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Le stanze dell'anima

Un viaggio fotografico alla scoperta dell'anima, in un luogo privilegiato di comunicazione con l'Assoluto

  • Loredana Matonti
  • marzo 2012
  • Venerdì, 23 Marzo 2012

L'anima è il principio del sentire, dell'intendere e dell'operare di quell'essere che pronuncia se stesso col monosillabo "Io" Antonio Rosmini

La mostra sarà aperta sino al 3 giugno 2012 (giorni di apertura: sabato domenica e festivi in orario di apertura della Sacra, negli altri giorni, su prenotazione, minimo 10 persone). Il catalogo della mostra a cui è abbinato un DVD contenente il trittico delle sequenze video realizzate, sarà disponibile presso il bookshop della Sacra, in libreria e online anche sull'eStore www.ARPABook.com. Per informazioni: Sacra di San Michele tel 011 939130, fax 011 939706.

Severa e maestosa, il suo profilo si staglia nel cielo della Valle di Susa, spuntando dalla roccia come se fosse il suo naturale prosieguo. È la Sacra di San Michele, gigante di pietra che protende le sue poderose braccia verso l'Infinito, trasmettendo agli occhi e all'anima tutta la tensione mistica dell'uomo che anela a ritrovare la sua vera natura. Un gioiello architettonico, uno tra i più grandi di epoca romanica d'Europa. Situato lungo una via di pellegrinaggio di oltre duemila chilometri, da Mont-Saint-Michel in Normandia sino a Monte Sant'Angelo sul promontorio garganico, è fra i più antichi luoghi di culto dedicati all'Arcangelo Michele. L'Abbazia è "lontana da ogni impaccio e mondano tumulto. Qui non strepito di uomini e animali, non frastuono, non ruggito. La pianura d'Italia, con ameni paesaggi e fiumi, vi si stende, a far lieti gli sguardi umani". Il monaco cronista che la descrive, quasi mille anni fa, evoca uno scenario che, seppur molto mutato a causa dell'intervento antropico, incanta ancora oggi il visitatore. Giunti alla soglia, la sensazione è quella di entrare in un'altra dimensione: l'amarezza per le ingiustizie del mondo si placa, il chiasso della mente cessa e si scivola in un piacevole oblio, rapiti dalla pace e dal senso di eternità che solo luoghi come questi sanno trasmettere. È difficile restare indifferenti a un così ampio potenziamento dei sensi e di sentimenti capaci di ricolmare il respiro, la sostanza dell'anima. Restando in profondo ascolto, qui l'anima si può effettivamente percepire in modo tangibile: poco a poco si sente con le orecchie, si percepisce sulla pelle, sfiora e poi attraversa il corpo. Vibra. E ci fa oscillare in sincrono. In tale scenario di elezione si colloca la mostra fotografica "Le stanze del­l'Anima", inaugurata il 17 dicembre 2011, promossa dalla Sacra di San Michele e prodotta da ARPANet. Le fotografie sono dell'artista Franco Borrelli, la cui sensibilità e profondità d'animo hanno interpretato con luci e colori straordinari, l'Essenza di questo luogo fuori dal tempo. Una serie di immagini panoramiche sorprendenti, assieme a particolari architettonici di angoli inediti della Sacra; scorci pittorici e surreali, che sono come varchi d'accesso verso l'extrasensibile. Un'interpretazione poetica e trascendente della realtà; emerge così una bellezza che viene da "dentro" l'immagine, capace di suscitare emozioni e stati di coscienza non ordinari, che inducono il visitatore a contattare e riconoscere la parte più profonda di sé, l'anima. Il soffio del vento che spira nel­l'Abbazia d'altronde, è lo stesso che si riconduce al significato stesso della parola "anima", etimologicamente appunto, "soffio", "vento". Allo stesso modo la visita degli ambienti di cui è composta la mostra sono le "stanze" dell'anima, ovvero i suoi stati. Un percorso fotografico che racconta simbolicamente la difficile ascesi del­l'Uomo, dalla materia allo Spirito, il cui emblema è racchiuso nella lunga e faticosa salita sul sentiero ghiaioso, seguita dagli infiniti e ripidi gradini di pietra che, finalmente, portano all'agognata meta. In questo percorso l'uomo eleva se stesso e ha l'opportunità di ritrovarsi, quasi senza accorgersene, in uno stato di meditazione. La salita alla Sacra disvela all'uomo il primo stato in cui si viene a trovare l'anima, quello della coscienza del mondo, nella Bibbia chiamato Nefesh. È la coscienza di Sé in rapporto all'Altro, e dunque la coscienza di ciò che esiste al di fuori di noi e che si scorge nei diversi panorami. L'anima emerge nelle pietre, nelle valli e nei fiumi, negli alberi, tutti elementi di un unico grande santuario della Natura. È rappresentato dalla prima stanza nel percorso espositivo, dopo quella introduttiva dedicata alla visione dell'Abbazia. Varcare la soglia del Santuario della chiesa coincide con il secondo stato, il desiderio estatico, quello istintivo delle emozioni, il Ruach, in greco pneuma, l'emozione, l'alito vitale. Qui, nella seconda stanza, grazie alla potenza evocativa delle immagini che ritraggono le geometrie sacre dell'architettura medievale, la parte emotiva dell'anima prende il sopravvento e scivola nella contemplazione. Un telo leggero separa il secondo stato dall'ultimo e più elevato, il senso dell'eterno, l'anima superiore. È lo stato che si raggiunge al termine del­l'esperienza di visita del complesso abbaziale, quando le precedenti due parti dell'anima spontaneamente comunicano, mediante il continuo confronto dei ricordi sensibili, provenienti dal basso, con gli archetipi contemplati dalla parte superiore. È Neshamah, l'unione tra l'istinto, l'intelletto e il divino, il livello più elevato. È quasi come togliere il velo di Maya, l'illusione, scoprendo che, in definitiva, tutte le fotografie osservate sino a dove si è giunti non sono che istanti di un implacabile flusso del tempo: sul velo è riprodotta un'immagine tra le più evocative, una scalinata della Sacra che conduce verso la luce. Alla conclusione del percorso espositivo l'autore, con una sua personale sperimentazione artistica, tenta di rendere manifesto al visitatore l'incessante scorrere del tempo, il samsara, ovvero il ciclo eterno della vita. Qui tre monitor proiettano, a ciclo continuo, tre filmati di circa sette minuti ciascuno, costituiti da migliaia di scatti fotografici in rapida sequenza e mostrati in ordine casuale. Momento per momento, quindi, la meta-opera cambia, e anche nello spettatore suscita stati d'animo sempre diversi, ma sincroni e puntuali al vissuto del momento. Ma come è nata questa idea? "Al ritorno dall'India avevo chiesto alla vita un lavoro in cui potessi mettere parte della mia anima. Ma non mi aspettavo una risposta in sole due settimane! E così l'avventura è cominciata" afferma Borrelli. "Ho affrontato il lavoro alla mia maniera, usando la tecnica dell'HDR, che utilizza diverse esposizioni per arrivare ad un'unica fotografia, che conserva dettaglio sia nelle ombre che nelle alte luci. Mi sono lasciato trasportare dalle sensazioni, dai colori e dalle luci della Sacra. Per me non è stato un lavoro. È stata una meditazione e in meditazione nasce l'idea dei video". Il percorso della mostra coinvolge anche l'udito: come il suono del vento si avverte sin dalle pendici del Monte Pirchiriano, per poi acuirsi in cima, così la musica accompagna il Viaggio sin dal primo ambiente introduttivo dell'esposizione, scandendo col ritmo del suono questa esperienza. Melodie toccanti, frequenze che mettono in risonanza col fascino di questo luogo impervio, composte per i primi due video da Manuel Torello con l'hang, un insolito strumento musicale idiofono in metallo, ideato in Svizzera, dalla curiosa forma a ufo, la cui suggestiva sonorità sembra fatta apposta per il soggetto della mostra. Il terzo video invece è accompagnato dalle musiche di Enrico Euron e Anne-Gaelle Cuif con l'arpa celtica, le cui splendide note si sposano magistralmente alle prime e conferiscono ai filmati una dimensione poetica. Il catalogo della mostra, la cui peculiarità è proprio il dvd "emozionale" allegato che riproduce i filmati dell'ultima stanza, completa l'esperienza. All'inaugurazione tutti i partecipanti sono incantati ed entusiasti, eppure negli occhi del fotografo si coglie un velo di malinconia... Forse è consapevole che neppure con tutta la sua arte è possibile rendere appieno la bellezza e il senso di eterno del luogo. Lo ammette: "Finisco questo lavoro con addosso la sensazione che avrei potuto dare di più, fare di meglio. Ma capisco anche che potrei andare avanti una vita intera senza finire mai, perché quello che tutti stiamo cercando non si può fermare in nessuna foto, in nessun video. Quello che stiamo cercando si può solo intravedere nello spazio vuoto che sta tra una foto e l'altra".

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