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A chi interessa il paesaggio italiano?

La logica della "notiziabilità" comporta che il paesaggio venga preso in considerazione solo quando diventa elemento di cronaca nera. Colpa del decadere del giornalismo d'inchiesta

  • Carlo Grande, Mauro Fratoddi
  • marzo 2010
  • Martedì, 30 Marzo 2010

«Ogni paesaggio appartiene al popolo che lo ha creato», diceva Schiller, ma di fronte alla battaglia che si combatte palmo a palmo sul "territorio" (termine ormai svuotato di significato, che come la parola "sviluppo" nasconde molte nefandezze), il popolo ha ben poche armi di difesa. Quella mediatica è un po' spuntata: raramente si parla di paesaggio in modo sistematico, poco si informa sul disastro estetico e ambientale che abbiamo sotto gli occhi, ogni giorno.
L'architettura, disse anni fa Renzo Piano ricevendo il Pritker dalle mani di Clinton, è prima di tutto un servizio, un'arte che produce cose che servono, ma socialmente pericolosa,
perché un'arte imposta. Un brutto libro si può non leggere, una brutta musica si può non ascoltare, ma il brutto condominio (o la cava che sventra la montagna, l'argine che ingessa un fiume, il capannone o il traliccio che sfregia una collina) che abbiamo davanti lo vediamo per forza. L'architettura può imporre un'immersione totale nella bruttezza, non dà scelta.
Giornali e tv trattano il paesaggio, questo straordinario contenitore di natura e cultura, come le notizie ambientali in genere: in modo saltuario, legato alle novità di cronaca, raramente cercando di creare una coscienza etica ed estetica nella gente. È ben vero che negli ultimi anni l'ambiente è diventato di moda ed è cresciuta la sensibilità collettiva, ma la logica della "notiziabilità", basata pur sempre sul fatto che faccia più notizia "un uomo che morde un cane piuttosto che un cane che morde un uomo", comporta che il paesaggio venga preso in considerazione per lo più quando è sfregiato, quando diventa elemento di cronaca nera. Quando il grande cuore dell'Italia batterà anche per prevenire le "disgrazie" contro il territorio e il patrimonio culturale, e non solo dopo, per piangerci sopra?
Striscia la notizia tratta spesso il tema degli "ecomostri", dello sperpero di denaro pubblico, dell'abusivismo. I Tg nazionali lo fanno più raramente. Colpa del decadere del giornalismo d'inchiesta, dei reportage.
Non è un mistero, inoltre, che gli stessi movimenti ambientalisti per un certo periodo abbiano perso di vista le battaglie principali sui grandi temi (il paesaggio, la biodiversità, la tutela della salute), a favore di temi più "politici".
La spettacolarizzazione è molto frequente: per quanto riguarda il paesaggio in senso lato potrebbero rientrare in questo ambito il folclorismo più bieco, le bellezze locali trattate in modo oleografico, le fiere gastronomiche a base di vini e salsicce, ad esempio.
Anziché fornire gli strumenti per pensare in profondità, per incuriosire con informazioni che non muoiano il giorno dopo, si preferisce puntare sulla novità esasperata.
Certo, occorre fare attenzione: su certi argomenti (dalle scorie nucleari all'elettrosmog e dunque, ad esempio, quando si parla di salute), la gente è attenta. Ma a lungo andare si rischia la rimozione, scatta un meccanismo di autodifesa. Se non si suscita indignazione, si annoia e si "impaurisce. Perciò la riflessione e le opinioni devono essere tenute "vive", devono essere diversificate, per non far calare l'attenzione. Un giornale o una trasmissione televisiva devono variare, e questo implica appunto il perenne rischio dell'"informazione spettacolo".
Anche sul paesaggio è difficile proporre articoli con un taglio problematico, è difficile trovare spazio: come per molti discorsi ambientali, l'attenzione e concentrata sulle emergenze, quasi mai tali, ma semplicemente eventi prevedibili e previsti. Si tende a privilegiare gli aspetti sensazionalistici e classifiche rispetto alla complessità e alla intersettorialità specifica delle questioni ambientali e paesaggistiche: un discorso sul paesaggio sta al crocevia di settori e competenze, ma questo viene percepito con difficoltà. Non è che non se ne parli, ma avviene con superficialità, quindi con forti limiti.
A volte editori e direttori – salvo il caso delle firme più importanti – non danno troppo spazio alla specializzazione: in campo ambientale è diminuito l'approfondimento, negli ultimi anni, mentre ci si sarebbe aspettato il contrario. C'è insomma più attenzione ma meno giornalisti specializzati: e soprattutto, come s'è già detto, se ne parla come se fosse un tema di cronaca nera, mentre non è così, si dovrebbe dare molto spazio agli aspetti culturali, educativi e di prevenzione.
E questo darebbe spazio a un giornalismo per nulla noioso, ma ragionato, pieno di "link" e di connessioni, quindi più divertente, meno scontato. Nessuna predica ai lettori, bisogna incuriosirli, portandogli conoscenze. Non bastano le agenzie, i colleghi non possono dare il meglio con la fantasia e la cultura, ma seguendo i temi giorno dopo giorno, anno dopo anno. Non sempre (anzi, quasi mai) c'è bisogno di grandi fatti: si potrebbe partire da un caso – piccolo o grande che sia – e farne un grimaldello per allargare il discorso.
Con il paesaggio bisognerebbe occuparsi di più di Soprintendenze, di materiali edilizi, di urbanistica, di storie "sul territorio", ad esempio, ma oggi, con la crisi dei quotidiani, con il ridimensionamento delle redazioni (molti giornalisti devono passare il loro tempo a fare didascalie, titoli, a impaginare, insomma, nella "cucina" della redazione), quel tipo di giornalismo è diventato un lusso.
Così contro la devastazione del paesaggio restano a battersi, spesso inascoltate, le associazioni come Italia Nostra (dirigendone per anni la rivista mi sono accorto di quale patrimonio di competenze, di professionalità, di etica ci sia nelle decine di sezioni sparse per l'Italia), il Fai, i Comitati sorti in Toscana a opera di Alberto Asor Rosa e in Veneto del poeta Andrea Zanzotto, ad esempio.
Il ruolo dell'informazione, d'altra parte, non va sopravvalutato: potrà sembrare eretico, ma la difesa del territorio e del paesaggio, così come quella della società, spetta certo ai cittadini, alla loro consapevolezza, ma anche agli amministratori, ai magistrati, alle forze dell'ordine, alle Soprintendenze. Possiamo anche sdegnarci di fronte a un fatto di camorra, a un sacco edilizio, ma se non sono l'ufficio tecnico di un Comune, un sindaco, un magistrato, la polizia a intervenire, il nostro sdegno resta sulla carta.
Non sto dicendo che la pagina del giornale non serva: ma anche se non è sempre il caso di pensare con Billy Wilder e Jack Lemon che il foglio, il giorno dopo, finisce irrimediabilmente ad avvolgere un chilo di trippa, non sempre sortisce effetti concreti. Mi è capitato di fare dei reportage sullo scempio del paesaggio a colle Val d'Elsa, che forse hanno avuto qualche effetto, hanno suscitato l'intervento della magistratura. O forse le indagini erano già avviate e andavano avanti per conto loro. Meglio così, sarebbe più normale.
E ricordo – alcuni anni fa - il caso di un articolo bellissimo di Fruttero e Lucentini sulle pagine della cultura de La Stampa, nel quale si denunciava il progetto di costruire villette a schiera proprio sulla collina di Montemassi, ritratta da Simone Martini in un celebre affresco nella sala del Mappamondo del Palazzo pubblico di Siena, che ritrae l'assedio di Guidoriccio da Fogliano alla rocca di Montemassi, scempio che precorreva quello attuale a Montichiello.
Ebbene, l'esecuzione venne fermata dall'allora vicepresidente del Consiglio e ministro per i Beni Culturali Walter Veltroni. Il paesaggio di Roccastrada, in provincia di Grosseto – è mantenutosi in gran parte intatto per secoli, da quel lontano 1328 – fu salvato.
Ma il pericolo per il paesaggio non è mai scomparso: più recentemente è stata approvata la costruzione, sempre nel panorama di Roccastrada, di un parco fotovoltaico che un consigliere d'opposizione descrive come "uno specchio grande cinque ettari".
E qualcuno, già allora aveva detto: «Se il problema sono le villette, aggiungiamole nell'affresco... ».

A scuola di giornalismo ambientale

Come formarsi, da comunicatori, per rispondere in maniera adeguata all'attenzione crescente dei media nei confronti dei temi legati all'ambiente?
Nei corsi di giornalismo, anche quelli più blasonati, l'ecologia occupa una posizione solitamente marginale mentre nelle facoltà scientifiche gli aspetti legati alla mediazione dei saperi non vengono quasi mai presi in considerazione. Così per apprendere i fondamentali del giornalismo ambientale bisogna ricorrere a quanto propongono due periodici di settore, Modus vivendi e La Nuova Ecologia, che organizzano da diversi anni i propri corsi, con stage a seguire. Nel primo caso, quello di Modus, si tratta di un vero e proprio master che si realizza, da sei anni, a Roma in collaborazione con il centro studi del Cts. Il programma tiene insieme giornalismo, marketing e divulgazione socio-istituzionale attraverso 400 ore di lezione più altre 80 di project work. Un percorso complesso, insomma, che risulta utile a chi voglia andare oltre il giornalismo e formarsi nella comunicazione ambientale in senso più ampio, magari per proporsi come ufficio stampa o come ideatore di campagne sociali (www.modusvivendi.it). Il mensile di Legambiente invece, La Nuova Ecologia, si rivolge espressamente ai giornalisti e propone una formula residenziale per circa 25 studenti che possono accedere ad alcune borse di studio. Anche in questo caso vengono coinvolte svariate firme del giornalismo oltre a esperti, rappresentanti di associazioni, imprese e istituzioni. Il corso, intitolato a Laura Conti, dura circa dieci settimane per circa 350 complessive in aula e si conclude con un workshop finalizzato alla produzione di un numero speciale della rivista. La decima edizione si è svolta a Savona, nel campus universitario, dove gli organizzatori contano di tornare nel 2010 (www.lanuovaecologia.it). Merita di essere segnalata, infine, la proposta dell'istituto Comunika che presenta un master a Roma con 120 ore per la parte teorica più 300 di stage. L'obiettivo è formare professionisti in grado operare nelle pubbliche amministrazioni o nelle imprese, come ufficio stampa e organizzatori di eventi, con particolare attenzione agli aspetti giuridici della materia ambientale (www.comunika.org). (M.F.)

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