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Gli erbari del terzo millennio

Gli erbari sono un valido aiuto per la conservazione della vita sulla Terra: raccolgono la fatica di studiosi che per 200 anni hanno raccolto piante, le hanno determinate, catalogate, hanno allestito campioni e diventano uno strumento meraviglioso che avvicina le persone ai temi ambientali ed ecologici, portando alla condivisione un importante patromonio collettivo. 

  • Laura Succi
  • Giugno 2019
  • Giovedì, 27 Giugno 2019
Gli erbari del terzo millennio

Un ripostiglio di cose vecchie. A volte è questa è l'erronea concezione degli erbari, nonostante siano importanti custodi, prima di tutto del materiale genetico delle piante essiccate sullo stesso foglio, e poi anche di documenti storici, beni unici e indispensabili sui quali si basano studi biologici ed evolutivi. Negli ultimi due secoli le collezioni si sono diffuse in quasi tutte le nazioni del mondo e in Italia con l'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - noto come "Codice Urbani" sono diventati beni culturali a tutti gli effetti, tutelati in forma specifica.

Il libro Herbaria, Il grande libro degli erbari italiani di Nardini Editore e curato da Fabio Taffetani - volume straordinario scritto con la partecipazione di oltre 40 Università italiane - esalta fortemente l'importanza per l'umanità della conservazione della biodiversità negli ecosistemi naturali e sostiene la tesi secondo cui questa prospettiva si possa estendere anche alla conservazione della diversità delle piante coltivate, cioè delle risorse genetiche agrarie che rappresentano l'insieme della diversità biologica utilizzata direttamente dall'uomo. Gli impieghi di queste specie sono molteplici: le piante forniscono cibo attraverso la loro raccolta diretta o la coltivazione, ci danno legno, fibre tessili, gas e carburanti e sono fonte originaria di molti composti chimici utilizzati nella preparazione dei farmaci.

Le strategie di conservazione 

L'ultimo Rapporto delle Nazioni Unite ci dice che un ottavo delle specie esistenti, circa 1 milione di specie tra animali e vegetali, sono ora minacciate di estinzione, più di quanto sia mai successo prima nella storia dell'uomo.
La domanda che sorge spontanea è se possiamo ancora fare qualcosa per contrastare questa catastrofe che avrà conseguenze anche sulla nostra specie. E la risposta è sì, abbiamo delle armi potenti e sottovalutate a disposizione che, per quanto riguarda il mondo vegetale, consistono nel poter collezionare organismi viventi negli Orti botanici, nel custodire esemplari negli erbari e nel conservare campioni di seme o di tessuti nelle "banche di germoplasma", una modalità che in termini scientifici viene definita ex situ. A questi strumenti, si affianca la strategia della conservazione in situ, attraverso la quale la tutela delle popolazioni avviene all'interno del loro habitat naturale, entro le comunità vegetali di cui fanno parte. Anche per questo è stata creata dall'Europa la Rete Natura 2000 che riguarda il 17% dei territori degli stati membri.

In questo disegno strategico è determinante sapere che il materiale erborizzatopuò essere utile anche per riprodurre specie a rischio o estinte in natura, così da pianificare una la loro reintroduzione con l'utilizzo del germoplasma locale. Questo è il caso dell'Osmunda regalis L., una felce in forte diradamento in Italia che è stato possibile riprodurre grazie alle spore conservate dall'Herbarium UTV, in capo all'Università degli Studi della Tuscia (Magrini ed al., 2010). Si pensi che i semi di alcune specie di leguminose arboree si conservano addirittura fino ai 200 anni.

Cosa sono gli erbari digitali

"Tutto iniziò intorno all'anno 2000 con i bellissimi progetti finanziati dalla Andrew W. Mellon Foundation di New York negli Stati Uniti, in collaborazione con i britannici Kew Royal Botanic Gardens", spiega la responsabile dell'erbario dell'Orto Botanico di Torino, Laura Guglielmone."JSTOR Plant Science, il primo progetto in assoluto, fu avviato per digitalizzare campioni tipo di piante africane, cioè campioni sui quali veniva basata la descrizione di una determinata specie. Le istituzioni che aderivano a questo progetto sono state fornite di scanner e di un budget che è servito per pagare una persona dedicata all'attività, e di un generatore di codice a barre in modo che tutti i campioni fossero dotati un codice di riconoscimento univoco, utile ai fini dell'inserimento in un database", spiega la Guglielmone
L'iniziativa è cresciuta rapidamente fino a includere numerosi erbari e si è estesa geograficamente con un progetto dedicato alle piante dell'America Latina. Dal 2009 l'iniziativa è evoluta nel Global Plants Initiative (GPI) e si è allargata fino a includere più di 300 partner nel mondo, scansionando e raccogliendo oltre 2.4 milioni di fogli di erbario. Le immagini e i dati sono consolidati nella piattaforma JSTOR Global Plants che attualmente è il database di campioni di piante digitalizzati più grande del mondo ed è diventato punto di riferimento per collaborazioni e ricerche scientifiche internazionali.

"Il discorso della digitalizzazione degli erbari implica tutta una serie di aspetti etici secondo i quali le istituzioni hanno il dovere di essere aperte e a disposizione della cittadinanza, della società e della comunità scientifica, spiega la botanica di Torino. Gli erbari rappresentano la fatica di studiosi che per 200 anni hanno raccolto piante, le hanno determinate, catalogate, hanno allestito campioni, facendo un immenso lavoro: sono strumenti meravigliosi che permettono di avvicinare le persone alle tematiche ambientali ed ecologiche portando alla condivisione un importante patromonio collettivo", afferma Guglielmone. Inoltre, creare grandi erbari digitali mondiali è un'idea che non sminuisce la funzione della conservazione di tipo tradizionale: "Il ricercatore stando alla sua scrivania può buttare l'occhio su una grande quantità di erbari in giro per il mondo e poi recarsi là a colpo sicuro dove ha individuato con certezza le sue fonti", conclude la botanica. 

Le piattaforme digitali

Gli erbari digitali diventano sempre più grandi, crescono di giorno in giorno, proprio come foreste, sconfinate, accoglienti, profumate, irrinunciabili, in cui ciascuno di noi si può addentrare, dagli addetti ai lavori all'intera comunità mondiale, così da garantirne la più ampia diffusione e la disponibilità alle future generazioni.
Come si è accennato JSTORE Global Plants è una comunità di scienziati che collaborano tra loro, facendo ricerca e mettendo in relazione i campioni d'erbario e i dati sull'entità che si sta cercando tra cui i link a repertori nomenclaturali tipo Tropicos e World Flora Online. Fornendo anche un'ampia bibliografia con elenchi di guide, articoli di riviste specialistiche e presentazioni ed è diventata la piattaforma più completa per chi lavora nel campo della ricerca.
Il progetto BRAHMS fa invece parte di un più vasto programma di ricerca dell'Università di Oxford. Si tratta di un sistema di gestione per preservare e vivere le collezioni, e intraprendere ricerche biogeografiche e tassonomiche sulla base di quasi 30 anni di lavoro e raccolta di dati. la piattaforma contiene strumenti di calcolo e brevi video.
Per dare un'idea della forza di questi strumenti, è opportuno segnalare anche l'Australasian Virtual Herbarium (AVH) nel quale ci si addentra come in una vera foresta: un erbario digitale dell'Australia e della Nuova Zelanda che ospitano oltre 8 milioni di piante, alghe e funghi.
Per quanto riguarda l'Italia è particolarmente prezioso l'erbario di Ulisse Aldovandi - naturalista, botanico ed entomologo rinascimentale - informatizzato dal Sistema Museale di Ateneo di Bologna, che raccoglie 5000 campioni.

L'erbario virtuale nazionale italiano

Oltre 40 strutture museali hanno costituito nel 2017 la rete di coordinamento CoRIMBo (Coordinamento della Rete Italiana dei Musei Botanici) e sottoscritto un'intesa anche per la digitalizzazione delle collezioni botaniche conservate negli erbari italiani, la cui consistenza è stimata in oltre 10 milioni di esemplari. L'erbario virtuale italiano è promosso in particolare dalla sezione botanica del Museo di Storia Naturale di Firenze affiancata nella fase esecutiva dal Museo Erbario di Roma sotto l'egida della Società Botanica Italiana e ha la funzione di raccogliere tutta la comunità di scienziati che si occupano di botanica in tutti i suoi aspetti, dalla floristica all'ecologia, agli aspetti museologici: il suo nome è LeGiT (Leaves & Gigabytes Italy) ed è in fase di costruzione.

Una dichiarazione d'amore per la botanica e per gli erbari è il docu-film "Homo botanicus" in cui il regista Guillermo Quintero esplora i misteri delle piante, della natura, dei boschi, delle foreste, delle serre, degli erbari e delle biodiversità vegetali seguendo nelle foreste tropicali della Colombia, Julio Betancur - quasi una leggenda contemporanea della ricerca - e il suo discepolo Cristian Castro. E' un viaggio che documenta il modo in cui i botanici lavorano sul campo e che ci fa guardare i campioni che sono sul foglio con un altro occhio, consapevoli di tutto il lavoro che c'è dietro: la fatica, i graffi sulla pelle, le bruciature, i momenti più duri ma proprio per questo entusiasmanti. Tra l'altro, è stato premiato come miglior documentario internazionale al Torino Film Festival 2018.

 

Homo botanicus. Trailer. from Guillermo Quintero on Vimeo.

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