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Salgari Superstar

A partire dagli anni Venti sono numerosi i film tratti dai romanzi dello scrittore veronese. Funzionano (quasi) sempre. Il più celebre? Il Sandokan di Kabir Bedi

  • Steve Della Casa
  • Aprile 2011
  • Sabato, 30 Aprile 2011

Non poteva essere diversamente. Emilio Salgari, grande best seller a cavallo tra i due secoli, suscitò l'interesse di registi e produttori già ai tempi del cinema muto, quando Torino era la capitale del cinema italiano. Nei primi anni Venti vengono annunciati ben cinque film tratti dai suoi romanzi. Non si sa se siano mai stati realizzati. Si sa invece che la casa di produzione che li annuncia aveva sede a Torino in via Giacinto Collegno, quartiere Cit Turin. La prima cosa che viene in mente è: ma la giungla nera dove pensavano di trovarla? Come vedremo questo non sarà un problema. Nemmeno trent'anni dopo, quando il pubblico era già molto più smaliziato.
Non poteva essere diversamente. Salgari ritorna di attualità presso i nostri registi e produttori quando sta per scoppiare la Seconda Guerra Mondiale. Qui il motivo non è l'attesa commerciale, anche se i romanzi di Emilio continuano a essere dei best seller. Il motivo è invece indirettamente politico. Chi sono infatti i biechi e avidi cattivi di molti suoi romanzi? Gli inglesi, è ovvio. E avendo l'Italia annunciato con grande orgoglio il proprio ingresso in guerra contro la perfida Albione, ecco che i romanzi più segnatamente antinglesi si vedono visti con un occhio di particolare riguardo.
Corrado D'Errico e Enrico Guazzoni sono i registi, gli esterni sono in Sicilia oppure tra Pisa e Livor­no, dove c'era­no gli stabilimenti di Tir­re­nia e dove una sorta di macchia mediterranea fitta poteva garantire una quasi credibile esoticità.
A causa della guerra, i film americani non potevano arrivare in Italia. Quindi tra il 1939 e il 1945 questi film ebbero un certo successo, in proiezioni spesso interrotte dagli allarmi aerei e dal coprifuoco. Non c'erano tanti divertimenti, il cinema restava quello principale.
Non poteva essere diversamente. Nel dopoguerra ritornano i film d'avventura americani e hanno un appeal e dei mezzi molto superiori a quelli nazionali. A fine degli anni Cinquanta ci sarà la riscossa degli italiani prima con i film di Maciste e poi con i western all'italiana, che batteranno di molte lunghezze i loro colleghi di oltreoceano. Ma prima, per sopravvivere, il nostro cinema d'avventura deve ricorrere ad alcuni espedienti.
Il principale di questi espedienti è il basso costo: si gira con poche comparse, con attori americani in declino e con comparse italiane pronte a tutto, si riciclano costumi e costruzioni da un film all'altro. Anche il buon Emilio Salgari non sfugge a questo destino. Le storie di questi film sono molto divertenti e istruttive. Nel 1953 gli studi FERT di Torino mettono in produzione I misteri della giungla nera con per protagonista Lex Barker, che fino a poco tempo prima era stato Tarzan sugli schermi americani. Barker si trasferisce in Italia, dove si distinguerà per le sue sregolatezze e le sue ubriacature (è autobiografica la parte dell'americano ubriaco e molesto che Fellini gli affida in La dolce vita). Barker viene a Torino e prende alloggio alla villa del Sole, sopra Moncalieri. Lo raggiunge la fidanzata, la bionda Lana Turner. Seguendo il copione dei divi più importanti di loro, i due decidono di sposarsi in fretta e furia. Lo faranno al municipio di Torino nel giugno 1953. Le cronache dei giornali dell'epoca descrivono minuziosamente l'avvenimento. Il matrimonio durerà meno di un anno. Il film, girato un po' a Madonna di Campagna, un po' sul Sangone e un po' nella pineta di San Rossore andrà benino, tant'è vero che il produttore decide di farne subito un altro, Il segreto dei Thugs. Ma vuole spendere ancora meno, e quindi utilizza a man bassa scene non impiegate per il primo film. Il risultato è che della storia non si capisce niente.
Non poteva essere diversamente.
Negli anni Settanta l'Italia è attraversata da grandi tensioni sociali. Gli studenti si rivoltano, gli operai scioperano, si manifesta per il Vietnam e per il Cile. Ed è per questo che Sergio Sollima, già noto per alcuni western rivoluzionari e terzomondismi come Corri, uomo, corri e La resa dei conti, decide di interpretare Salgari a modo suo. Il suo Sandokan televisivo, girato veramente in Malesia, è un capolavoro di ritmo e di trovate.
Sandokan è Kabir Bedi, star indiana che in seguito si trasferirà in Italia.
Ma soprattutto i nemici di Sandokan non sono solo colonialisti ma veri e propri imperialisti e depredatori di materie prime, e Sandokan usa contro di loro le tattiche della guerriglia quasi fosse un viet-cong. Ancora oggi Sollima spiega così lo straordinario successo del suo sceneggiato, che ha avuto un seguito, due versioni cinematografiche. E come esempio di tale interpretazione cita il fatto di aver sentito con le sue orecchie un corteo di lavoratori in sciopero che invece dei canti sindacali intonava "Sandokaaaan", la marcetta di Guido e Maurizio De Angelis che andò a hit parade e fu un vero e proprio tormentone a metà anni Settanta. Non poteva essere diversamente. Ci sono molte altre versioni cinematografiche salgariane, ognuna con la sua storia, ognuna con i suoi risultati. Ma tutte hanno un tratto in comune: quando si vuole portare sullo schermo l'avventura, Salgari va sempre bene. Che ci siano o no i soldi e di conseguenza i divi. Le sue storie sullo schermo funzionano: perché sono avventura distillata e allo stato puro.

Steve Della Casa
Direttore del Torino Film Festival dal 1999 al 2002. Collaboratore del quotidiano La Stampa e delle riviste Film TV, Cineforum, SegnoCinema. Dal 1994 è conduttore del programma quotidiano radiofonico Hollywood Party (RadioTre). Nel 2004 è nominato consigliere d'amministrazione del Museo Nazionale del Cinema; dal 2006 è Presidente della Film Commission Torino Piemonte.

 

L'ex Raja d'Oriente

Re degli animali per i cinesi, simbolo di regalità per gli indiani, mangiatrice di uomini per le popolazioni dei villaggi al confine con la giungla: in una parola, la tigre. Felino dal caratteristico manto striato, è uno dei più grandi predatori presenti sul pianeta, secondo soltanto all'orso. Il suo nome deriva dal persiano e significa "freccia", chiaro riferimento alla velocità che è in grado di raggiungere una volta che ha puntato la preda.
Originaria dell'Estremo Oriente, la tigre (Panthera tigris) abita le regioni boschive di India, Cina e Russia, mostrando adattamenti incredibili ai vari climi nei quali si trova a vivere. Da ciò derivano diverse sottospecie come la tigre del Bengala (Panthera tigris tigris), la tigre siberiana (Panthera tigris altaica) e la tigre della Cina meridionale (Panthera tigris amoyensis).
A differenza di leone e leopardo, questo felino non ama muoversi in spazi aperti, dove il suo appariscente manto può essere rapidamente identificato, mettendo in fuga le prede. Cacciatrice dall'incredibile forza, è in grado di uccidere animali grandi quattro o cinque volte la sua taglia, lacerando loro i tendini all'altezza delle ginocchia per renderli impotenti. Di dimensioni variabili, può raggiungere i trecento chilogrammi di peso e i tre metri di lunghezza (coda compresa), utili per avere la meglio su bufali e gaur, ma anche su coccodrilli, orsi ed elefanti.
Da un punto di vista ecologico viene considerata un predatore alfa, un'animale cioè al vertice della catena alimentare, ma nonostante ciò la sua presenza sul territorio è diminuita drasticamente, con riduzioni dell'areale di oltre il 90%. A causarne la scomparsa è stato l'uomo che, a partire dal 1700, ha compiuto vere stragi per fini sportivi - i nobili inglesi si dilettavano nelle battute di caccia a cavallo -, oppure commerciali, in quanto il mercato conciario europeo si basava principalmente sulle pellicce degli animali esotici. Con la fine del colonialismo queste pratiche si sono ridotte, ma l'esplosione demografica che ha interessato Cina e India ha determinato la distruzione di intere foreste per far spazio a nuove città, portando la tigre sull'orlo dell'estinzione. Per questo sono state istituite più di sessanta aree protette e, con la collaborazione dello IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), è partito il programma Save The Tiger Fund, volto a salvaguardare le poche migliaia di esemplari superstiti.
Claudio Dutto

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