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Alla scoperta di Ciro, cucciolo di dinosauro

Nel 1981 Giovanni Todesco scoprì "Ciro", il primo dinosauro italiano, in una cava a Pietraroja (Benevento) su una piccola lastra calcarea di 38 per 26 centimetri. Un reperto che, ancora oggi, continua a essere studiato: le nuove analisi sul suo scheletro e i suoi tessuti utilizzano la tecnologia 3D in modo da indagare più a fondo l'anatomia e la biologia del fossile e compararla con quelle dei rettili e degli uccelli moderni.

  • Alessandra Fassio
  • Gennaio 2023
  • Giovedì, 23 Marzo 2023
L'esemplare di Scipionyx samniticus con i tessuti molli visibili (di colore ocra)  L'esemplare di Scipionyx samniticus con i tessuti molli visibili (di colore ocra)

Chi è "Ciro"?

Scipionyx samniticus (comunemente chiamato 'Ciro'), trovato nel 1981 a Pietraroja, fu il primo dinosauro scoperto in Italia e ancor oggi è considerato il reperto fossile più importante rinvenuto nel nostro Paese. Fu identificato solo tredici anni più tardi dai paleontologi del Museo di Storia Naturale di Milano, che si adoperarono per affidarlo alla Soprintendenza di Salerno, che aveva la competenza territoriale sul sito di rinvenimento.

Negli anni successivi, il Museo di Milano restaurò il reperto che fu riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come uno dei fossili più importanti nella storia della paleontologia, conquistando la copertina di Nature per il suo eccezionale stato di conservazione!

Insomma, quel piccolo animale non più lungo di cinquanta centimetri è, tuttora, il dinosauro meglio conservato al mondo. I risultati di questa vera e propria "paleo-autopsia" hanno rivelato che Ciro era un esemplare neonato, che conserva, oltre alle prede di cui si nutrì nella sua brevissima vita camera-2112207 960 720, una varietà incredibile di tessuti molli interni, tra cui legamenti intervertebrali, cartilagini articolari nelle ossa delle zampe, muscoli e connettivi del collo, parte della trachea, residui dell'esofago, tracce del fegato e di altri organi ricchi di sangue, l'intero intestino, vasi sanguigni mesenterici, capillari, muscoli del cinto pelvico, degli arti posteriori e della coda, tutti ben visibili sino a livello subcellulare.

Storia di un incredible ritrovamento

Nella primavera del 1981 Giovanni Tedesco, un veronese con la passione per la paleontologia, si trovava nei dintorni di Benevento per motivi di lavoro. Cercando fossili tra le stratificazioni rocciose che costeggiavano le strade di Pietraroja, fu incuriosito da una lastra di calcare che sembrava contenere un piccolo scheletro. Portò a casa l'enigmatico fossile, lo ripulì per quanto riuscì e lo ripose in cantina. Lì rimase fino alla primavera del 1993, quando Tedesco lo mostrò a un paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, Giorgio Teruzzi. Fu allora che si scoprì che si trattava del primo dinosauro italiano. Convinto dell'importanza della scoperta, Tedesco accettò una proposta di un settimanale che in un servizio esclusivo documentò la restituzione del prezioso reperto alle autorità competenti.

I nuovi studi

Il fossile di Ciro è unico al mondo camera-2112207 960 720 perché conserva, come detto, tessuti come muscoli e organi interni, incluso l'intestino . Nonostante sia stato studiato lungamente, molto rimane ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda la modalità di conservazione dei tessuti molli e la loro organizzazione tridimensionale.

Un'occasione irripetibile per l'anatomia dei dinosauri, estinti da 65 milioni di anni e per investigare - ancora più a fondo - come si sia verificata la transizione evolutiva più spettacolare avvenuta sul nostro Pianeta: quella dai dinosauri carnivori agli uccelli attuali.

Il nuovo progetto prevede un programma di studio dei tessuti attraverso la digitalizzazione in tre dimensioni del fossile, tramite scansioni tomografiche computerizzate (microCT scanning). Questa tecnologia non è invasiva, e non comporta alcun rischio di danno o alterazione degi reperti. Contrariamente alle radiografie comuni, la tomografia computerizzata ottiene sezioni del volume analizzato, permettendo non solo la digitalizzazione superficiale del reperto, ma anche la visione delle strutture interne, altrimenti impossibili da studiare. 

Ad occuparsene è il Laboratorio di microtomografia dell'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che ha messo a disposizione dei paleontologi una tecnologia innovativa impiegata nello studio delle rocce vulcaniche. Scopo delle attività dei ricercatori dell'INGV è raccogliere sezioni virtuali ad alta risoluzione del fossile per studiare dettagliatamente il suo scheletro e i tessuti con tecnologia 3D camera-2112207 960 720. In tal modo, i paleontologi potranno indagare più a fondo l'anatomia e la biologia del fossile e compararla con quelle dei rettili e degli uccelli moderni. Questo, infatti, è lo scopo delle nuove analisi effettuate in collaborazione con l'Università del Sannio e autorizzate dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Caserta e Benevento e patrocinate dalla Regione Campania, attualmente in corso nel laboratorio di Napoli dell'Osservatorio Vesuviano.

Per il direttore dell'Osservatorio Vesuviano, Mauro A. Di Vito, "E' stato un privilegio per l'Osservatorio Vesuviano dell'INGV ospitare il reperto per studiarlo a fondo con le nuove tecnologie. L'attività di ricerca che si svolge all'INGV, oltre che favorire la conoscenza a 360 gradi su vulcani, terremoti e ambiente, è anche finalizzata a contribuire alla definizione dei processi geologici che hanno modellato il nostro Pianeta e a rendere accessibili e comprensibili a tutti concetti e fenomeni naturali complessi".

Dov'è conservato il reperto

Il fossile, attualmente custodito nell'ex Convento San Felice a Benevento, è ammirato ogni anno dalle scolaresche provenienti da tutta la regione e non solo, ed è stato protagonista di numerose attività e approfondimenti a cura dei Servizi educativi, di cui ora è responsabile la dott.ssa Mariangela Mingione. Numerosi sono i calchi esposti nei musei di Storia naturale italiani tra cui il Museo Civico di Milano. Un calco, riprodotto fedelmente dall'Associazione "Anteo", è anche conservato al Museo Paleontologico Territoriale dell'Astigiano nella galleria espositiva al secondo piano camera-2112207 960 720. Essendo presente su quasi tutti i libri di testo della scuola primaria, alle classi viene raccontata la storia del suo ritrovamento, della sua eccezionale conservazione e della sua importanza come primo dinosauro scoperto in Italia.

 

NB: Tutte le foto di questo articolo sono tratte dai siti www.stilearte.it e www.ingv.it

 

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