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Il Po e i suoi porti nella storia

Il grande fiume è stato da sempre il principale protagonista dalla formazione del territorio e del suo ambiente sino allo sviluppo della sua economia.

  • Enzo Gino
  • Giugno 2011
  • Giovedì, 2 Giugno 2011

Sin dal lontano passato il Po è stato certamente uno dei principali attrattori della presenza umana nella valle che il fiume stesso ha creato con i suoi apporti alluvionali. Esiste quindi uno stretto rapporto fra il fiume il "suo" territorio i "suoi" abitanti. Se indaghiamo su questi rapporti scopriamo che oltre 2000 anni fa, la Valle Padana era sostanzialmente coperta da un unico grande bosco naturale in cui i villaggi sorgevano nelle radure i suoi abitanti erano dediti prevalentemente alla caccia. La Pianura veniva identificata con il suo bosco a cui furono date diverse denominazioni a seconda dei luoghi, i più noti: Selva Fetontea, come narra il poema epico Le Argonautiche, descrivendo come l'improvvido Fetonte cadde, incapace di guidare il carro che suo padre Zeus gli aveva dato l'onore di condurre, oppure Selva Lupanica: infestata dai lupi... Furono gli antichi romani a dare il via alla trasformazione della Pianura. Attraverso le centuriazioni, il successivo disboscamento e coltivazione la trasformarono in una pianura più simile a quella che oggi conosciamo. Successivamente i Longobardi provenienti dalle foreste del nord Europa, considerate spesso luoghi sacri, tutelarono ben più dei "civilizzati" Bizantini le foreste, viste invece da questi ultimi come semplice oggetto di sfruttamento di cui il Po, come tutti i suoi affluenti, costituiva un comodo mezzo di accesso e di trasporto. Nel XII secolo una serie di alluvioni catastrofiche cambiò il corso del grande fiume creando ampie aree paludose che solo a seguito delle incessanti bonifiche intraprese a partire dall'800 hanno portato alla situazione attuale. Dell'antica foresta planiziale oggi si sono salvati circa 8000 ettari sparsi come coriandoli nelle grande Pianura Padana, da noi il bosco della Partecipanza a Trino. Nei secoli passati quindi si è perpetrata in Valle Padana una sorta di deforestazione simile a quella che oggi è in corso in Amazzonia. In questo contesto il Po, come molti altri fiumi, ha sempre rivestito un ruolo di fondamentale importanza nella storia e nell'evoluzione dei popoli, non solo quale linea di difesa bellica o di separazione etnica, ma soprattutto quale fonte di infinite risorse che possono essere tratte dalle sue acque e ancor più dal loro movimento: trasporti, caccia, pesca, mulini, irrigazione e... tasse. I corsi d'acqua da sempre sono stati percorsi e risaliti e durante tutto il Medioevo i trasporti fluviali ebbero uno sviluppo eccezionale. In particolare a partire dall'alto Medioevo diventarono i principali assi di collegamento sul piano economico e strategico, tanto che enti religiosi e proprietari laici vollero assicurarsene il controllo per incassarne i proventi derivanti dal transito. Il trasporto sulle vie d'acqua era molto più conveniente del trasporto terrestre per qualsiasi tipo di merce perché con un solo barcone si poteva trasportare almeno trecento volte un carico terrestre; era più economico dal punto di vista del rapporto uomini impiegati-volume di merce trasportata, anche se bisogna tener conto, nel caso di risalita con traino da terra, delle risorse umane o animali impiegate; inoltre il trasporto fluviale era anche più sicuro, più comodo e più veloce se effettuato in favore di corrente. Pochi documenti parlano espressamente della velocità delle imbarcazioni che navigavano sui fiumi e i vari testi dicono soltanto che i trasporti fluviali erano più veloci di quelli terrestri. Liutprando di Cremona nel 943 coprì in tre giorni il tratto da Pavia a Venezia, cioè almeno trecentoventi chilometri sul Po. Da questi dati si ricava una velocità di circa 100 chilometri al giorno per le imbarcazioni spinte dalla corrente, notevolmente superiore pertanto alle prestazioni di un viandante, circa 30 Km al giorno o di un corriere a cavallo, circa 60 Km al giorno. Non a caso da secoli i giuristi romani, prima di tutti Ulpiano, avevano dato vita a quattro princìpi fondamentali a garanzia del carattere pubblico delle acque: a) ut in flumine publico navigare liceat: si proclamava la libertà di navigazione sui fiumi; b) de ripa munienda: si chiedeva di rafforzare le sponde dei fiumi senza danneggiare la navigazione; c) ne quid in flumine publico ripave eius fiat quo peius navigetur: si vietava di ostacolare la circolazione fluviale; d) ne quid in flumine publico ripave eius fiat qua aliter aqua fluat atque uti priore aestate fluxit: si proibiva tutto quello che poteva ostruire il corso del fiume.

Naturalmente i porti fluviali non avevano nulla a che vedere con quelli che oggi conosciamo. Come punti di approdo erano in genere sufficienti i coni di deiezione alla confluenza dei piccoli corsi d'acqua con il fiume. Le imbarcazioni approdavano incagliandosi: uno sportello ribaltabile aperto a prua facilitava lo scarico delle merci. Le attrezzature dovevano essere modestissime, simili a quelle rappresentate in tante vedute di città italiane e straniere, disegnate fra il XV e il XVII secolo con porti fluviali che, quando non consistevano nella semplice riva naturale, erano dotati di rudimentali pontili in legno con banchine sostenute da palizzate e tavoloni. Basti pensare che persino l'impianto portuale di Genova sino al XV secolo era in alcune parti ancora in legno. Da qui gli storici deducono che anche nell'alto Medioevo e prima ancora, le strutture fossero altrettanto povere e che proprio per questo oggi non se ne siano trovate tracce. Probabilmente se oggi la Pianura Padana specialmente nella parte centro-orientale, dove il Po è più navigabile, è fra le aree a maggior sviluppo economico dell'intero continente europeo il merito storico deriva proprio da questa sviluppata "economia fluviale". La storia più o meno lontana ci racconta anche in Piemonte della presenza di numerosi porti sul Po. Praticamente ogni cittadina che si affacciava sul grande fiume aveva il suo porto a partire da Torino, le comunità poste sulle sue sponde erano spesso in conflitto fra loro, vuoi per il possesso delle fertili aree alluvionali che le frequenti divagazioni dell'alveo creavano ora su una sponda ora sull'altra, vuoi per il controllo dei porti che diventavano importanti centri di traffici e commerci e che talvolta sempre a causa delle mutazioni d'alveo del fiume cambiavano sponda. I cosiddetti porti erano assai frequenti anche perché essi, oltre a costituire l'attracco per le imbarcazioni che portavano merci e persone lungo il Po, erano spesso anche attracco per i traghetti che collegavano le sponde opposte del fiume. I ponti erano infatti opere assai impegnative all'epoca e realizzati raramente. Se esaminiamo la tratta di fiume che da Crescentino arriva alla confluenza con lo Scrivia in Lombardia, vengono individuati numerosi porti, traghetti e attraversamenti. Praticamente ogni paese aveva il suo. A Verrua Savoia addirittura ve n'erano due. Uno in prossimità del centro abitato di Crescentino di fronte alla soprastante fortezza di Verrua denominato "porto di Crescentino", ed agli inizi dell'800 se ne aggiunse un secondo, denominato "porto delle Ghiacciaie". In corrispondenza dell'abitato di Fontanetto Po, erano storicamente presenti due attraversamenti fluviali, denominati "porto di Gabiano" e "porto di Moncestino" di collegamento con i centri abitati omonimi. In corrispondenza dell'abitato di Palazzolo, al piede della collina e di fronte al piccolo nucleo di Rocca delle Donne (frazione del comune di Camino) era presente un attraversamento fluviale, porto di Rocca delle Donne, appunto. In prossimità dell'abitato di Pontestura era presente un attraversamento fluviale "porto" sul Po. In corrispondenza dell'abitato di Trino Vercellese, al piede della collina, all'altezza dell'abitato di Camino c'era un attraversamento fluviale, il "porto di Brusaschetto" altra frazione di Camino. Agli inizi dell'800 se ne aggiunse un secondo, il "porto di Camino" posto in corrispondenza della Grangia di Pobietto e, ovviamente, di collegamento con tali centri abitati. In prossimità dell'abitato di Morano Po, ai piedi della collina e di fronte all'abitato di Coniolo, era presente un attraversamento fluviale, porto di Coniolo, di collegamento con tale centro abitato. La città di Casale ha rappresentato nei secoli un punto strategico per il controllo dei trasporti tra il Monferrato, il Milanese, il Genovesato e il Torinese e fu sede di un importante porto spesso in competizione con Valenza. Anche in prossimità dell'abitato di Frassineto Po, era presente un attraversamento fluviale e porto sul Po così come nei pressi dell'abitato di Valmacca, in prossimità dell'avamposto fortificato denominato Torre d'Isola. Porto sul Po e barca sul canale di Mezzano costituivano il collegamento con il centro abitato di Breme. Si ricordano anche gli attraversamenti in prossimità dell'abitato di Bozzole e Bassignana, quest'ultimo di collegamento con l'abitato di Suardi. A breve distanza dal nucleo di Bassignana, presso la frazione denominata Mugarone, era presente un secondo attraversamento fluviale. In prossimità dell'abitato di Alluvioni Cambiò e ad Isola Sant'An­tonio ne sorgevano altri che collegavano rispettivamente il piccolo nucleo di Cambiò e il centro abitato di Mezzana Bigli. Oggi tutte queste opere sono scomparse, in parte sostituite da ponti. Anche volendo, nella maggioranza dei casi non sarebbero più realizzabili infatti a causa dei prelievi idrici, lunghe tratte del Po si riducono a torrenti che non consentirebbero idoneo pescaggio alle imbarcazioni. Basta pensare che a Chivasso il canale Cavour può arrivare a prelevare sino a 110 mc/s a cui si aggiungono i prelievi del Canale Lanza a Casale. Ne risulta che la navigazione oggi a monte di Casale può esser svolta solo con imbarcazioni leggere come kajak, canoe o gommoni da rafting. Così alcuni comuni, d'intesa con l'ente parco del Po alessandrino e dell'Orba hanno pensato bene di introdurre un servizio, attualmente saltuario, di Soft Rafting che consente di navigare da Verrua Savoia a Coniolo lungo oltre 20 km di fiume E' previsto anche il ripristino di alcuni degli antichi attracchi. Si potranno così godere panorami fra i più belli e incontaminati di tutto il lungo percorso del Po che in questa tratta è di difficile accesso da terra. Con essi sono visibili anche numerose varietà di fauna, per citarne solo alcuni: aironi, falchi di palude, albanelle, cormorani, fischioni, marzaiole, corrieri, sterne e martin pescatori che spesso, lungo le sponde, hanno le loro aree di nidificazione protette dall'inaccessibilità da terra lungo la sponda collinare (per informazioni rivolgersi 347/0193792). Come si vede anche a distanza di millenni e nonostante lo sfruttamento a cui è stato sottoposto, il "nostro" fiume, oltre a contribuire con le sue acque a sostenere importanti attività economiche, in primis l'agricoltura, è in grado di darci ancora grandi emozioni.

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