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I santuari come luogo di aggregazione e svago

L'aspetto religioso e quello turistico-ricreativo non sono necessariamente contrapposti. La scoperta delle bellezze storiche, artistiche e naturali aiuta lo spirito.

  • Don Aldo Bertinetti
  • Maggio 2011
  • Venerdì, 13 Maggio 2011

"Dai mamma, facciamo una cosa divertente: andiamo in gita al santuario...". Inizio questo articolo con questa frase curiosa e sorridente, perché il titolo che mi è stato assegnato sembra, a prima vista, altrettanto curioso e, per qualcuno, forse anche un po' irriverente.
In effetti, però, è vero che da sempre, oltre che per i motivi strettamente spirituali, su cui torneremo, i santuari sono stati anche mete per gite domenicali di parrocchie, oratori, famiglie e, oggi in particolare, di persone anziane, che non possono permettersi mete più impegnative.
Niente di male in tutto ciò. I santuari, nati sovente dalla pietà popolare, sono stati praticamente sempre, fin dall'inizio o diventandolo in seguito, espressioni della popolazione di quel luogo, di quella regione, che ha trovato in questi luoghi anche un momento di aggregazione, di identificazione culturale: pensiamo in modo particolare alle feste che in molti di essi si svolgono. Alcuni di questi santuari sono nati da un voto della comunità per impetrare assistenza in tempi difficili (guerre, epidemie...) o per ringraziare dello scampato pericolo (ad esempio dalla peste...).
E ancora oggi, come dicevamo, essi diventano facilmente un luogo piacevole (anche sovente per l'ambiente naturale particolarmente bello che li circonda), in cui fare una scampagnata e passare alcune ore in compagnia.
Questi aspetti si evidenziano in modo particolare per i santuari "locali". Infatti i "grandi" santuari, di fama e frequenza internazionale (Lourdes, Fatima, Santiago, ecc.), anche perché richiedono spostamenti, tempi e spese maggiori, di solito sono ricercati in modo più specifico, con frequenza ovviamente più rara, e quindi per essi emergono meglio le motivazioni più esclusivamente religiose. Ma per quelli più facilmente raggiungibili, più vicini a casa, le altre motivazioni (che potremmo chiamare, in modo sorridente, "accessorie") sono molto frequenti.
Tutto ciò non fa problema. Infatti, nella pastorale che si interessa di questi aspetti, da tempo si è evidenziata la distinzione tra il "pellegrinaggio" e il cosiddetto "turismo religioso", due fenomeni certamente diversi, da tenere distinti, ma non contrapposti.
Il "pellegrinaggio" vero e proprio consiste nel raggiungere una meta motivati da intenzioni specificatamente spirituali. La meta è ricercata per il suo significato religioso, il viaggio è compiuto in un clima e con atteggiamenti di tipo "penitenziale" (cioè di preghiera, meditazione...) e all'arrivo diventano centrali i momenti di celebrazione e di preghiera.
Il "turismo religioso" è una forma appunto di turismo. Le motivazioni, come per ogni forma di turismo, sono principalmente quelle di conoscere luoghi nuovi, di godere delle bellezze naturali ed artistiche che vi sono, e, per lo più, di fare questo in una comitiva che ha il piacere di stare insieme, anche con momenti ludici e di distensione.
Le due cose sono certamente distinte e bisogna stare attenti a non mischiarle indebitamente. Per questo la Chiesa rivendica giustamente il pellegrinaggio come fenomeno religioso e di conseguenza la sua esclusiva competenza, almeno per i cristiani, nel gestirlo.
Tuttavia i due aspetti non devono necessariamente contrapporsi e possono anche esser vissuti insieme, facendo attenzione a distinguere ed evidenziare opportunamente i diversi momenti.
In altre parole un gruppo di fedeli può scegliere di attuare un vero e proprio pellegrinaggio, dando evidentemente importanza prioritaria agli aspetti specifici che abbiamo segnalato. Ma questo non toglie che, durante il viaggio e la stessa permanenza, si possano anche svolgere serenamente momenti di "turismo religioso", che hanno comunque un valore in sé, sovente anche da un punto di vista culturale, e che possono contribuire a creare un ambiente amichevole, fraterno e gioioso.
Inoltre, se l'aggettivo "religioso" attribuito a "turismo" per molti utenti non denota interessi particolarmente spirituali, esso è comunque appropriato perché gli oggetti meta del viaggio, attraverso la loro arte, la cultura e la stessa natura, hanno alla loro radice una motivazione (e quindi mantengono un messaggio) di tipo religioso. E questo certamente non può non interessare una pastorale attenta a offrire comunque delle suggestioni spirituali. La Regione Piemonte è ricca di santuari di prim'ordine, sia da un punto di vista storico-religioso, che artistico e ambientale: pensiamo ad Oropa, ai Sacri Monti... Ma sarebbero certamente da riscoprire e da valorizzare molto più di ora anche i santuari "minori", di cui tutta la regione è ampiamente cosparsa, dalle montagne (ad esempio in Val Grana, a Graglia...) a tutta la pianura (Vico­forte, Madonna dell'Olmo, ecc.).
La Commissione ecclesiastica regionale del settore ha da tempo rivolto alle diocesi piemontesi l'invito di segnalare tutti i santuari esistenti nel proprio territorio, anche i più piccoli, per poterne preparare una mappa e invitare la popolazione, soprattutto le comunità cristiane, a prevedere delle gite domenicali alla loro scoperta.
Certamente, come è giusto, la preoccupazione della Chiesa è particolarmente quella spirituale, in modo che in queste gite sia sempre presente, e anzi possibilmente emerga come principale, la finalità religiosa.
Questo vuol dire istruire delle schede in cui, partendo dalla storia dello stesso santuario, se ne evidenzi il particolare messaggio che porta: ogni santuario, infatti, ne ha uno suo specifico, complementare rispetto a tutti gli altri. Questo vuol anche dire attrezzarsi perché in ogni santuario ci sia un' accoglienza adeguata, con la necessaria assistenza spirituale e la predisposizione di celebrazioni liturgiche adatte.
Ma quegli aspetti, che abbiamo chiamato "accessori", non sono certo da trascurare: anche un buon accompagnamento alla scoperta delle bellezze storiche e naturali non è assolutamente contrario a un discorso spirituale, ma può anzi costituire un elemento aggiuntivo di grande valore. L'arte e la natura sanno condurre al trascendente con grande forza, toccando il cuore anche di persone magari non immediatamente predisposte alla dimensione spirituale.
Naturalmente questi ultimi aspetti sono di particolare competenza degli enti locali, che devono investire sempre di più anche in questo piccolo "turismo", che può avere però una grande valenza nella popolazione. In questo campo è indispensabile una stretta collaborazione fra la Chiesa e gli stessi enti locali, nel rispetto delle diverse competenze, e soprattutto delle differenti finalità, che appunto non si oppongono, ma devono, rispettandosi, risultare complementari. In molti casi ciò si verifica già in modo significativo: penso in particolare, al Sacro Monte di Varallo.
Un'altra promozione, indotta, che gli enti locali dovrebbero attuare è, ovviamente, quella di interessare e aiutare la popolazione locale perché sia in grado di fornire servizi sempre più adeguati e accessibili a tutti, quali la ristorazione.

Don Aldo Bertinetti
Segretario della Commissione per la Pastorale del Turismo e dei Pellegrinaggi della Conferenza Episcopale Piemontese e componente della Conferenza Permanente del sito UNESCO "Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia".

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