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Storie di uomini e piante sulle Alpi Marittime

Dopo l'ondata di esplorazioni del Seicento e del Settecento, alcuni naturalisti divennero delle star note in tutto il mondo grazie a una vita avventurosa e a scoperte sensazionali. Si tratta di grandi nomi come Alexander von Humboldt, Alfred Russel Wallace e Charles Darwin. Alla fine dell'epoca d'oro delle esplorazioni, alcuni personaggi si resero conto che c'era ancora molto da scoprire anche nel Vecchio Continente. L'eclettico Clarence Bicknell e il botanico svizzero Emile Burnat esplorarono le Alpi Marittime dove scoprirono alcune specie che oggi portano il loro nome. 

  • Francesco Garello e Martino Adamo
  • Aprile 2021
  • Mercoledì, 19 Maggio 2021
Partendo da sinistra: Erysimum burnatii, Clarence Bicknell (in alto), Emile Burnat (in basso), Rhaponticum  Partendo da sinistra: Erysimum burnatii, Clarence Bicknell (in alto), Emile Burnat (in basso), Rhaponticum

 

 

Dietro a ogni pianta c'è un grande uomo e i loro nomi sono talvolta legati a quelli di famosi esploratori dei secoli passati: Hamadryas magellanica, piccola pianta antartica, dedicata al navigatore portoghese Ferdinando Magellano, oppure le specie del genere Linnaea, dedicate al mitico scienziato svedese. A questi nomi associamo la scoperta di continenti e civiltà, ma esistono esploratori "minori" o "locali", che rimarranno comunque legati alla storia della botanica e di alcune specie.

Di uomini e viaggi

Alla fine del 1800 l'epoca dei viaggi di esplorazione e delle grandi scoperte sembra volgere al termine. D'altronde cos'altro restava da fare dopo le mirabolanti avventure di Otto Von Humboldt che all'inizio del secolo aveva attraversato l'America del sud risalendo il Fiume Orinoco e scalando i vulcani ecuadoregni, mentre in qualche modo trovava anche il tempo di osservare migliaia di nuove specie vegetali e di scoprire la corrente marina del Pacifico che porta il suo nome? Si poteva ancora dare un contributo alle scienze dopo le rivoluzionarie osservazioni di Darwin sull'evoluzione delle specie, frutto di un viaggio attorno al mondo durato cinque anni? E che dire di un altro viaggiatore seriale come Alfred Russel Wallace che tra Amazzonia e Malesia sviscera i segreti della selezione naturale?

Cosa resta del mondo?

Alla metà dell'800 il mondo era ormai svelato: dal Canada alla Terra del Fuoco, dalla Malesia alle isole Galapagos l'uomo era riuscito a portare il proprio sguardo e lasciare il proprio segno ovunque, o quasi. Avvicinare le gesta di questi maestri del vagabondaggio, dunque, sembrava un'impresa quasi impossibile. Per fortuna alcuni personaggi si resero conto che in realtà il mondo era ancora pieno di angoli nascosti, angoli che avevano visto passare pochi o nessun uomo e che avevano conservato intatte le loro caratteristiche e, cosa non da poco, per studiare e osservare queste aree non era necessario rischiare l'osso del collo su navi più o meno robuste o affidare la propria vita al capriccio di una foresta incontaminata!

L'ingegnere convertito alla botanica

I nomi di alcuni di questi uomini sono poco conosciuti al grande pubblico, ma sono indissolubilmente legati ai luoghi e alle specie che hanno studiato e scoperto. E' il caso, ad esempio, del botanico svizzero Emile Burnat che per buona parte dell'Ottocento esplorò le Alpi Marittime alla ricerca di nuove specie e scrisse opere ancora oggi fondamentali per lo studio della flora di questo territorio. Ingegnere di formazione, Burnat si dedicò anche alla botanica diventando il direttore del Conservatoire et Jardin botaniques di Ginevra. Viaggiò in tutta Europa alla ricerca di nuove specie, ma fu la Valle Pesio, tra le Alpi Marittime e Liguri a catturare la sua attenzione e i suoi sforzi. In queste montagne a cavallo tra Piemonte e Liguria, Burnat potè osservare una varietà di "specie vegetali che non hanno eguali in altre zone di simile estensione in Europa", come scrive egli stesso nel suo Les Roses des Alpes Maritime (1879). Affascinato da questa ricchezza il botanico svizzero tornò con regolarità su queste montagne per oltre quarant'anni di esplorazioni che furono alla base della sua monumentale opera Flore des Alpes Maritimes. La Valle Pesio non sarà stata esotica come l'Amazzonia o le Ande, ma qui Burnat trovò specie botaniche uniche, fu arrestato perché ritenuto un invasore francese e fu protagonista di uno scontro a fuoco con un coltivatore locale. Ben poco da invidiare ai suoi blasonati colleghi insomma!

L'importanza di Burnat per lo studio della botanica delle Alpi Marittime si manifesta anche nell'alto numero di specie e di luoghi a lui intitolati tra cui una cima in Valle Stura e il Centro di Referenza Regionale per la Biodiversità Vegetale del Parco del Marguareis. Tra le varie specie che testimoniano il passaggio del botanico svizzero in queste valli ricordiamo, invece, l'Erysimum burnatii, una curiosa pianta endemica della Alpi occidentali dai fiori gialli, comuni anche alle altre specie più conosciute di questa famiglia, ovvero i broccoli, le cime di rapa, la colza e la senape. Si tratta di una flora "relittuale" che si è salvata dall'ultima glaciazione, cresce tra i 1000 e 2200m slm ed è particolarmente diffusa su Alpi Liguri e Marittime, dove le condizioni climatiche, caratterizzate dalla forte influenza del Mar Mediterraneo e da consistenti precipitazioni, sono uniche nel panorama alpino.

Un uomo, tante vite

Nei numerosi viaggi tra Piemonte e Liguria Burnat diventò una figura di riferimento del circolo di studiosi che gravitavano attorno alla casa di un affascinante ed eclettico inglese: Clarence Biknell. Religioso "pentito", matematico, naturalista e archeologo. La sua famiglia aveva interessi nel commercio dell'olio di balena e nelle flotte di pescherecci dei mari del sud e questo sarebbe di per sé sufficiente a legare la sua figura a quella dei grandi esploratori della sua epoca, ma Biknell fu egli stesso un avventuriero. Dopo una crisi religiosa utilizzò, infatti, le ricchezze ereditate dalla famiglia per vedere il mondo. I suoi viaggi tra Asia, Nuova Zelanda e Africa vanno a comporre un percorso tortuoso che culminò in un luogo a noi decisamente più familiare: l'Italia. Biknell fu, infatti, parte di quel folto gruppo di inglesi folgorato dal clima e dalle bellezze della riviera Ligure dove si trasferì e dove trascorse gran parte della sua vita. La sua casa di Bordighera e il suo "cottage" montano di Casterino, oggi in Francia, divennero il punto di partenza per le numerose esplorazioni nelle Alpi Marittime i cui risultati sono raccolti in diverse pubblicazioni botaniche arricchite dalle illustrazioni dello stesso Biknell (fu autore di oltre 3000 dipinti di piante), che oltretutto era anche un pittore. Fu in uno di questi viaggi che Biknell segnalò una popolazione di Cypripedium calceolus, anche conosciuto come scarpetta di Venere, la più grande orchidea europea. Il primo a venire a conoscenza di tale scoperta fu proprio l'amico Burnat al quale Clarence scrisse per comunicare l'osservazione. In onore del contributo che Biknell diede allo studio della flora di questo angolo di mondo anche il suo nome rimane legato ad una specie endemica delle Alpi Marittime: il Rhaponticum bicknellii. Pianta di grandi dimensioni, appartenente alle Asteraceae, cresce rigogliosa nelle praterie calcaree montane ed è parente del cardo, con il quale condivide la conformazione del fiore.

Non è però la botanica il campo che rese famoso Biknell tra i suoi contemporanei. L'inglese, infatti, fu uno dei primi a studiare e catalogare le incisioni rupestri ritrovate nella Valle delle Meraviglie sul massiccio del Mercantour. Spinto sulle Alpi Marittime dalla sua passione per la botanica, Biknell ne uscì trasformato in un archeologo, anche sotto questo aspetto non ha nulla da invidiare ai grandi esploratori che spesso si facevano trasportare da un'intuizione e dalla semplice osservazione della natura che li circondava, una natura che nasconde tesori e meraviglie che ci si trovi nelle fitte foreste tropicali o tra le più vicine valli alpine.

 

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