia di luoghi più salubri dell'area metropolitana e cercano quindi di allontanarsi da zone ad alte densità abitative per costruirsi un'isola felice in aree meno urbanizzate. La diretta conseguenza è l'utilizzo di terreni agricoli per realizzare quartieri di villette o condomini, che avranno poi bisogno di strade per essere collegate con il centro delle città. E quindi altro consumo di suolo. La Provincia di Torino in uno studio del 2009 scriveva nel documento "Trasformazioni territoriali della Provincia di Torino: "Fenomeni di sprawl in aree libere avvenuti in ambito rurale rappresentano, in linea generale, un modello negativo di urbanizzazione". Dal 2001 è stato poi cancellato l'articolo 12 della legge 10/2007, "Norme per la edificabilità degli oneri di urbanizzazione" che ora ne consente l'impiego anche per sostenere le spese correnti dei bilanci comunali. Gli effetti li mette nero su bianco la Regione nel recente rapporto "Monitoraggio del consumo di suolo in Piemonte". «Nell'attuale fase di contrazione economica - scrivono i tecnici dell'area urbanistica e programmazione territoriale - l'opportunità di reperire nuove risorse con la fiscalità urbanistica ha spesso condizionato l'azione di molti comuni, inducendo un ulteriore incremento edificatorio». Scendendo un po' più nel dettaglio, il consumo di suolo interessa da vicino anche i parchi della Regione Piemonte. Per difenderli non interviene soltanto una normativa stringente, ma anche delle fasce pre-parco deputate alla tutela delle aree protette di diversa dimensione e larghezza. Una sorta di cuscinetto che dovrebbe attutire il consumo di suolo "buono". In alcuni casi, le aree individuate sono destinate all'agricoltura: in sé, già consumo di suolo (i suoli agricoli di pregio occupano quasi il 65 per cento dell'intera superficie regionale), ma certamente il male minore rispetto ad edificazioni che potrebbero arrecare pesanti impatti ambientali. Se quindi l'interno dei parchi - il loro cuore - è protetto, cosa accade in prossimità dei loro confini? Le aree di competenza comunale adiacenti i parchi sono di solito le più appetibili. Vicine ai servizi, ma lontane dal caos. Talvolta con belvederi a disposizione che fanno aumentare il prezzo degli immobili e quasi sempre immerse in luoghi salubri. L'analisi di questa faccia del problema è avvenuta grazie all'ultimo studio della Regione Piemonte e presentato verso la fine di aprile. I dati sono suddivisi in tre categorie (consumo di suolo da superficie infrastrutturata, da superficie urbanizzata e reversibile) e riassunte in un unico dato: il consumo di suolo complessivo. Scelti quattro parchi regionali, si è preso in esame il dato regionale relativo ai Comuni limitrofi, i cui confini giungono fino alle estremità dei parchi. Il consumo di suolo indicato fa quindi riferimento all'intero territorio comunale e non soltanto alle aree vicine ai parchi. Come una cartina di tornasole, il trend che emerge a livello comunale in alcuni casi è pericoloso e il rischio che l'edificazione abbia interessato i terreni adiacenti ai parchi è davvero molto alta. Da nord a sud, si parte con il parco naturale del Ticino. La provincia di Nova ra ha avuto un grande consumo di suolo negli ultimi 20 anni (dal 1991 al 2005 è aumentato dal 8,7 per cento al 10,2), sempre superiore alla media regionale (5,7 per cento nel 2005). Si ripete nel 2008, con gli undici Comuni confinanti con il parco del novarese che superano (e non di poco) il 7,2 per cento di consumo di suolo regionale e, in sette Municipi, anche la media provinciale (12,4 per cento). Si va infatti dal 32,5 per cento di suolo consumato del Comune di Castelletto sopra Ticino (oltre 470 ettari a fronte dei 1460 complessivi), con una popolazione di poco superiore ai 10mila abitanti, al più basso 8,5 per cento di Cerano, che con una popolazione inferiore ai 7 mila abitanti ha consumato 277 ettari sui 3260 complessivi. In mezzo, c'è di tutto: 19,2 a Varallo Pombia, 18,8 di Oleggio, 17,3 di Trecate e via a scendere. La sensazione è che tanto si sia costruito e tanto possa essere già stato realizzato dall'ultima rilevazione ad oggi. È però anche possibile che il consumo di suolo sia stato rallentato nell'ultimo periodo, ma certo l'andamento degli ultimi 20 anni non offre grandi speranze. L'assessore ai parchi e alle aree protette della provincia di Novara, Marzio Liuni commenta: «Nella zona di Galliate, per esempio, la zona industriale è molto vicina al parco, ma non c'è un'espansione verso i parchi, perché tutti ne conosciamo i limiti». In provincia di Torino, il parco regionale La Mandria confina con 14 Comuni e il Municipio di Collegno supera la media provinciale fissata al 9,1 per cento di ben quattro volte, avendo consumato il 37,6 per cento del suo territorio (680 ettari sui 1800 complessivi). A seguire, il 31,3 per cento di Ciriè, il 26,6 di San Maurizio Canavese, giungendo al Comune di La Cassa, che ha consumato il 7,9 per cento (unico Comune insieme a Varisella ad essere sotto la media provinciale). Per Marco Balagna, assessore ai parchi della Provincia di Torino: «Questi dati confermano che il piano territoriale di coordinamento della Provincia va nella giusta direzione, prevedendo una regolamentazione ostativa verso il consumo ulteriore di suolo: e poi, bravi i due Comuni che si sono distinti mantenendo una bassa percentuale di consumo di suolo». Il neonato parco Gesso e Stura è principalmente nelle mani del Comune di Cuneo, ma confina anche qui con undici municipi, tra cui spicca il 22,1 per cento di Borgo San Dalmazzo (oltre 490 ettari utilizzati su 2200 totali), a cui seguono Cervasca e Vignolo. Cuneo città, con il 14 per cento del territorio consumato, è quarto nella classifica provinciale, avendo bruciato 1670 ettari su un totale di quasi 12 mila. La risposta del cuneese per limitare le costruzioni nell'area è un articolato piano regolatore. «Il documento urbanistico – spiegano dagli uffici - contiene molti elementi utili a regolamentare e salvaguardare le aree limitrofe al Parco», passando anche attraverso "l'attribuzione di un basso indice edificatorio". I sei Comuni che delimitano l'area sul confine piemontese del parco delle Capanne di Marcarolo, in provincia di Alessandria, hanno invece avuto un basso consumo di suolo. Tutti al di sotto della media provinciale (6,9 per cento), il dato più alto è registrato a Lerma (4,7 per cento), mentre il più basso è a Bosio, che ha consumato poco più di 90 ettari sugli oltre 6700 disponibili. I dati sono in linea con quanto dichiarato dai funzionari della provincia, secondo cui: «Il territorio non è antropizzato». Ma il mondo dell'alessandrino vicino al parco regionale è costellato di frazioni e piccoli borghi. Il Comune più piccolo adiacente il parco conta 738 abitanti e un'estensione di oltre 13 chilometri quadrati. E se ai funzionari provinciali non spaventa l'edificazione selvaggia vicino al parco, dicono invece di temere per il terzo valico Genova-Novi Ligure, tanto che dichiarano: «Per realizzare la ferrovia saranno utilizzate delle aree del parco». I dati delle singole province non restituiscono però l'esatto peso dei singoli enti su base regionale. Per definire il podio delle Province meno virtuose (e quindi che hanno consumato più suolo) è necessario esprimere un valore rapportato alla dimensione di ognuna di essere. Ci pensa ancora la Regione, che piazza sul gradino più alto del podio la provincia di Torino (34,1 per cento), seguita dalla provincia di Cuneo (oltre 35 mila ettari su quasi 690 mila) e quindi il novarese che con quasi 16mila ettari consumati su un'area complessiva di 134 mila ettari raggiunge il terzo posto. Posto al centro del dibattito, il consumo di suolo, come recita lo studio di piazza Castello: «E' una risorsa finita, non rinnovabile, caratterizzata da velocità di degrado potenzialmente molto rapide e allo stesso tempo da processi di formazione e rigenerazione estremamente lenti». A suffragare questa tesi ci pensano gli esperti del settore, secondo i quali ci vorrebbero 50 anni per riportare un suolo compattato e impermeabilizzato a livelli di qualità agronomica elevata, con una spesa vicina a 85mila euro all'ettaro. In Piemonte sono ormai 175 mila gli ettari consumati in modo irreversibile, pari a quasi il 7 per cento del territorio complessivo, ma l'entità del problema la offre uno studio elaborato dal Wwf in collaborazione con l'università dell'Aquila: dal 1956 al 2001, la superficie urbanizzata in Italia è aumentata del 500 per cento e dal 1990 al 2005 sono stati trasformati oltre 3,5 milioni di ettari: una superficie pari all'incirca al territorio di Lazio e Abruzzo messi insieme. In due parole: decisamente troppo.

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